A 18 anni inizia la mia avventura con l’amore e l’intimità: sono piena di entusiasmo, coraggiosa e, soprattutto, innamorata! Così non faccio caso ai primi dolori, subito avvertiti; mi dico: sarà perché è l’inizio... E così mi conferma la mia ginecologa di allora.
Ma il tempo passa e i dolori aumentano. Un episodio, in particolare, non posso dimenticare: un giorno il dolore è troppo forte, insopportabile, e con sgomento mi rendo conto di essermi tagliata! Perfino il mio medico si impressiona: “Qui è tutta una piaga!”. Da allora inizia il mio calvario, il senso di disagio e imbarazzo durante le visite. Cambio ginecologo quattro volte, faccio ogni tipo di esame: la mia sensazione è sempre la stessa: girare a vuoto. Neanche la diagnosi, del resto, cambia mai: ho la pelle un po’ delicata, ma soprattutto “devo rilassarmi”.
Gli anni passano e io cresco, divento una donna. E arriva il momento dell’amore, quello adulto, completo, sorprendente! Francesco e io arriviamo con naturalezza a decidere di sposarci, di passare la vita insieme. Mi convinco che il mio problema, con lui, non si ripresenterà. Ma il male continua a tormentarmi, devo calcolare i giorni in cui fare l’amore in modo da darmi il tempo per “rimarginare” le ferite; e devo fare i conti anche con l’eventualità di una cistite, che arriva quasi sempre, puntuale, nel giro di due o tre giorni dopo il rapporto.
Con il tempo, però, il mio coraggio è come esaurito. Non ho più speranza che esista una cura: il mio sospetto, anzi la mia certezza, è che nessuno ancora l’abbia trovata... In fondo, è da relativamente poco tempo che le donne hanno il coraggio di dire che “hanno male”.
È mia mamma a darmi il primo aiuto. Siamo in libreria, stiamo facendo qualche spesa prima del matrimonio: vuole regalarmi dei manuali di cucina, ma insieme ci aggiunge un libro speciale, un libro sul dolore della donna durante i rapporti. Lo leggo tutto d’un fiato, mi commuovo a leggere tante storie simili alla mia... come mi capita ancora adesso, leggendo le altre testimonianze di questo sito.
Mi torna il coraggio e vado dalla mia attuale ginecologa, già molto più preparata delle altre: “Sì, è vestibolite – mi conferma – ma non ci sono cure”. Mi sentivo a un passo dalla meta e invece mi ritrovo più a terra di prima.
Per fortuna qualcuno, di nuovo, mi tende una mano; mio padre, questa volta, che all’ennesima cistite si presenta da me con nome, numero e indirizzo di una dottoressa: “L’ho sentita in TV, mi sembrava parlasse proprio di te!”. Deve insistere perché io prenda un appuntamento, non me la sento di affrontare un’altra delusione... E invece adesso so che non lo ringrazierò mai abbastanza!
Dopo i primi cinque minuti della prima visita (e otto anni dai primi problemi), ho sentito che stavo parlando con qualcuno che finalmente mi capiva, mi credeva e che – soprattutto – sapeva di cosa stavo parlando!
La cura non è stata breve, né semplice, perché oltre alla vestibolite c’era un altro grosso problema: un “lichen sclerosus” della mucosa, che tra l’altro rende la pelle così delicata e sottile che si taglia solo a guardarla...
In questi anni ho imparato a conoscermi, mi sono presa cura di me. Ho accettato, con fatica, che come portavo gli occhiali tutti i giorni, così dovevo nutrire la mia pelle con un po’ più di ormoni; e ho capito, con l’aiuto della dottoressa, che non c’è niente di male, che non è una menomazione! E che non ero già “vecchia” a vent’anni, perché era così che mi sentivo, visto che molti sintomi erano simili alla menopausa...
Oggi, dopo tre anni di cura, tutto sta finalmente cambiando: il mio corpo sta provando nuove sensazioni ed emozioni. Deve però ancora recuperare fiducia e gioia, deve sostituire i ricordi negativi delle esperienze passate con nuovi ricordi. Perché ciò che è più brutto è proprio questo: il mio corpo si era arreso insieme a me e l’entusiasmo dei miei 18 anni si era appannato.
La strada non è ancora finita, ma questa volta so dove sto andando. Devo ringraziare con tutto il cuore mio marito, che non si è mai scoraggiato, che mi ha sempre creduto senza sentirsi rifiutato. E che ha fatto in modo che non solo i nostri cuori, ma anche i nostri corpi rimanessero in contatto in quegli anni difficili.
E ringrazio la mia ginecologa, che crede alle donne e al loro dolore.
Marina P. (29 anni)