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Dopo un immenso e infinito dolore pelvico, torno a riassaporare la vita

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20/04/2012

Le vostre lettere alla nostra redazione

Trentun anni fa ho avuto il mio primo figlio (non c’era ancora l’ecografo): sembrava tutto normale, ma subito ebbi difficoltà di farlo uscire. Risultato: lacerazioni varie, fino all’ano. Il medico, alle prime armi, fece del suo meglio, ma tre mesi dopo il parto io non riuscivo ancora a guarire dalle “ferite”: avevo dolori fortissimi e non riuscivo più stare in piedi dal male. Piangevo, non capivo cosa stesse succedendo, e così mi rivolsi al Primario del mio ospedale, spiegandogli tutto. Volle ricoverarmi subito, e il giorno dopo ero già in sala operatoria: mi fece una plastica alla vagina e mi disse che, se avessi avuto un altro figlio, avrei dovuto ricorrere al taglio cesareo, per non provocare nuove lacerazioni.
E così fu. Dopo qualche anno restai di nuovo incinta, ma questa volta ricorsi al cesareo: andò tutto bene, non mi pareva vero di non avere sofferto!
Ma il mio vero calvario è iniziato nel 2002. Prendevo sempre la pillola perché avevo un ciclo doloroso e molto abbondante, anche a causa di un fibroma. Ogni giorno avevo violente scariche intestinali, e di conseguenza soffrivo di ragadi ed emorroidi esterne.
A luglio cominciai ad avere uno stimolo continuo a urinare, con dolori in fondo alla schiena e un’infiammazione all’interno della vagina. Gli esami delle urine erano negativi, mentre invece il tampone vaginale risultò positivo alla Gardnerella. Nonostante una cura a base di ovuli e di una soluzione vaginale, ebbi diverse ricadute con dolore intenso e continuo, debolezza e bisogno di stare distesa. Poi, nel corso del 2003, il dolore si focalizzò in un punto preciso: mi venne diagnosticato un granuloma vaginale, che fu asportato in day hospital. Per la convalescenza mi venne prescritto un potente antibiotico. A fine dicembre avevo un’infiammazione intensa, uno stimolo continuo a urinare e dolori sempre più forti alla schiena. Il tampone vaginale risultò ancora positivo alla Gardnerella, mentre l’esame delle urine permaneva negativo.
Alla fine del 2003 interruppi l’assunzione della pillola, pensando che magari avrei avuto meno problemi, ma continuai ad avere i soliti disturbi: bruciore, infiammazione, stimolo continuo a urinare. Poco dopo provai il cerotto, che però mi aumentò la cefalea: così, dopo qualche mese, tornai alla solita pillola.
Sono andata avanti così per anni, fino a quando nel 2009 sono stata di nuovo operata per un altro granuloma. Ma dopo un mese iniziai ad avere una sensazione di irritazione continua come da “herpes”: la sensazione era di un fuoco e molto dolorosa, seguita da stanchezza e dalla necessità di sdraiarmi ogni tanto per rilassare l’area pelvica.
Nel frattempo ero andata in menopausa, e avvertivo forti dolori alle mani e alle spalle. Ma quando chiesi al mio ginecologo se mi credeva, quando gli spiegavo del mio dolore immenso, o se pensava che fossi matta o esaurita… si limitò a rispondermi con un sorrisetto! Poi però mi propose di fare un test per le intolleranze alimentari: risultai reattiva all’uovo e al frumento. Ma il mio medico di base si arrabbiò e sostenne che le analisi fatte per le intolleranze non erano attendibili e le potevo cestinare, che non avevo niente, e che al massimo potevo seguire una dieta povera di grassi. Vi confesso che mi sono messa piangere davanti a lui… secondo me non aveva capito niente, e i fatti successivi l’hanno dimostrato.
Mi sentivo sempre di più umiliata e incompresa, non credevo fosse così difficile ricevere un aiuto vero. E intanto la mia vagina era sempre più gonfia e sofferente.
