Chi era Theodor Billroth? Un medico chirurgo, musicista amatoriale, e un apprezzato e temuto critico. Ma non era un medico qualsiasi, nel suo campo era un “grande”: ancora oggi molti interventi chirurgici riguardanti la resezione gastrica portano il suo nome. Per Billroth la musica era, insieme con la sua professione, la più grande felicità della vita: scienza e umanesimo, medicina e arte. Conobbe Brahms nel 1865 e rimasero profondi amici per sempre. Un’amicizia davvero particolare, potremmo dire invidiabile, soprattutto per Billroth: perché Brahms amava molto le recensioni musicali e le critiche del suo “caro Theodor” che, come ricorda il musicologo Enzo Restagno nella prefazione all’epistolario, «viveva un rapporto straordinario ed esclusivo con la musica del genio di Amburgo, e questo rapporto lo viveva privatamente, davanti al pianoforte, decifrando le opere dell’amico compositore ancora manoscritte: Brahms gli mandava, a mano a mano che li componeva, i fogli con le parti dei nuovi lavori, e questo privilegio, davvero raro, per trent’anni è toccato a lui soltanto».
In una lettera del 1881 Brahms scrive a Billroth: «Caro amico, ti mando un paio di piccoli pezzi per pianoforte, ma ti prego di non mostrarli a nessuno, e di rimandarmeli quanto più presto possibile a Pressbaum. Nel caso ti interessino e se puoi farti un’idea di queste righe tracciate male e in maniera piuttosto approssimativa, allora forse potrai dirmi qualcosa in proposito. Diversamente dovrai avere pazienza finché sia possibile vederli di nuovo scritti meglio. Tuo, J. Br.».
Questi “piccoli pezzi per pianoforte”, queste “righe tracciate male” erano in realtà il secondo Concerto per pianoforte e orchestra Op. 83. In un’altra lettera Brahms precisa: «Ora siedo qui, con il neonato sulle ginocchia, e non c’è nessuno che lo allatti e ci giochi. Anche uno Scherzo vi è di troppo, tale è la delicatezza, il profumo… Con questo pezzo ho voluto mostrare come l’artista debba raschiarsi di dosso tutte le passioni, per poter sciamare nell’etere più puro… Un piccolissimo concerto per pianoforte, con un piccolo Scherzo».
Un capolavoro immenso che vi donerà energia, forza, vitalità, dinamismo, passione, voglia di vivere. Il Concerto Op. 83 No. 2 (Brahms ne aveva già scritto uno, a 25 anni, totalmente diverso), per l’imponente impianto sinfonico, per il virtuosismo che la pagina richiede agli interpreti – nell’Allegro non troppo iniziale, per esempio, il solista deve superare alcune delle difficoltà tecniche più ardue della letteratura per pianoforte – e per i colori dei timbri strumentali che Brahms ha voluto, è senza dubbio un “classico” tra i più eseguiti nelle sale di tutto il mondo, molto inciso, disponibile in più versioni tutte sfavillanti con accoppiate storiche, una su tutte questa che vi proponiamo nel video di YouTube, registrata al Festival Proms di Londra, sul podio Bernard Haitink e alla tastiera il grande Emanuel Ax, che partecipa alla concertazione con piglio quasi direttoriale.
E se, come avevamo già scritto in una precedente puntata, il Quintetto per pianoforte è considerato il pezzo di musica da camera più maestoso di Johannes Brahms, più incisivo nelle tinte drammatiche dei suoi contrasti timbrici e sonori, questo secondo Concerto per pianoforte è senza dubbio altrettanto grandioso ed epico, con i corni che incidono il materiale orchestrale sin dalle prime battute della partitura, presentando un tema trasognato che ci porta immediatamente fra le cime delle Alpi svizzere e austriache, dove il compositore amava trascorrere le sue estati per scrivere la musica da eseguire, o far eseguire, poi d’inverno a Vienna o nella vicina Ungheria. Quello che incanta da subito, grazie al suono carezzevole dei corni, è dunque il “Brahms dei ghiacciai”, della malinconica solitudine delle sue vette; e secondo il collaudatissimo schema “estate per la composizione e inverno per l’esecuzione”, il Secondo concerto op. 83 venne eseguito la prima volta a Budapest il 9 novembre 1881 sotto la direzione di Sandor Erkel e con lo stesso Brahms al pianoforte. Grande e immediato successo di pubblico, che si estese in breve tempo nei Paesi di lingua e cultura tedesca.
