Guida alla lettura
In questa lirica, scritta con parole semplici eppure pienamente aderenti al sentimento che ispira il canto, ritorna innanzitutto una parola-mito di Monteserrat: il tempo. Qui si tratta del tempo del dolore, di un tempo difficile per tutti, perché tutti conosciamo la sofferenza e il disincanto. Un tempo che si alimenta di “ore morte”, non vissute, impietrite di fronte al mistero del male; di cose non dette, ed emerse alla coscienza e alla volontà quando ormai era troppo tardi; di una pena che toglie forza all’azione, alla possibilità del fare.
Esiste un’opportunità di riscatto di fronte a tanta desolazione? Monteserrat la trovò nell’amore per la famiglia e per quel figlio accudito con tenerezza, e nella passione per le lettere, che coltivò con le sue liriche e con traduzioni che hanno segnato la storia della cultura catalana. Come Attila József, come Alda Merini, come Idea Vilariño, che abbiamo recentemente incontrato in questa rubrica, anche Montserrat Abelló i Soler seppe farsi forza in un mondo difficile e spesso ingiusto, lasciando una luminosa eredità di pensiero. Anche noi siamo chiamati a fare scelte precise e a dare risposte chiare alle sfide del nostro tempo, per non restare fra i sommersi, per vivere e non limitarci a sopravvivere.
del tempo quel dolore,
l’aspro retrogusto
delle ore morte,
l’odore forte
di un desiderio avvizzito;
di tante cose
non dette.
C’è un tempo
difficile per tutti.
E ognuno ha
la sua ora penosa,
nella quale ogni azione
risulta
sterile e inutile.
Biografia
Verso la fine degli anni Sessanta era finalmente tornata in Catalogna, ma non prima di avere trascorso infanzia e gioventù tra varie città come Tarragona, Cadice, Londra e Cartagena, a seguito dei trasferimenti di suo padre, un ingegnere navale. Studia Lettere e Filosofia a Barcellona, ma nel 1938 comincia un lungo in esilio in Francia, questa volta a causa della guerra civile spagnola, la stessa che lascia ampie ferite di dolore e morte nella vita di altri artisti, come il violoncellista Pablo Casals o il pittore Pablo Picasso, che ne dà testimonianza nel suo capolavoro “Guernica”. Ma la poetessa Montserrat Abelló finisce per allontanarsi ancora di più dalla guerra fratricida del suo Paese fuggendo in Cile, per quasi venti anni, nella città di Valparaíso, dove lavora anche come segretaria di direzione in un ufficio, sino al ritorno a Barcellona.
Nel 1963, a 45 anni, pubblica il primo libro di poesie, Vita Quotidiana. E’ apprezzata anche nel ruolo di traduttrice, soprattutto dall’inglese al catalano, e grazie a questo lavoro riesce a far conoscere i grandi poeti britannici (come il gallese Dylan Thomas) al suo orgoglioso popolo, che ha il cuore a Barcellona e ancora oggi rivendica l’indipendenza dalla Spagna. Per sua stessa ammissione, la poesia è una «vendetta contro i fatti che ci costringono a cambiare la vita, che ci obbligano a condurre un’esistenza che non è più la nostra, che non vogliamo, contro la distruzione del nostro equilibrio, contro la morte».
Sono stati l’esilio a Londra, dunque la lingua inglese, molto musicale e idiomatica, e quello in Cile, dunque uno spagnolo assai diverso dal castigliano e dal catalano, a segnare tutta la sua scrittura, il ritmo, i colori, la scelta di versi essenziali con cui esprimersi. L’austerità della forma e dei contenuti sono i tratti che caratterizzano: testi brevi, telegrafici, «la parola che suggerisce e scruta il silenzio, la paura, la nostalgia di casa, la solitudine».
Montserrat Abelló ha scritto di se stessa: «Sono una donna che ha vissuto molti anni e attraverso periodi cruciali della storia: la proclamazione della Repubblica, la rivolta militare, la guerra civile, l’esilio. Momenti che ho condiviso con mio padre, prima in Francia, poi in Inghilterra e infine in Cile. In esilio ho conosciuto mio marito e sono nati nostra figlia e i nostri due ragazzi, il più giovane dei quali affetto da sindrome di Down. Una diagnosi tremenda, allora non c’erano gli studi e le strutture che per fortuna ci sono oggi. Questo mi ha dato la voglia di esprimermi, di mettere su carta drammi ed emozioni. Mi sono rivolta alla poesia». E ancora: «Sono una persona timida, ma appassionata, e tutte le vicissitudini mi hanno donato fior di esperienze, a volte dolorose, ma sempre intense. Perché scrivo? Direi per amore delle parole. Mi ha sempre affascinato il loro suono. Ho inventato anche poesie soltanto ripetendo parole nuove che via via imparavo».
Montserrat Abelló i Soler è morta nel 2104 nella casa di famiglia, a Barcellona, partecipando sino all’ultimo istante alla vita culturale e artistica della capitale catalana. E le ultime collezioni di poesie – “Memoria de tu i de mi”, nel 2006, a quasi 90 anni, e “Més enllà del parlar concís” (Al di là del parlare conciso), l’anno stesso della morte – testimoniano la vitalità di una donna passata tra mille tempeste.
(A cura di Pino Pignatta)