Formulare una serie di proposte per migliorare l’efficacia e l’efficienza delle cure per l’endometriosi: è questo l’obiettivo dell’articolo del gruppo di studio coordinato da Paolo Vercellini, dell’Istituto Ostetrico e Ginecologico “Luigi Mangiagalli” presso l’Università di Milano. Ai lavori hanno partecipato anche l’Università di California a San Francisco, il Maastricht University Medical Center (Olanda) e l’Università di San Paolo in Brasile.
Gli Autori partono da queste premesse:
- la valutazione dei benefici e degli effetti collaterali degli interventi medici andrebbe sempre basata su evidenze di alta qualità, il che non sempre accade nel campo dell’endometriosi;
- spesso le decisioni terapeutiche nei confronti della donna affetta da endometriosi sono basate su evidenze sub-ottimali, o che attestano la coesistenza di rischi e benefici da bilanciare nella concreta pratica clinica;
- in questo contesto, è importante ridurre il ricorso a terapie di bassa qualità, ossia caratterizzate da rischi accertati e da benefici incerti, o la cui efficacia è analoga a quella di altre alternative meno costose.
Sulla base di queste considerazioni preliminari, gli Autori formulano cinque proposte per orientare la ricerca e la pratica clinica dei prossimi anni:
1) nella maggior parte delle donne affette da endometriosi sintomatica, è possibile arrivare a una diagnosi non chirurgica, ossia fondata sulla valutazione dei sintomi e sull’ultrasonografia transvaginale. Quindi, fatti salvi i casi dubbi, la laparoscopia andrebbe riservata al trattamento chirurgico e non alla fase diagnostica: diagnosi precoce e laparoscopia diagnostica non sono sinonimi;
2) i futuri trial di nuovi farmaci per l’endometriosi dovrebbero focalizzarsi sui risultati più importanti per le pazienti, dovrebbero essere trial di superiorità e dovrebbero sempre includere un confronto con un progestico o un estroprogestinico. Inoltre, fra gli obiettivi dei trattamenti medici a lungo termine dovrebbe sempre figurare la limitazione degli interventi chirurgici ripetitivi;
3) l’indicazione per la chirurgia dovrebbe essere il risultato di un bilanciamento fra dimostrati benefici in termini di protezione della fertilità e riduzione del dolore, rischi specifici associati alla rimozione delle lesioni endometriosiche, efficienza economica e preferenza espressa dalla paziente dopo una dettagliata informazione da parte del medico;
4) i professionisti della salute e i policy maker dovrebbero distinguere fra screening e diagnosi dell’endometriosi. Limitati focolai peritoneali, frequentemente osservati nelle donne asintomatiche, regrediscono o rimangono stabili in circa due terzi dei casi. Le premesse teoriche per l’impostazione un’efficace campagna di screening risultano quindi tuttora poco chiarite;
5) i medici dovrebbero maturare la capacità di comunicare efficacemente informazioni quantitative basate sulle linee guida internazionali e su sistematiche review della Letteratura. Ciò aiuterebbe la donna a capire le relazioni fra le evidenze cliniche e le proprie specifiche priorità, facilitando la transizione verso una medicina dell’endometriosi di alta qualità.
Endometriosi: cinque proposte per migliorare la qualità delle terapie
Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano
Reducing low-value care in endometriosis between limited evidence and unresolved issues: a proposal
Hum Reprod. 2015 Jul 3. pii: dev157. [Epub ahead of print]