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Un nido di dolore

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07/03/2018

Tratto da:
Mila Kačič, Ti porti dentro, in: Sapore d’amaro

Guida alla lettura

Con parole semplicissime, dolenti come lacrime, la poetessa slovena Mila Kačič canta il dolore che da secoli accompagna la vita di tante donne: donne i cui uomini combattono lontano, donne trascurate e picchiate, donne che perdono un fratello, donne private dei figli, donne ammalate, donne il cui amore è calpestato dall’indifferenza e dall’oblio.
Quel «nido di dolore» accompagna la vita come un vecchio rimorso o un vizio assurdo, così direbbe Pavese, e viene disfatto e rifatto di continuo come la tela di una Penelope stravolta, fino a quando un’esile speranza lo ripone sotto «la tettoia sghemba delle illusioni». Ci si abitua al dolore come si abitua alla fame, al freddo, alle botte, alla solitudine, e quando sembra finalmente svanire è solo perché il breve sogno della vita sta tramontando, e la morte inizia a corteggiarci con ali di tenebra.
Abbiamo parlato spesso di donne così, in questi anni, in questa rubrica: abbiamo raccontato il dolore di Antigone, di Elettra e di altre eroine del mito; abbiamo narrato la vita di contadine, di donne in lotta contro un potere cieco e violento, di donne uccise dal parto e dalla gelosia, di donne sterili, depresse, impaurite dal futuro. La lirica di Mila le ricorda tutte, e di tutte coglie l’essenziale: per tante donne il dolore non è un fatto accidentale, è l’essenza stessa dell’esistere perché la vita non concede tregua, non ha pietà del loro pianto. Noi, alla vigilia di un giorno che il mondo celebra come “festa della donna”, le ricordiamo insieme con lei, e ricordiamo a noi stessi il dovere etico di fare tutto il possibile perché essere donna non significhi più soffrire e arrendersi al rimpianto.
Ti porti dentro
un nido di dolore.
Lo disfi,
per rifarlo da capo
e disfarlo di continuo,
fino a quando non lo saldi
sotto la tettoia sghemba
delle illusioni.
Ti abitui a lui,
come a tutto,
e quando un bel giorno scompare,
come tutto,
resta solo il vuoto
e ad un tratto ti accorgi
di essere vecchia.

Biografia

Quanta sofferenza deve esserci stata, in una donna che ha scritto questi versi: «Se una buona fata mi chiedesse cosa vorrei che mi restituisse della mia gioventù / le direi: Ridammi la voce! / Una volta riuscivo a cantare tutte le mie pene / ora per darne sfogo / devo versare un mare di lacrime»?
Mila Kačič, slovena, nata il 5 ottobre 1912 nelle prossimità di Ljubljana, dove ha studiato canto e pianoforte al Conservatorio, e recitazione all’Accademia di arte drammatica, con alle spalle una carriera di attrice, è stata una di quelle poetesse che strappano la vita a morsi sin dalla nascita. Figlia illegittima dell’educatrice di un orfanotrofio per bambini poveri, Ljudmila Kačič, dalla quale ha preso il cognome, e di un ricco proprietario di Lubiana, ha scritto soprattutto liriche dove prende vita l’amore per un uomo e per il figlio, e con esso i dolori delle donne e della madri.
La sua grande passione fu lo scultore Jakob Savinšek, con il quale ebbe David, morto dieci anni prima di lei. La disperazione di un genitore che sopravvive a un figlio da sempre sferza le esistenze di quanti sono così sfortunati da viverlo. Mila Kačič, per strapparselo di dosso, l’ha messo in versi così: «Sulle ginocchia ninno la vita che piange / piange a dirotto / così perduta, dimenticata, sciupata e misconosciuta. E’ inconsolabile / Ma cosa vuole ancora? / Eppure l’ombra della felicità / ha sfiorato / questa smorfiosa viziata, esigente, puerile e ridicola. / Mi chinerò profondamente / perché una buona volta mi cada dal grembo».
Le sue poesie sono state pubblicate sinora in otto raccolte: “Lettere non spedite”, 1951; “Stagioni”, 1960; “Ricordo”, 1974; “Sapore d’amaro2, 1987; “Provvisorietà, nel senso del trascorrere del tempo e della vita”, 1997: la raccolta bilingue sloveno-croata “Cercami nel fruscio dell’erba”, 2004; “Andrò attraverso la pioggia primaverile”, 2005 e, nello stesso anno, “Poesie d’occasione”. Liriche non prive di umorismo e di pungente arguzia.
Una produzione letteraria non abbondante. Tuttavia i critici la considerano sconvolgente, perché nelle sue composizioni unisce tre motivi fondamentali: l’amore per un uomo, l’ombra della fine e la maternità. Le coordinate esistenziali della sua poesia sono semplici: il compagno di vita e il figlio. Con le devastazioni interiori che ne sono seguite. Nessun’altra suggestione, né sociale né politica, sebbene Mila Kačič sia figlia di una terra, i Balcani, che proprio negli anni della morte del figlio, è stata sconvolta da una guerra sanguinosa e dalle ferite profonde di bombardamenti e genocidi. Il saggista ed editore sloveno Tone Pavček ha osservato: «Dalle sue poesie respirano incandescenti braci. Nel suo corpo e nei suoi giorni un nido di dolore, l’abbandono, la paura della morte».
Nel 1985 ha ricevuto l’Italian Academy of Arts and Poetry Award. Lo stesso anno la giuria della 16ª edizione del Premio di Poesia “La Gerla d’Oro” di Serravalle Sesia (Vercelli) ha conferito il primo premio proprio a Mila Kačič, la quale aveva inviato al concorso undici liriche, tra le quali “Ti porti dentro”, che abbiamo scelto per questa puntata, tratta dalla raccolta “Sapore d’amaro”. «Una poetica», si legge nel riconoscimento, «che rivela temperamento e coscienza degli elementi primi dell’esistenza (amore, maternità, difficoltà nei rapporti tra genitori e figli, nostalgie, ferite, invocazioni, speranze) e insieme una capacità di esprimersi ora tenera ora severa (e in ogni caso non viziata dalla letteratura)i: sicché la raccolta è un piccolo poema di nitida efficacia».
Nel 1994 l’Associazione degli artisti drammatici della Slovenia le ha assegnato un premio anche per l’attività di attrice e inoltre, essendo stata amata e apprezzata dal pubblico in generale, anche fuori dall’ambito teatrale, per le virtù letterarie, i lettori della rivista “Jana” l’hanno nominata “Slovena dell’anno”.
Nel 1998 le è stata conferita la cittadinanza onoraria della città di Ljubljana.
Mila Kačič è morta il 13 marzo 2000, aveva 87 anni.
(Biografia a cura di Pino Pignatta)
Mila Kačič
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