Il Concerto per pianoforte Op. 83, contrariamente alla norma delle forme costruttive, è articolato in quattro tempi invece dei tre tradizionali, e presenta dimensioni più maestose rispetto a quelle di qualsiasi altro concerto solistico precedente, anche dei cinque concerti pianistici beethoveniani. Il primo movimento è appunto l’Allegro non troppo, annunciato con nostalgia dai corni e che segna tutta l’atmosfera della composizione, dove il solista e l’orchestra si rincorrono in un crescendo di emozioni melodiche, timbriche e sonore. Il primo tema è distribuito fra i corni e il pianoforte, ai quali si aggiungono poi i legni e gli archi. Ma nonostante il protagonismo virtuosistico del pianoforte, non mancano in questo primo movimento quegli squarci di meraviglia improvvisa ai quali siamo abituati nel Brahms cameristico: per esempio, quando dopo una cadenza del pianoforte che (in questo video) inizia al minuto 0:39, e dopo una vigorosa ripresa orchestrale al minuto 1:37, il lirismo più accecante di Brahms si svela al minuto 2:23 con sonorità quasi quartettistiche, liberando al minuto 2:41 una frase melodica di intensa malinconia e bellezza.
Il secondo movimento è invece un Allegro appassionato, ed essendo come abbiamo detto l’intero lavoro in quattro tempi, è stato pensato da Brahms un po’ come uno Scherzo sinfonico, tanto che qualche musicologo lo paragona a una “sinfonia concertante”. È costruito su uno dei temi più appassionati che Brahms abbia mai scritto, immediatamente messo in mostra dal dialogo pianoforte-orchestra nelle primissime battute (minuto 18:14). Questo fuoco compositivo si spegne nell’Andante successivo, la parte di Concerto più intima e cantabile, una pagina intensamente romantica (ricordiamo che Brahms portò a termine la lunga parabola del romanticismo musicale tedesco, tenendosi volutamente lontano, il più lontano possibile, dalla scuola “neotedesca” di Liszt e Wagner): qui il virtuosismo pianistico, tranne un episodio centrale, si placa e l’orchestra prende il sopravvento e la guida delle emozioni. Questo terzo movimento ha un unico tema melodico, proposto dal violoncello solo: dapprima con una linea espressiva elementare, poi nella forma della variazione, arte nella quale Brahms era davvero maestro (basta ricordare le stupende “Variazioni su un tema di Haydn”).
Il finale, Allegretto grazioso, è una pagina gioiosa, di impronta brillante, con sconfinamenti nel “divertimento”, in cui il compositore ritrova smalto, ottimismo e la forza di uscire dal suo “nido” di malinconia e lirismo, cioè dalla sua (non sempre accettata) solitudine, cifra esistenziale di tutta la sua vita. E lo dimostra il fatto che nel finale di questo concerto, come in quello per violino e orchestra Op. 77, è notevole l’influenza stilistica della musica viennese e tzigana, che si riconosce limpidamente nelle melodie danzanti, particolarmente amate da Brahms, quelle che allietavano le sue serate con gli amici al Prater e nei caffè della capitale austriaca.
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
The Piano Concertos Nos. 1 & 2
Berliner Philharmoniker
Emil Gilels, pianoforte; Eugene Jochum, direttore (Deutsche Grammophon, disponibile anche su iTunes e Google Play Music)
2) Johannes Brahms
Piano Concerto No. 2
Boston Symphony Orchestra
Emanuel Ax, pianoforte; Bernard Haitink, direttore
(Sony Music, disponibile anche su iTunes e Google Play Music)
3) Johannes Brahms
The Piano Concertos
Handel and Haydn Variations
Royal Concertgebouw Orchestra
Vladimir Askenazy, pianoforte; Bernard Haitink, direttore (Decca, disponibile anche su iTunes e Google Play Music)