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I singhiozzi dei violini d'autunno

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04/04/2018

Tratto da:
Paul Verlaine, Canzone d’autunno. In: Poesie e prose, Mondadori, 1992

Guida alla lettura

Nostalgia, malinconia, solitudine. E una disperata sensibilità al potere evocativo dei suoni. Di tutto ciò parla, con straordinaria efficacia, questa delicata lirica di Paul Verlaine. I colori dell’autunno si mutano nel suono di violini lontani, che strazia l’animo del poeta. Ai rintocchi di un campanile sopraggiunge il ricordo di giorni perduti per sempre, e le lacrime scendono silenziose. Un vento ostile – forse reale, forse interiore – tormenta quest’uomo solo e lo trascina brutalmente come una foglia morta.
Ci sono tutti gli elementi di quella che, meno poeticamente, potremmo definire una grave depressione: e certamente c’è molto di quanto ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita. Nulla lascia trasparire la possibilità di un riscatto, di una consolazione di fronte a una così profonda rovina esistenziale: e avvertiamo in modo quasi plastico tutto il dramma che ha attraversato la breve vita di Verlaine, 52 anni appena, le inquietudini, le illusioni, i fallimenti.
Una poesia come questa deve avvertirci della terribile serietà della vita, e della necessità di viverla con ardore sì, ma anche con responsabilità: un tempo soltanto ci viene concesso, e in questo tempo che ci viene donato siamo chiamati a realizzare noi stessi, i nostri talenti, anche quando il dolore di vivere e le sirene del nulla sembrano prendere il sopravvento. Amore, impegno, cultura sono gli antidoti ai veleni che uccisero Paul Verlaine, e tutti siamo chiamati a coltivarli con costanza e determinazione.
I singhiozzi lunghi
dei violini d’autunno
mi feriscono il cuore
con languore monotono.

Ansimante e smorto,
quando l’ora rintocca,
io mi ricordo
dei giorni antichi
e piango;

e me ne vado
nel vento ostile
che mi trascina
di qua e di là
come la foglia morta.

Biografia

Proprio poche settimane dopo che il compositore francese Erik Satie ha terminato di scrivere la musica della sua Gnossienne No. 1, che ascoltiamo questa settimana nelle “Strategie per stare meglio”, si ammala di polmonite e muore a 51 anni, l’8 gennaio 1896, a Parigi, Paul Marie Verlaine, uno dei “poeti maledetti”, titolo di una sua stessa opera pubblicata nel 1884 e contenente liriche di altri artisti come Arthur Rimbaud e Stéphane Mallarmé.
Verlaine era nato il 30 marzo 1844 a Metz, nel nord-est della Francia, Lorena. Il padre è un capitano dell’esercito e la rigida educazione ricevuta, in contrasto con il suo spirito artistico libero, è forse alla base dei suoi comportamenti, poco ortodossi per l’epoca, in termini di relazioni sentimentali. La famiglia, quando ha sei anni, si trasferisce a Parigi. Durante i primi anni di scuola dell’obbligo il profitto non è eccellente, ma subito il bambino Verlaine mostra interesse per la letteratura. Si laurea in Lettere, poi ha un ripensamento e s’iscrive a Giurisprudenza, facoltà che però abbandona. Trova un impiego al Comune di Parigi. Inizia a frequentare i caffè e i salotti letterari della capitale francese. E’ del 1866, quando Paul Verlaine ha 24 anni, la collaborazione al “Parnasse contemporain”, prima di tre collezioni di poesie alle quali partecipano anche, tra gli altri, Baudelaire, Prudhomme, Mallarmé. Verlaine prosegue il debutto nel mondo della poesia pubblicando i “Poèmes saturniens”, opera in cui già s’intravede l’influenza di Charles Baudelaire.
Nel 1870 la prima svolta esistenziale. Sposa Mathilde Mauté, per la quale pubblica “La Bonne Chanson”. Nel 1871, anno in cui nasce il suo unico figlio, Georges, il matrimonio, sfortunato dall’inizio, è già in piena crisi. Il poeta si lascia travolgere da eventi politici nel cuore della capitale: partecipa all’insurrezione della Comune di Parigi, e per questo perde l’impiego pubblico e lo stipendio.
E’ l’inizio di un periodo di vita assai burrascoso. Nel 1872 inizia una relazione con il diciassettenne Arthur Rimbaud: Paul Verlaine abbandona la moglie e il figlio Georges per seguire il giovane amante poeta in Inghilterra e in Belgio. Durante questi viaggi scrive le “Romances sans paroles”. Una relazione intima disperata che termina già nel 1873: Verlaine abbandona Rimbaud per il senso di colpa e il desiderio di tornare dalla moglie. Ha messo in conto, se la sua sposa Mathilde Mauté non dovesse accoglierlo nuovamente, di suicidarsi sparandosi. La trama della sua vita si increspa ulteriormente: verso la strada di casa si ferma in un albergo a Bruxelles. Rimbaud lo raggiunge. La tensione tra i due poeti s’aggrava: Verlaine, ubriaco, esplode due colpi di pistola ferendo l’amante. Viene rinchiuso in un carcere belga: due anni di prigione tra Mons e Bruxelles. Mentre è in galera lo informano che la moglie ha chiesto e ottenuto la separazione. Per trovare conforto diventa cattolico e documenta la disperazione nella raccolta di poesie “Sagesse” (Saggezza).
Ma l’alternarsi di produzione letteraria e di sconvolgimenti esistenziali (da vero poeta maledetto) non ha fine. Scontata la pena, torna in Inghilterra: pensa di ricominciare una nuova vita dai toni pacati e dagli agi borghesi. Però lascia di nuovo il Regno Unito e rientra in Francia, nelle Ardenne, dove trova lavoro come professore di letteratura. Fa un nuovo incontro legato alla sua tendenza omosessuale: inizia una relazione con Lucien Létinois, un giovane contadino. Ne è talmente infatuato che, in un incrocio malato di sentimenti, decide di adottare come figlio il suo stesso amante. Lucien nel 1883 parte per il servizio militare. Muore durante un’esercitazione. Paul Verlaine dà sfogo a questo dolore nella raccolta di poesia “Amour”.
L’anno seguente è quello in cui pubblica il celebre saggio sui “Poeti maledetti”. Nel 1885 divorzia dalla moglie. Sempre più dilaniato dalla solitudine, trovando soltanto nella poesia sfogo alla disperazione e a una vita disgraziata, Verlaine finisce ancora una volta in galera: questa volta per aver tentato di strangolare la madre. Le sue poesie, scritte negli anni infernali, testimoni del dramma personale ma di una sensibilità letteraria sopraffina, di un genio per la condensazione delle emozioni in versi, iniziano finalmente a circolare. E’ in questo periodo che Paul Verlaine diventa “Verlaine”. Ma lui è in realtà un uomo solo, abbandonato. Ormai è povero, una salute carente, alcolizzato, contrae malattie veneree per la continua visita alle prostitute. Sbarca il lunario scrivendo poesie erotiche, richieste dal mercato di allora, per sopravvivere.
Nel 1895, finalmente, un riconoscimento ufficiale. Lo nominano “Prince des poètes” e questo comporta il diritto alla pensione “degli artisti”. E’ troppo tardi: il 7 gennaio 1896 si confessa. Il giorno dopo muore.
(Biografia a cura di Pino Pignatta)
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