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Il diritto a una diagnosi corretta e a una terapia adeguata

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09/10/2009

Le vostre lettere alla nostra redazione

Ho 40 anni, sono infermiera (ironia della sorte), e vorrei raccontare brevemente la mia storia, nella speranza che possa aiutare altre donne nella mia situazione. Dieci anni fa ho dovuto subire l’asportazione bilaterale delle ovaie, e mi sono ritrovata senza alcun preavviso in menopausa precoce.
Credo molto nell’importanza degli ormoni, e così ho quasi subito iniziato una terapia ormonale sostitutiva, che ha preservato il mio cervello e le mie ossa dai tipici guai della carenza estrogenica. Ma a livello sessuale, qualcosa non ha funzionato per il verso giusto: la lubrificazione non era più quella di prima, sono cominciati i dolori alla penetrazione, e questo alla lunga ha depresso ancor di più il mio desiderio e la mia capacità di eccitazione. Dato che però, a torto, non attribuivo alla sfera sessuale la stessa attenzione che la mia esperienza professionale mi portava ad avere per altre parti dell’organismo, ho trascurato questi primi segni di sofferenza e ho provato a lungo, con il mio compagno di allora, ad avere rapporti normali, raccontandomi che si trattava solo di un problema psicologico. Risultato: il dolore, anziché recedere, è aumentato sempre di più, e alla fine mi sono ritrovata nell’impossibilità totale di avere una via intima normale.
Ho girato diversi ginecologi, prima di trovare la risposta giusta: tutti si limitavano a dirmi di avere pazienza, che prima o poi l’infiammazione sarebbe passata. Poi lessi un’intervista di una dottoressa di cui non avevo mai sentito parlare, ma che sentii essere la persona che mi avrebbe potuto davvero aiutare: e in effetti, fu quella la svolta che mi portò poco per volta alla guarigione.
Sin dalla prima visita, quella ginecologa competente e gentile mi disse che il mio problema si chiamava vestibolite vulvare: la secchezza genitale dovuta allo squilibrio ormonale aveva determinato, a ogni tentativo di penetrazione, abrasioni sempre più marcate del delicato tessuto vulvare, sino a determinare un’infiammazione cronica del tessuto stesso. Altro che “avere pazienza”!
Ho così iniziato una lunga terapia, prima per ridurre l’iperattività del mastocita, la cellula immunitaria che governa il fenomeno infiammatorio, poi con una fisioterapia finalizzata a rilassare i muscoli perivaginali, sempre più tesi e contratti per il dolore. Ormai sono quasi fuori dal tunnel, ma spesso mi chiedo se riuscirò a ritrovare una piena confidenza nei confronti del mio corpo, e ad abbandonarmi ancora a un rapporto pieno e appagante. La mia ginecologa dice che per superare questo blocco avrei bisogno di un aiuto psicoterapico... ma su questo non ho ancora deciso, vedrò in futuro, per ora non mi sento pronta.
Quale è il messaggio che vorrei passare alle donne che hanno il mio stesso problema? Non vi accontentate di diagnosi approssimative, e di vaghi inviti ad “avere pazienza”: il dolore ha sempre una base organica ed è fondamentale trovare un medico che sappia individuarne le cause con rigore. Solo così inizia il faticoso cammino di guarigione, nel corpo e nello spirito.

Mirella G.

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