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L'ospite inquietante

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12/12/2018

Liberamente tratto da:
Umberto Galimberti, Giovane, hai paura?, Marcianum Press, 2014

Guida alla lettura

In questa breve ma densa riflessione, Umberto Galimberti spiega che cosa la tradizione filosofica intende per “nichilismo”: assenza di scopi, assenza di risposte ai perché della vita, decadenza dei valori. Il testo è la trascrizione di una conferenza tenuta l’11 febbraio 2014 a Venezia, il che spiega lo stile colloquiale, e talvolta sbrigativo, del dettato.
Galimberti non assume pedissequamente questa definizione, ma vi si pone davanti con la propria esperienza di pensatore e di docente, la discute, e ce ne offre una versione leggermente modificata: la decadenza dei valori, infatti, non è un male in sé, quando altri valori – nuovi e vitali – si sostituiscono ai precedenti. Galimberti non esemplifica, ma è facile immaginare come anche i valori apparentemente più consolidati siano destinati, prima o poi, a tramontare, o per lo meno a modificarsi in modo sostanziale: si pensi alle strutture gerarchiche delle società di un tempo, alle idee di uguaglianza e disuguaglianza, ai contorni assai mutevoli del diritto alla vita, al diritto all’istruzione e alla salute per tutti, ai diritti delle donne, dei bambini, delle minoranze.
Il nichilismo si virulenta invece, sostiene con forza Galimberti, quando ai vecchi valori non subentra nulla di nuovo che non sia, come purtroppo accade nella nostra epoca, il consumismo fine a se stesso, l’ignoranza diffusa, l’arroganza alimentata dalla rete, il soggettivismo superficiale delle opinioni, la credulità quasi imbarazzante di certe fasce dell’opinione pubblica.
Ma più cruciali ancora nella genesi del nichilismo sono, per Galimberti, la mancanza di obiettivi da raggiungere e l’assenza di risposte ai perché della vita (perché sono al mondo? che senso ha la mia vita?). Obiettivi e risposte un tempo forniti in abbondanza – a torto o a ragione – dalle credenze religiose, ma che oggi la società laica fatica a formulare, come se si trovasse ancora in una fase di immatura fanciullezza o, al contrario e tragicamente, di senile decadenza. Quando il futuro non promette niente, siamo al collasso di ogni struttura individuale e sociale, e il domani diventa una minaccia, e non più un’opportunità per fare, per agire: per esistere.
Sta alla società, alle famiglie, alla scuola, ma soprattutto a ciascuno di noi rimodellare un futuro che non sia cupo e minaccioso, ma rappresenti un tempo in cui crescere ed esprimersi, in cui realizzare i propri talenti. Perché, come dice Heidegger, il nichilismo non va sottovalutato, ma va guardato bene in faccia. La sfida, però, è ardua: e chi vorrà leggere per intero il libriccino di Galimberti (sessanta piccole pagine: vanno via in una serata) si renderà conto che il nostro filosofo non è particolarmente ottimista.
Che cos’è il nichilismo? Nietzsche lo definisce come «il più inquietante fra tutti gli ospiti» e Heidegger, commentando queste parole, avverte che «non serve a niente metterlo alla porta» ma che invece occorre «accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia». La definizione che dà Nietzsche di nichilismo è: «manca lo scopo, manca la risposta al perché, tutti i valori si svalutano».
Il fatto che i valori si svalutino non è interessante, di solito è un lamento dei vecchi: «Ai miei tempi…», essi dicono, ma questi tempi sono passati. I valori si svalutano perché non sono entità metafisiche che piovono dal cielo, non sono incondizionati, ma sono strutture molto più elementari, sono coefficienti sociali che, condivisi, consentono a una comunità di vivere con la minor conflittualità possibile. (…) La storia va avanti grazie a questo collasso di valori, che hanno ordinato la società per un certo periodo, e all’inaugurazione di valori nuovi. Se la storia non procedesse così, saremmo ancora all’età dei Babilonesi! La svalutazione e il collasso dei valori non sono l’elemento decisivo per capire che cosa sia il nichilismo, che invece appare quando, dopo il collasso di un sistema di valori, non ne nascono di nuovi. A questo punto resta il niente, a cui fa riferimento la parola: ecco qui il nulla e il nichilismo. (…)
Ma per me è ancora più decisiva la prima parte della definizione di Nietzsche: «Manca lo scopo». In effetti, la vita degli uomini viene animata non perché la si “spinga” in avanti, ma perché davanti c’è qualcosa che attrae: noi ci muoviamo perché un futuro ci attrae, perché ci sono scopi da raggiungere; la molla della vita è il futuro, non il passato e il presente. Il futuro, facendo balenare degli obiettivi da raggiungere, muove. Anche Aristotele dice che Dio muove «come ciò che è amato». Non c’è una causa efficiente che dinamizza la nostra vita, ma c’è una causa finale che ci attrae.
Quando manca uno scopo, quando il futuro non promette niente, allora abbiamo il collasso. Sulla parola futuro ormai si sono spesi quintali di parole. Un autore che mi piace molto, e che è anche mio amico, Miguel Benasayag, ha scritto un bellissimo libro, “L’epoca delle passioni tristi”, dove dice che, per i giovani di oggi, il futuro non è più una promessa ma una minaccia. (…)
«Manca lo scopo», afferma Nietzsche, e poi «manca la risposta al perché»; se infatti non c’è uno scopo da raggiungere la domanda successiva è: perché sono al mondo? Che senso ha la mia vita? Che cosa sto facendo?

Biografia

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è filosofo, sociologo e psicoanalista. Laureatosi in Filosofia con Emanuele Severino, frequenta l’Università di Basilea, dove viene a contatto con lo psichiatra e filosofo Karl Jaspers, di cui diventerà uno dei principali traduttori e divulgatori italiani.
Nel 1976 è nominato professore incaricato di Antropologia culturale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, quindi professore associato di Filosofia della storia nel 1983, assumendone la titolarità di cattedra nel 1999. Dal 2002, insegna anche Psicologia generale, Psicologia dinamica e Filosofia morale.
Membro ordinario dell’International Association for Analytical Psychology, è vicepresidente dell'Associazione Italiana per la consulenza filosofica “Phronesis”.
Ha collaborato con Il Sole 24 Ore dal 1987 al 1995; attualmente scrive per La Repubblica.
Nel 2011 gli è stato assegnato il Premio “Ignazio Silone” per la cultura.
E’ autore di numerose opere, fra cui “Il corpo. Antropologia, psicoanalisi, fenomenologia” (Feltrinelli 1983), “Gli equivoci dell'anima” (Feltrinelli 1987), “Dizionario di psicologia” (UTET 1992), “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani” (Feltrinelli 2007) e “Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto” (Feltrinelli 2012).
Parole chiave di questo articolo
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