EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Vestibolite vulvare: un nemico ostile e agguerrito, ma non invincibile - Prima parte

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
13/02/2009

Le vostre lettere alla nostra redazione

A partire da questa settimana, e per le prossime due puntate, pubblichiamo la lunga testimonianza di una lettrice sulla propria esperienza con la vestibolite vulvare.
La mia “odissea” ha inizio a 18 anni con Fabio, il mio primo e unico ragazzo. Dopo vari mesi che eravamo insieme decidemmo di avere rapporti completi. Sapendo quanto ci tenevo, Fabio si sottopose all’esame dell’HIV (sino a quel momento aveva sempre avuto rapporti non protetti): fortunatamente l’esame diede esito negativo e io mi sentii pronta a condividere con lui quell’esperienza importante. All’inizio ero molto felice, andava tutto bene dal punto di vista sia fisico che mentale, e così provvedemmo a cautelarci anche sotto il profilo contraccettivo.
L’estate di quell’anno – era il 1998 – andammo per la prima volta in vacanza insieme, al mare. Una sera facemmo l’amore, ma subito dopo avvertii un bruciore e un calore che partivano dai genitali e salivano in tutto il corpo. Mi guardai con uno specchietto per sapere cosa succedeva e vidi che le labbra si stavano gonfiando e diventavano sempre più rosse. Mi lavai subito, ma inizialmente pensai che fosse proprio colpa dell’acqua, che in quella zona arrivava direttamente da un pozzo... Magari era infetta! Nei giorni seguenti le labbra si sgonfiarono leggermente, ma non appena tentavamo di avere rapporti si infiammavano di nuovo. Ricordo che una sera andammo fuori a mangiare, ma fu una tortura più che una serata romantica, perché ero così gonfia che faticavo persino a stare seduta e a camminare.
Ero impaurita: non sapevo cosa mi stesse succedendo e cosa avrei dovuto affrontare, e Fabio era spaventato quanto me. Ricordo che piangevo di nascosto per non farlo preoccupare: avrei tanto voluto chiedere aiuto a mia madre, ma lei non sapeva che ero in vacanza con un ragazzo e avrei dovuto darle troppe spiegazioni... E poi, purtroppo, non avrei comunque avuto il coraggio di raccontarle cose così intime e confidenziali.
Il terzo giorno decidemmo di andare nell’ospedale più vicino. Vi risparmierei volentieri l’aspetto del pronto soccorso, ma credo sia mio dovere raccontare le cose sino in fondo. Dire che era una topaia è un complimento: ci fecero aspettare in una sala dove c’erano schizzi di sangue, siringhe e medicinali sparsi sul pavimento, si sentivano le urla di chissà quale paziente... Insomma, avrei voluto andarmene a gambe levate, ma in quel momento – nonostante tutto – quello era l’unico posto in grado di aiutarmi.
Mi fecero entrare nell’ambulatorio con Fabio, che voleva starmi vicino e capire cosa succedeva. Io mi vergognai da morire... C’erano una dottoressa (non saprei se definirla “ginecologa”, dal male che mi faceva e dalla freddezza con le quali mi chiedeva le cose) e due “aiutanti”. Dopo un po’ ci dissero che si trattava di Candida e mi diedero un kit di medicinali da usare.
Intanto la vacanza finì e tornammo a casa. Mi ripromisi di andare subito dalla mia dottoressa di base per spiegarle quello che era successo... In quel momento non sapevo ancora a cosa stavo andando incontro e a tutte le peripezie che avrei dovuto affrontare!
A settembre feci i primi esami: il pap-test e il tampone vaginale confermarono l’infezione da Candida e la presenza di flora lattobacillare. Poi andai da una ginecologa che, dopo qualche mese, mi fece ripetere il tampone. Esito: pH 5.8, infezione da Candida e da streptococco “Agalactiae”. Mi diede un’altra cura e per un po’ tutto sembrò andare a posto.
A quel punto io e Fabio ricominciammo ad avere rapporti, ma i problemi legati all’intimità sembravano non finire mai: una volta ero secca, un’altra avevamo difficoltà di penetrazione, altre volte i genitali mi si gonfiavano, altre ancora dopo i rapporti avevo molto male, per diversi giorni. Quando poi mi guardavo con lo specchietto notavo tanti taglietti sanguinanti, proprio sulla parte interna della vulva... Ero molto demoralizzata, non capivo come mai mi succedeva e perché.
Ben presto, anche Fabio iniziò ad avere dei problemi. Una volta non riuscì a raggiungere l’erezione: per lui fu un dramma vedersi già a 25 anni con un problema del genere. Io in fondo sapevo che era colpa mia e questo mi faceva stare ancora più male. Fortunatamente ricapitò poche volte, ma a lungo temetti di perderlo anche per questo... Capivo che aveva paura di farmi male e che quindi, il suo, era un problema psicologico: ma la vera responsabile mi sentivo pur sempre io! Erano tante le domande che mi facevo, e l’angoscia cresceva sempre più.
In corrispondenza al periodo dei miei taglietti, anche Fabio notò dei piccoli taglietti sul tronco del pene che gli procuravano bruciore. Andò da un dermatologo che gli disse che era dermatite seborroica: sinceramente questa diagnosi non ci convinse molto, ma essendo ignoranti in materia la dovemmo prendere per buona. Si curò per qualche giorno con una pomata, e fortunatamente i tagli sparirono.
Passava il tempo e i nostri rapporti sessuali erano sempre difficoltosi, e tante volte nascevano stupidi litigi legati al fatto che eravamo entrambi insoddisfatti. Questo provocò allontanamenti, riavvicinamenti, nervosismo, astio, vergogna... Io mi sentivo sempre più impotente e pensavo che Fabio stesse con me solo perché gli facevo pena... Cercai di parlarne anche con le mie amiche, per capire se capitava solo a me oppure no, ma nessuna sapeva darmi consigli utili, e alcune non capivano neanche quello che dicevo!
Poi andai da un un’altro ginecologo, che mi visitò e mi disse che i miei problemi dipendevano da una “ectopia”, una specie di pieghetta sul collo dell’utero. Pensai fosse la soluzione dei miei problemi, per come me l’aveva descritta, così presi un secondo appuntamento e andai a farmi bruciare la pieghetta... Non avrei mai pensato che sarebbe stato così traumatico: il dottore non mi spiegò nulla del “piccolo” intervento e io mi ritrovai davanti a uno che non sapeva niente di me e dei miei problemi reali, anche perché mentre ne parlavo si vedeva che non mi ascoltava, e poi quella puzza di carne bruciata... Lui non mi rassicurava, e io mi sentivo così sola! Fabio quella volta non era potuto venire, fatto sta che dopo la bruciatura non riuscii neppure ad andare al lavoro, sia per il dolore che per la perdita continua di liquido. Così, quando andai a casa, non potei far a meno di raccontare tutto a mia mamma.
Devo dire che mia madre mi consolò con molta dolcezza e che, da allora, mi è stata molto vicina. Non approvava neanche lei il trattamento riservatomi dal quel dottore e così venne con me in quell’ospedale per denunciare l’insensibilità che aveva manifestato durante l’intervento. Mi sentii sollevata, ero felice che mia mamma finalmente sapesse, anche se non le avevo raccontato dei problemi sessuali che avevo: per quello non mi sentivo ancora pronta. Inutile dire che, anche dopo questa esperienza, i miei problemi sessuali non migliorarono minimamente.
Mariangela G.

[Segue la prossima puntata]
Sullo stesso argomento per professionisti

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter