Allora, ascoltandola, si capisce che se questa musica è più forte del tempo che passa, delle civiltà che vanno e vengono, è anche più forte di noi stessi e delle nostre difficoltà. E così possiamo approfittarne: arrivando fin lassù, ci dimentichiamo da dove siamo partiti. Il tessuto musicale è di una trasparenza e di una semplicità disarmanti. Occorre non pensare troppo, non c’è nulla di “programmatico”, nessuna precisazione in partitura se non i movimenti di “danza”, nessuna indicazione dinamica di “fortissimo” o “pianissimo” se non legature di portamento, tutto sembra crearsi davanti a noi, dal nulla, accompagnandoci con generosità dentro il timbro flautistico, esplorandone le potenzialità, in uno scorrere del discorso musicale che non può avere nulla di contrappuntistico perché il flauto è solo melodico, ma lascia ugualmente immaginare più “voci” per la sapiente contrapposizione dei registri estremi, gravi e acuti, dello strumento.
E’ presumibilmente per un certo Johann Heinrich Freytag, prima parte alla corte di Köthen, che Bach compose il corpus di opere per flauto che è giunto sino a noi, compiendo una di quelle piccole rivoluzioni strumentali e di stile che sono rimaste nella storia della musica. Tutte queste pagine, infatti, furono create per l’emergente flauto traverso, il cosiddetto (in tedesco) Querflöte, che si affacciava proprio allora, intorno al 1716, nell’orchestra di corte come strumento stabile. Dunque, si può dire che Bach, invece di affidarsi alla versione del flauto dal taglio diritto – quello che noi chiamiamo flauto dolce, gli inglesi “recorder”, e i tedeschi “Blockflöte”, già ampiamente diffuso nel Rinascimento e protagonista del florilegio strumentale nell’epoca barocca, si convinse a scrivere, con una visione anche parecchio d’avanguardia e con piglio sperimentativo, allo strumento nuovo che si stava affermando, il traversiere, consolidando il suo repertorio sterminato.
Il Bach sperimentatore del flauto traverso, dunque, realizzò in quegli anni, approssimativamente dal 1720 al 1735, una serie di gioielli cameristici, per la precisione nove composizioni: quattro Sonate per flauto e cembalo obbligato, tre Sonate per flauto e basso continuo, una Sonata per due flauti e continuo e una Partita per flauto solo. Al di là dell’importanza data dal compositore a uno strumento per quei tempi emergente, e dunque al lavoro di arricchimento del repertorio con pezzi che sono tutti capolavori, c’è un elemento che accomuna l’intera serie, e cioè come scrive Alberto Basso «l’arte di abbellire la melodia che si afferma chiaramente in queste pagine, anche se artifici ed effetti spettacolari non sono elementi esteriori di sovrapposizione o di alterazione della linea melodica; al contrario, ne costituiscono l’ossatura, la stessa ragion d’essere e insieme ne sottolineano la natura “vocalistica”, la sapiente applicazione dell’arte del cantabile a strumenti melodici».
E’ questa cantabilità spontanea, irresistibile e capace di averla vinta sullo scorrere dei secoli, apparentemente neutra e adamantina, che infonde energia a ogni ascolto. Esattamente come accade, restando con Bach, durante un’esecuzione delle Sonate e Partite per violino, o delle Suite per violoncello solo, o del Clavicembalo ben temperato: più si arriva in alto nell’esperienza della fruizione, che nel caso di Bach coincide proprio con le sommità solistiche della musica strumentale, più si sente scorrere (ovviamente lasciandosi “abitare” da una disciplina di ascolto) nella propria percezione sensoriale, addirittura fisicamente nel proprio organismo, un benessere palpabile, come una linfa rigeneratrice, forse per il rilascio di sostanze lenitive dello stress che agiscono sul cervello e abbandonano a uno stato di serenità.
L’intera Partita BWV 1013 lascia attoniti per la capacità di liberare “endorfine” musicali che incantano l’ascoltatore. La composizione è strutturata in quattro movimenti, tutti di notevole bellezza. Noi vi presentiamo qui la seconda parte, la Courante. Si tratta in pratica di una suite, anche se l’ultimo movimento è una Bourrée Angloise, piuttosto insolita come conclusione di questa forma stilistica. E ancora una volta, secondo l’analisi di Basso, massimo studioso bachiano, «si deve sottolineare che l’organizzazione del pensiero musicale attorno alle possibilità tecniche offerte dallo strumento (appunto la novità dell’epoca, il flauto traverso, N.d.R.) non si contrae in un semplice decorativismo, ma le ragioni dell’esuberante fantasia bachiana e del suo miracoloso razionalismo sono fatte valere assecondando i riflessi di una sensibilità espressiva magistrale».
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
Complete Sonatas and Partitas for Transverse Flute
Frans Brüggen, blockflöte; Gustav Leonhardt, cembalo; Anner Bylsma, barockvioloncello (RCA Victor)
2) Johann Sebastian Bach
The Flute Sonatas
Stephen Preston, flauto barocco; Trevor Pinnok, clavicembalo; Jordi Savall, viola da gamba (CRD Records, disponibile anche su iTunes e Google Play Music)
3) Georg Philipp Telemann
Flute Concertos
Emmanuel Pahud, flauto; Berliner Barock Solisten (Warner Classics, disponibile anche su iTunes e Google Play Music)