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Il timore dell'orizzonte

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15/11/2017

Tratto da:
Maria Luisa Spaziani, Tutte le poesie, Meridiani Mondadori, 2012

Guida alla lettura

In questa breve e densissima lirica, Maria Luisa Spaziani dà voce ai sentimenti che ostacolano la ricerca di sé e la realizzazione dei propri talenti: la tendenza a camminare pestando la propria ombra, ossia l’incapacità di slanciarsi verso il futuro; il timore di perdere se stessi cogliendo la sfida dell’ignoto; la paura dell’orizzonte, ossia di accettare il cammino, a volte senza fine, come parte integrante della vita. Vorremmo liberarci di questa zavorra, di questa «sagoma nera» che opprime il nostro spirito, ma intanto stiamo attenti a non inciampare, e così lo sguardo rimane rivolto a terra, senza aperture e senza prospettive.
Sono parole dolenti che ricordano quelle di George Gray, nella Spoon River di Edgar Lee Masters: «Molte volte ho studiato / la lapide che mi hanno scolpito: / una barca con vele ammainate, in un porto. / In realtà non è questa la mia destinazione / ma la mia vita (…) / L’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. (…) / E adesso so che bisogna alzare le vele / e prendere i venti del destino, / dovunque spingano la barca. / Dare un senso alla vita può condurre a follia, / ma una vita senza senso è la tortura / dell’inquietudine e del vano desiderio – / è una barca che anela al mare eppure lo teme».
Lo stile di Maria Luisa Spaziani è semplice e sincero: nulla di aulico, eppure coglie in profondità il dramma di tante persone che, giunte all’autunno della vita, si accorgono con sgomento di non avere saputo sfruttare, e a volta di non avere nemmeno saputo scoprire, le proprie aspirazioni più profonde.
E’ urgente, in questa società solcata da una soffocante atmosfera di non-senso, tornare a un impegno educativo che, a partire dalle famiglie per proseguire nella scuola, aiuti i giovani a trovare la propria strada, e il coraggio di percorrerla sino in fondo. «La vita non aspetta», ha scritto recentemente Alessandra Graziottin parlando di cure oncologiche e sfera affettiva. E’ una frase bella e vera che dovremmo fare nostra anche quando viviamo il tempo fuggente della giovinezza, un tempo essenziale in cui – attraverso la scelta fra libertà e conformismo – poniamo le basi del nostro destino.
Io cammino pestando la mia ombra,
non ne uscirò nemmeno per un metro,
ho paura di perdere me stessa
o mi spaventa l’orizzonte
vorrei vederla sciogliersi, dissolversi,
questa sagoma nera, emblema del mio peso.
So di essere altro: un puro spirito,
attenta a inciampare.

