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Da antro inospitale a grembo felice

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08/10/2010

Le vostre lettere alla nostra redazione

La storia che mi ha portata a sviluppare una brutta vestibolite vulvare, con annesso “vaginismo di grado severo” – diagnosi che mi è stata fatta nel 2003 dalla mia ginecologa attuale, quando ormai avevo trent’anni ed ero stata da passato molti dottori – è in realtà iniziata molto presto: credo già entro il primo anno dalla prima mestruazione. Avevo infatti 14 anni quando ho iniziato ad avere le prime infezioni (adesso so che si trattava di comunissima Candida), che però non sono mai state adeguatamente curate. Ricordo ancora le prime visite ginecologiche, la quantità spaventosa di lavande vaginali, fialette, cicli interminabili di farmaci che avevano lo stesso effetto dell’acqua fresca, fino alla fatidica frase della mia prima ginecologa: «Io non so più cosa fare...».
Io sì, sapevo cosa fare, ossia cambiare ginecologo. Ne incontro uno che, visto che ero ancora vergine, non mi ha neppure visitato. Non mi ricordo se mi ha dato una terapia oppure no. Forse ha parlato di non meglio definiti “problemi ormonali”, ma le analisi non hanno evidenziato nessuno squilibrio. Cambio ancora, approdando nello studio del primario del reparto di ginecologia dell’ospedale della mia città: ricordo una visita dolorosissima (forse era già vaginismo, o la vestibolite). Ormai sentivo un dolore fortissimo perfino quando facevo il pap test. La visita dal luminare si concluse con un frettoloso e disattento «devi imparare a rilassarti un po’ di più». Avevo 18 o 19 anni, e non avevo ancora avuto rapporti sessuali.
Per il momento rinuncio a fare altri tentativi di cura. Sono anni intensi, lo studio mi assorbe molto e, d’altra parte, con nessuno dei fidanzatini che si avvicendano ho occasione di avere rapporti (casualmente me li sceglievo tutti casti e timorati: in giro ce ne sono molti di più di quanto si possa pensare), una situazione che mi avrebbe facilmente fatto capire quanto invalidante fosse il mio problema. L’avrei scoperto, però, nel giro di poco tempo grazie a un fidanzatino un po’ meno casto...
Con grande impegno, quindi, riprendo a curarmi, cambiando ginecologo e anche città: il tipo sembra un po’ più sveglio e fa qualche strano esperimento con sostanze urticanti, e la storia va avanti per alcuni anni («Signorina, deve avere pazienza») ma non si cava un ragno dal buco, come al solito. Però succede qualcosa di nuovo: per la prima volta mi viene fatta la diagnosi corretta. E’ vestibolite vulvare. Ad ogni modo, nonostante abbia fatto la diagnosi corretta il tipo sveglio alza le spalle sconfitto: neanche lui sa più cosa fare. Io ho già 30 anni e ho appena conosciuto un uomo speciale, che vorrei rendere davvero felice, completamente felice...
Ormai siamo nell’era di internet, quindi faccio una ricerca con il mitico Google, trovando molte informazioni sulla patologia, ma soprattutto scoprendo che pochissimi nomi di medici ricorrono quando si parla delle terapie. Il più ricorrente mi sembra essere quello di una professoressa di Milano. La chiamo subito. La diagnosi è subito fatta e imparo che la Candida, la comunissima Candida, mai diagnosticata prima (in 15 anni di visite e pap test!!!) ha un ruolo di primo piano nel mio complicato quadro. La terapia non è fatta solo di medicine, quindi, ma anche di dieta (eliminare lieviti e zuccheri semplici), di abitudini diverse (ad esempio evitare i pantaloni stretti... e altro). Seguo tutto alla lettera, non sgarro MAI e in meno di 6 mesi la vestibolite arretra fino a scomparire. Resta la mia paura di provare dolore, un po’ di vaginismo, ma soprattutto la sfiducia, profonda e radicatissima dopo tanti anni, nel mio corpo, che percepisco come un antro inospitale. Del tutto irragionevolmente (ormai sono guarita) mi dico: figuriamoci se potrò mai avere un figlio, una gravidanza normale. Arrivo perfino a farmene una ragione e penso che posso fare senza, sono felice lo stesso. Anzi, preferisco proprio evitare. E’ davvero incredibile la capacità del nostro cervello di mettere in atto meccanismi difensivi, che poi si trasformano in comportamenti rigidi e bloccanti.
Ma il mio uomo speciale a un certo punto dice che ci meritiamo di essere ancora più felici: quindi, pur essendo profondamente convinta di non essere all’altezza della situazione, mi lancio preparandomi all’idea di dover fare parecchi tentativi e magari, anzi, quasi sicuramente, di andare incontro a un mucchio di problemi. E invece, neanche 20 giorni dopo aver tolto l’ultimo cerotto contraccettivo, il mio “antro inospitale” è già diventato un grembo felice. A mia insaputa si organizza e fa partire il complesso protocollo della gravidanza. Il mio corpo si adatta magnificamente alla novità. Mi è sembrato proprio che non aspettasse altro. Adesso sono quasi al termine del settimo di una gravidanza che mi ha regalato uno stato di salute superlativo, una quantità di energie inimmaginabile, tanta fiducia in me stessa e... moltissima felicità.
Per concludere: proverò eterna gratitudine nei confronti dell’unica persona che ha saputo aiutarmi! Quello con lei è stato un incontro felice e davvero importante. Ma è importante anche essere determinati nel seguire le terapie e le indicazioni, non fare di testa propria, voler davvero guarire, insomma, e non scoraggiarsi mai! (A proposito: una donna che indossa le gonne invece dei soliti pantaloni è molto più femminile; ho un mucchio di ricette di torte, dolci e salate, biscotti senza zucchero e perfino pizze senza lievito che, modestamente, sono una vera bontà).
Un augurio speciale a tutte le donne che fanno i conti con il dolore!
Gianna A.
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