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Vestibolite e vaginismo: ragazze, siate delle guerriere!

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31/05/2013

Le vostre lettere alla nostra redazione

Non sarà facile. Se siete all’inizio del vostro percorso di cura vi do un consiglio: credete in voi stesse e soprattutto trovate una motivazione. Qualcosa che vi faccia venire voglia di vivere, e aggrappatevici con tutte le vostre forze. Seguite alla lettera quello che dovete fare. Se volete guarire, è l’unica soluzione. Ragazze, siate delle guerriere! Andate dritte per la vostra strada e non arrendetevi mai.
Il mio problema è iniziato cinque anni fa. I rapporti, sin dall’inizio, erano sempre stati dolorosissimi, e sempre seguiti da forti cistiti emorragiche. A seguito di una di queste cistiti la ginecologa da cui ero in cura, senza nemmeno visitarmi, mi diede un antibiotico, evidentemente troppo blando per l’infezione in corso perché, non appena finivo la cura, la cistite tornava... Finché non finii al pronto soccorso con una pielonefrite. Mi prescrissero un ciclo di antibiotici, questa volta molto più forti, per dieci giorni. Presa completamente dal panico, anche perché i dolori ai rapporti continuavano ed erano sempre più forti, cambiai medico, e andai da una ginecologa consigliata da un’amica: disastro, nessun risultato.
Decisi allora di cercare qualcuno di più competente, e chi meglio di un ginecologo primario? Questo medico mi sottopose a una serie di esami, pap test e tamponi: tutto negativo. Dolore ai rapporti, secchezza, cistiti, antibiotici però continuavano. In più era arrivata anche la candida: le mie difese immunitarie bombardate da continue medicine (la cistite era mensile) erano pressoché inesistenti e l’infiammazione sempre più acuta.
Non solo: la vergogna e i sensi di colpa stavano uscendo allo scoperto con tutta la prepotenza possibile. Fare l’amore con il mio fidanzato era l’ultima cosa che volevo… sapevo esattamente il percorso che mi avrebbe aspettato. Ed ecco quindi che arrivavano anche l’ansia e la disperazione. Nessuno riusciva a capire quanto mi sentissi sbagliata e morta dentro e nessuno riusciva ad aiutarmi, nessuno sapeva cosa fare. Mi ricordo perfettamente che durante una visita, il primario di ginecologia si era accorto dell’ipertono muscolare della mia vagina. Alla mia richiesta di fare qualcosa per migliorare la situazione, la sua risposta fu: «Signorina, ma non vorrà mica avere la vagina di una cinquantenne?». Quella risposta, così poco professionale e poco umana, mi gettò nello sconforto più totale. Per tutto quel periodo mi sono sentita dire che il mio dolore non era reale, e che era solo frutto della tensione. No ragazze, no! Il dolore è reale!
Lì, in quel momento, ho capito che non potevo e non volevo arrendermi. Il mio problema era vero e non era solo nella mia testa. Non sapendo più a chi chiedere, iniziai a cercare sul web e su Wikipedia trovai un collegamento al sito della Fondazione Graziottin. Iniziai a leggere gli articoli e le testimonianze, e le lacrime iniziarono a scendere. Sentii una luce nello stomaco: era speranza. Forse ero riuscita a trovare qualcuno che poteva davvero aiutarmi.
Presi un appuntamento dalla professoressa Graziottin. Prima visita, diagnosi immediata: vestibolite vulvare e vaginismo. Capii che avevo davanti un medico che sapeva esattamente di cosa stava parlando, ma che soprattutto mi proponeva una cura! Senza mezzi termini mi spiegò che se volevo guarire dovevo essere “tedesca”, dovevo seguire alla lettera le sue indicazioni.
Così iniziai la terapia, modificando i miei stili di vita: niente rapporti, niente lieviti, niente zuccheri, niente pantaloni attillati… Prendevo con regolarità le medicine prescritte e dopo qualche mese percepii che l’infiammazione iniziava ad attenuarsi. Ma il precedente ritardo nella diagnosi avrebbe comportato un periodo di riabilitazione molto lungo, a livello fisico e psicologico. Mi ricordo che durante una visita, la professoressa mi disse: «Se ti rompi un ginocchio, non puoi camminare dopo una settimana. Hai bisogno di fisioterapia e di tempo. Devi dare tempo al tuo corpo, ci sono tempi che non possiamo forzare». Esempio chiaro, semplice, ed efficace. Compresi ancora una volta che il medico che avevo incontrato sapeva cosa stava facendo e mi stava aiutando concretamente.
Fissai così una serie di sedute di fisioterapia, una a settimana, e piano piano, iniziai a sentire dei cambiamenti. In parallelo, per dare un’accelerata alla mia guarigione, decisi di recarmi a Verona per un’iniezione di tossina botulinica. Risultato: molto meglio. Incominciai poi anche una psicoterapia, per gestire l’ansia e l’insicurezza che questo problema mi aveva causato.
Non era ancora finita però. Il mio imene non si era mai rotto del tutto, era fibroso e questo, unitamente a un muscolo non completamente rilassato, non aiutava il processo di guarigione. Procedemmo quindi con un’imenotomia. Risultato: sempre meglio.
Adesso dopo tre anni di terapia posso finalmente dire di stare bene: ce l’ho fatta! Ringrazio la mia mamma e il mio papà che mi hanno capito e appoggiato sempre, e ringrazio anche il mio fidanzato di allora, solo lui sa fino in fondo cosa abbiamo affrontato. Ma soprattutto ringrazio il cielo di aver incontrato la mia Prof, senza di lei non so davvero come avrei fatto.
Mara D.
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