Biografia

Colpiscono di questa poetessa italiana – tra le più grandi del secolo scorso, anche se celebrata meno di quanto dovrebbe nelle antologie scolastiche, che ripropongono i soliti nomi – un video su YouTube in cui recita lei stessa, con dolce serenità e già avanti negli anni, una poesia di Ada Negri, e soprattutto una fotografia luminosa della sua giovinezza che compare subito alla prima ricerca su Google, il sorriso abbagliante, la felicità di quel momento, un foulard per ripararsi dal vento, tutta la vita davanti.
Maria Luisa Spaziani, morta a 91 anni, è stata tre volte candidata al Premio Nobel per la Letteratura. Ha attraversato da intellettuale, scrittrice, traduttrice, poetessa e aforista tutto il Novecento: dal 1922, l’anno in cui è nata a Torino, al 2014 quando s’è spenta nella sua casa di Roma. Ha avuto una vita intensa, affollata di emozioni che ha riversato nelle liriche, spesso segnate dalla ricerca di significato della vita, dall’impossibilità di dare una risposta all’esistenza. Scrive in una delle sue poesie più belle: «L’indifferenza è inferno senza fiamme, / ricordalo scegliendo tra mille tinte il tuo fatale grigio. / Se il mondo è senza senso, tua solo è la colpa: / aspetta la tua impronta questa palla di cera».
Ha insegnato all’università; è stata docente di lingua e letteratura francese; ha studiato Hoelderlin, Rilke, Eliot; ha tradotto Marcel Proust, Goethe, Shakespeare, Gide, Gustave Flaubert, Marguerite Yourcenar; ha conosciuto Ezra Pound, Jorge Luis Borges, Pablo Picasso; è stata l’amore di Eugenio Montale: «Avevo venticinque anni e morivo dalla voglia di incontrarlo. Conoscevo a memoria Ossi di seppia. Accadde al Teatro Carignano, nel gennaio 1949. Montale mi guardò con un’intensità così forte che ne rimasi turbata. Ma non sono mai stata bella. Era affascinato dalla mia vitalità, questo sì».
Maria Luisa Spaziani nasce a Torino, il padre è un facoltoso imprenditore nel settore dolciario. L’agiatezza della famiglia le consente di dedicarsi con dedizione assoluta agli studi letterari, la sua passione sin dall’infanzia. Da ragazza s’innamora della figura di Giovanna d’Arco: l’affascina la Pulzella d’Orléans, questa eroina francese capace di mettersi alla testa di un esercito; è stregata dalla donna, dal suo potere femminile, dalla sua autonomia e forza, in grado di rivaleggiare con gli uomini. Eroina alla quale dedica finalmente un poema, in ottave di endecasillabi senza rima, pubblicato nel 1990, lo stesso anno in cui riceve la prima delle candidature al Nobel, poi ripetute nel 1992 e nel 1997.
Ma la sua attività di intellettuale a tutto campo era iniziata molto prima, a 19 anni. Ancora studentessa universitaria, in Lingue e Letterature straniere, dirige una piccola rivista, Il Girasole, che le consente di entrare in contatto con alcuni poeti, tra i quali Umberto Saba. Incontri che irrobustiscono la sua vocazione, facendole compiere il primo passo verso la scrittura. Escono via via le raccolte dei suoi versi: Primavera a Parigi (edito da All’insegna del pesce d’oro, 1954), poi Le acque del sabato (Mondadori, 1954), Luna lombarda (Neri Pozza, 1959), Il gong (Mondadori, 1962), Utilità della memoria (Mondadori, 1966), L’occhio del ciclone (Mondadori, 1970). Inizia a far parte delle giurie di molti Premi, tra i quali, sino agli ultimi anni di vita, lo Strega.
Alla fine degli anni Settanta è ormai affermata e la casa editrice Mondadori nel 1979 pubblica una sua antologia, operazione editoriale che si fa di solito con i grandi autori, e nel 2000 entra addirittura tra gli “Oscar” Mondadori. Appena l’anno prima, nel 1978, aveva fondato con Mario Luzi e Giorgio Caproni il Movimento Poesia, che alla morte di Montale è diventato “Centro Internazionale Eugenio Montale”. Da Torino si trasferisce definitivamente a Roma e inizia a dedicarsi ai giovani poeti lanciando, nel 2006, il Concorso nazionale “L’anima del bosco”.
La città natale compare raramente nelle sue poesie. Sono invece più presenti i paesaggi tra il Piemonte e la Liguria, le campagne dell’Astigiano, dove aveva vissuto gli anni dello sfollamento della seconda guerra mondiale, un po’ come farà Cesare Pavese nel romanzo “La casa in collina”. Di quel periodo tormentato la Spaziani scrive in versi: «Quant’è difficile la giovinezza! / Nei miei vent’anni non ero felice e non vorrei che il tempo s’invertisse. / Un salice d’argento mi consolava a volte, / a volte ci riusciva con presagi e promesse. / Nessuno dice mai quant’è difficile la giovinezza. / Giunti in cima al cammino, teneramente la guardiamo. / In due, forse la prima volta».
(Biografia a cura di Pino Pignatta)
Maria Luisa Spaziani
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