Poi, un giorno, sento parlare di una ginecologa che si occupa di dolore. Vado sul suo sito, leggo tutto quello posso e… mi sembra un sogno: non immaginavo che ci fossero dei medici così! Chiedo subito un appuntamento che mi viene fissato a maggio del 1010. Fin da quella prima visita, la dottoressa fa una diagnosi chiara: ho una vestibolite vulvare cronica, con bruciore urente pari a 10/10. La dottoressa mi prescrive una terapia farmacologica, che include dei modulatori dell’iperattività dei mastociti. Ma soprattutto mi prescrive un cambiamento radicale dei miei stili di vita: non posso indossare pantaloni di nessun tipo, né cose aderenti come i salvaslip, i collant e i body; devo usare biancheria intima solo di cotone; devo cercare di non accavallare le gambe; a casa, non devo usare biancheria intima, per consentire ai tessuti di respirare. Per quanto riguarda l’alimentazione, no agli zuccheri in generale e quindi ai gelati, ai dolci e al cioccolato; no ai formaggi stagionati; e no a pane, pizza, focaccia, birra e cibi con lieviti. Dunque, aveva ragione il mio vecchio ginecologo che, almeno, mi aveva prescritto i test di intolleranza alimentare! Infine, devo evitare i rapporti completi sino a quando non starò decisamente meglio.
Per alcuni mesi la situazione resta critica, con alti e bassi, ma poi la vestibolite e il dolore iniziano nettamente a migliorare. La dottoressa mi consiglia un ciclo di fisioterapia riabilitativa con biofeedback di rilassamento ed elettroanalgesia.
Finalmente, a gennaio di quest’anno, la dottoressa mi visita nuovamente e conferma che la vestibolite è in via di guarigione e che i muscoli perivaginali sono molto più rilassati. La parte sinistra della mia vagina, però, è ancora molto sensibile e irritabile, e questo mi fa capire che forse non guarirò mai completamente: ma bisogna considerare che ho subito due interventi chirurgici che, invece di aiutarmi, hanno ulteriormente rovinato le pareti della mia vagina. Forse devo accontentarmi così.
Comunque, dopo un immenso e infinito dolore pelvico, ricomincio ad assaporare la vita, sia a livello personale, sia a livello familiare e di coppia. Mio marito mi ha aiutata, con tanta comprensione e senza egoismi, in questo cammino faticoso. Quando ero disperata, gli parlavo; quando avevo sensi di colpa nei suoi confronti, gli parlavo; sono andata avanti sempre così, ed anche questo era un modo per amarci… Abbiamo scoperto che il “comunicare” era la cosa più importante.
Ai miei figli ho raccontato sempre il minimo possibile, non solo per pudore, ma perché sono giovani e per loro la vita è ancora tutta da scoprire; non volevo turbarli e tantomeno che si sentissero in colpa, specialmente il primogenito.
Ho sempre aiutato i miei genitori, specialmente papà che è morto nel 2009. Quando è mancato, gli ho parlato: adesso mi aiuti tu perché non ce la faccio più! Anche questa è stata una nuova sorgente di forza per andare avanti.
Sono sempre andata al lavoro anche quando stavo veramente male, perché ho una “testa dura” e comunque lo stare fuori di casa e concentrata in altre cose non mi lasciava il tempo di pensare continuamente al mio dolore.
Nonostante tutto, mi ritrovo spesso a pensare a quanto sono stata fortunata: il mio carattere mi ha permesso di non arrendermi mai; ho trovato finalmente un medico con grande esperienza, che ha deciso di aiutare veramente le donne e, quindi, è in grado di capire problematiche così difficili e nascoste; e ho potuto curarmi anche perché avevo un po’ di soldi da parte, e così ho potuto investirli nelle cure che mi hanno permesso di guarire.
Chiudo questa mia lunga storia con un grande desiderio nel cuore: poter parlare ai ginecologi dell’ospedale della mia città, per aiutare anche loro a capire queste patologie così complesse e difficili da curare… Spero di farcela!
L.R.

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