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Una vita scorsa fra le dita

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24/06/2020

Tratto da:
Giorgos Seferis, Le poesie, Crocetti Editore, 2020

Guida alla lettura

Questa delicata lirica del poeta Giorgos Seferis canta lo smarrirsi di una vita, lo sperpero della sua ricchezza e delle sue promesse. Il dolore si esprime attraverso immagini semplici e trasparenti: l’acqua che è scorsa fra le dita senza berne; la solitudine del pino, simile a quella di un naufrago; la rovina delle case nella burrasca.
In questa rubrica abbiamo affrontato più volte il tema del fallimento dell’esistenza, perché crediamo che sia una delle cause più amare di dolore emotivo, ma anche di malattia quando quel dolore si incisti nel corpo sino a minarne l’equilibrio e le funzioni. Lo pensavano i poeti romantici, e la medicina di oggi ce lo conferma: di tristezza non redenta, di depressione maligna si può morire. Di “malattia della vita” parla anche Massimo Recalcati, che ci avverte con chiarezza: il tradimento del proprio desiderio, della propria vocazione più autentica, è l’unico vero peccato, ed è un peccato imperdonabile.
I versi di Seferis richiamano alla nostra memoria tante parole lette insieme nel corso degli anni: come quelle di Edgar Lee Masters («Una vita senza senso è la tortura / dell’inquietudine e del vano desiderio / è una barca che anela al mare eppure lo teme»), di Maria Luisa Spaziani («Felicità, gonfiavi le mie vele. / Ora smorte ricadono in lamenti»), di Eugenio Montale («So che si può vivere / non esistendo, / emersi da una quinta, da un fondale, / da un fuori che non c’è se mai nessuno / l’ha veduto»). Ma anche quelle di Kostantinos Kavafis, che ci esorta perché non tutto vada perduto: «E se non puoi la vita che desideri / cerca almeno questo per quanto sta in te: / non sciuparla nel troppo commercio con la gente / con troppe parole e in un viavai frenetico».
Pagine essenziali in cui torna ricorrente il tema della paura che impedisce di prendere il mare, di scommettere su se stessi, di scegliere liberamente il proprio destino, dilapidando tempo e talenti nell’accidia inconcludente, in sogni a occhi aperti privi del nerbo di volontà necessario a trasformarli in fatti concreti, in pseudo-relazioni incapaci di conferire profondità al nostro essere e al nostro pensare.
La nostra vita è costantemente attraversata dalle responsabilità: verso gli altri, verso il lavoro. Ma la responsabilità più grande che abbiamo è quella verso noi stessi. Il tempo stringe per una scelta consapevole e coraggiosa, per una scelta di impegno e libertà: perché – come ci ammonisce Seferis – case nuove ancora l’estate passata potrebbero presto dirupare nel vento dell’autunno.
Ho lasciato passare una fiumana
fra le mie dita
senza bere una stilla: m’accoro…
Naufrago nella pietra
un pino basso sulla terra rossa,
l’unica compagnia.
Tutto che amai s’è perso con le case
che l’altra estate erano nuove, e sono
dirupate nel vento dell’autunno.

Biografia

Pochi sanno che questo poeta, saggista e diplomatico greco ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura. Era il 1963, l’anno prima era andato a John Steinbeck, l’anno dopo fu assegnato a Jean-Paul Sartre. Ecco la motivazione per il riconoscimento a Stoccolma: «Per la sua scrittura distinta, ispirata da un profondo sentire del mondo e della cultura ellenica». Ne sono testimonianza questi versi:

Dovunque viaggio la Grecia m’accora.
Al Pelio fra i castagni la camicia di Nesso
sgusciava tra le foglie per fare viluppo al mio corpo,
mentre salivo l’erta e mi seguiva il mare
salendo anch’esso come mercurio di termometro
fin che trovammo l’acqua alla montagna.
A Santorino, come sfioravo isole naufraghe
e udivo chissà dove tra le pomici un flauto,
inchiodò la mia mano al discollato
una freccia vibrata d’un tratto
dal limitare d’una giovinezza spenta.
A Micene sollevai i macigni e i tesori degli Atridi
e mi giacqui con essi all’albergo «Belle Hélène»;
dileguarono all’alba, quando garrì Cassandra
con un gallo sospeso al collo nero.

Giorgos Seferis, pseudonimo di Georgios Seferiadis, nasce a Smirne, in Turchia, il 13 marzo 1900. Incontra la prima volta il suolo greco a 14 anni, quando si trasferisce con la famiglia ad Atene. Accade a causa di un esilio, uno dei tanti della vita di Seferis. Dai 18 anni, sino al 1924, sempre seguendo gli spostamenti del padre, studia Giurisprudenza a Parigi e poi entra in diplomazia: console in Albania, Atene, Egitto, Sudafrica. Ambasciatore a Beirut e a Londra nel 1962, quando si chiude la sua esperienza al servizio del ministero greco degli Affari Esteri.
Seferis inizia la sua attività letteraria nel 1931, con la raccolta di poesie «Vuelta». Nel 1932 pubblica il poema «La cisterna», in cui si nota l’impronta di Stéphane Mallarmé e Paul Valéry. Poi, nel 1951, mentre è in Inghilterra nella sede diplomatica di Londra, l’incontro con T. S. Eliot, poeta, saggista, critico letterario e drammaturgo statunitense naturalizzato britannico, anch’egli premiato nel 1948 con il Nobel per la Letteratura: una frequentazione decisiva per l’arte di Seferis, che contribuisce a rendere il suo impegno poetico più consapevole. Nascono nuove raccolte: «Leyenda» (1934) e «Gimnopedias» (1935), «Quaderno di studi» (1940), «Diario della nave I» (1940), «L’ultima tappa» (1944), «Diario della nave II» (1944) e «Diario della nave III» (1955), dove le poesie contenute sono illuminate dalla bellezza del paesaggio di Cipro, in contrasto con la drammatica crisi politica (la lotta con la Turchia per la suddivisione del territorio) che insanguina l’isola.
Nel 1961 Giorgos Seferis raccoglie tutta la sua produzione lirica nella collezione «Poesías». Due anni dopo, quando vince il Nobel, è un personaggio letterario paradossalmente poco conosciuto, tranne che in alcuni Paesi europei dove aveva svolto attività diplomatica. Grazie a questo Premio l’attenzione del mondo torna a rivolgersi alla Grecia come incubatore di civiltà letteraria, e dietro a Seferis (e ad altri scrittori, come Costantinos Kavafis) si sviluppa una poetica diversa dalla tradizione letteraria dell’Antica Grecia, sebbene strettamente legata a essa come continuità linguistica e culturale.
In Italia la sua opera è stata tradotta quasi integralmente da Filippo Maria Pontani, filologo e grecista, nelle opere «Poesie», 1963; «Tre poesie segrete», 1968; «Poesie e prose», 1969.
Unendo l’anima fortemente greca, il senso dello Stato forgiato negli anni da diplomatico e la sua sensibilità artistica e poetica, nel 1969 Seferis prende nettamente posizione contro la “dittatura dei colonnelli”. Muore nel 1971 ad Atene; il suo funerale, come estremo suggello della potenza dei suoi versi, suscita una massiccia dimostrazione contro il governo militare.
(Biografia a cura di Pino Pignatta)
Giorgos Seferis
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