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Gli animali, nostri compagni di viaggio

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03/09/2008

Tratto da:
Enzo Bianchi, Uomini, animali e piante, Edizioni Qiqajon, Monastero di Bose, Magnano (BI), 2008, p. 10-13

Guida alla lettura

Gli animali ci tengono compagnia, ci consolano nella sofferenza, ci allietano con la loro bellezza, ci aiutano nel lavoro. Eppure la storia umana è contrassegnata da abusi e maltrattamenti nei loro confronti: anche oggi, anche (e forse soprattutto) nei civilissimi Paesi occidentali. Un’insensibilità formatasi anche a causa di una lettura a-cosmica e radicalmente antropocentrica dei racconti biblici della creazione e del mandato con cui Dio affidò all’uomo la missione di “soggiogare” la terra. Un’interpretazione che il cristianesimo occidentale ha fatto propria soprattutto nel secondo millennio, finendo per avallare la tesi secondo cui la natura non è altro che uno strumento asservito ai nostri scopi. A questa tradizione culturale si aggiunge oggi una deriva dei valori che sembra travolgere ogni dimensione della vita, e che infligge – nell’indifferenza quasi generale – sofferenze inutili e crudeli anche a tanti animali.
Di fronte a questo triste declino è urgente ripensare la posizione dell’uomo nel mondo. Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità monastica di Bose, ci offre in questo senso una traccia di riflessione limpidissima e vibrante, solidamente radicata in una lettura davvero sapienziale del testo sacro: Dio si prende cura degli animali, noi non siamo padroni della loro vita, e anzi dovremmo saper riconoscere in essi dei compagni di viaggio, nella commossa certezza che la vita piena, il giorno che non tramonta – in cui «non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno» (Ap 21,4) – sono promessi a tutte le creature dell’universo.
L’uomo non esiste senza il “suo” mondo, e il mondo esiste, per volontà di Dio, come luogo, casa, dimora dell’uomo, degli animali e di tutte le creature.
Quanto poi ai verbi che conferiscono all’uomo un mandato sulla terra – normalmente tradotti: «Soggiogate la terra e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gen 1,28) –, occorre comprenderli bene: l’uomo deve essere fecondo, lottare contro la morte affermando la vita, deve occupare e abitare lo spazio terrestre; ma questo riempire la terra non può significare calpestarla. Come Israele nei confronti della terra promessa, egli deve popolarla, abitarla in un rapporto pieno, cioè possedendola, coltivandola e custodendola. Questo dunque il senso del verbo kavash: non tanto “soggiogare”, quanto piuttosto possedere la terra in un rapporto amoroso, armonioso e ordinato. Quanto al verbo tradotto usualmente con “dominare”, radah, si ricordi che esso indica reggere, guidare, pascolare, con un’azione che è quella del re e del pastore capace di governare sostenendo e custodendo lo shalom, la vita piena nella pace.
Insomma, all’uomo non è dato un potere oppressivo, arbitrario, assoluto, vendicativo, né è data facoltà di sfruttamento della terra e degli animali. L’uomo è signore del mondo (cf. Sal 8), ma lo è come mandatario di Dio che vide ciò che aveva creato come «buono e bello» (Gen 1,25): l’uomo mantenga dunque e rafforzi questa bontà! Per questo – particolare che pochissimi cristiani ricordano – all’uomo inizialmente non è concesso di cibarsi uccidendo gli animali: per nutrirsi farà ricorso alle piante erbacee che hanno un fusto che culmina con un seme, cioè i cereali e i alberi da frutto, mentre l’erba è per il pascolo e il nutrimento degli animali (cf. Gen 1,29).
Gli esseri che hanno nefesh, vita con sangue, non possono servire da cibo agli uomini, perché nella volontà creatrice di Dio il cosmo vive di un rapporto basato sull’assoluto rispetto della vita. Si delinea qui la promessa del mondo voluto da Dio, il mondo secondo Dio, quel mondo che i profeti invocheranno e descriveranno come era messianica, un mondo riportato all’integrità... Sì, questo è il mondo voluto da Dio, ci dice il racconto di Genesi 1, ma per ora noi constatiamo un mondo abitato dal dolore, dalla sofferenza, dal male, dalla morte. In un mondo in cui sembrano regnare solo la violenza e l’aggressività, anche l’animale è concesso come cibo all’uomo (cf. Gen 9,3-4) ma questa è, appunto, una concessione, è il “male minore”, non l’intenzione, il télos supremo di Dio... Concessione transeunte, sempre e comunque contrassegnata dall’avvertimento di non mangiare il sangue (cf. Gen 9,4): ciò indica che l’uomo non è padrone della vita animale.
L’astensione dal sangue, praticata tuttora dagli ebrei, sarebbe in realtà un obbligo ancora vigente anche per i cristiani, secondo le decisioni dell’assemblea degli apostoli a Gerusalemme nel 50 d.C. circa (cf. At 15,20); ma questa non osservanza mostra da parte della “cultura” dei cristiani una sordità verso la vita degli animali, che stride con l’ossessiva attenzione talora riservata dai cristiani stessi alla vita umana...
Sì, nell’intenzione di Dio il mondo era armonia, pace e solidarietà tra co-creature, ma quel che è stato ed è contraddice questa intenzione... Permane però immutata la volontà di Dio, la sua alleanza con gli uomini e con tutti gli esseri viventi, uccelli, bestiame e bestie selvatiche, e Dio la riconferma come scopo e télos della storia: «In quel tempo farò per loro un’alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo: arco e spada e guerra eliminerò dal paese» (Os 2,20).
In attesa di quel giorno, mentre vediamo un animale soffrire, il nostro cane morire, gli uccelli sul davanzale che mangiano le briciole del nostro pane, dobbiamo credere che Dio «si dà pensiero» degli animali (cf. Mt 6,26; Lc 12,24; 1Cor 9,9); che Dio ha pietà degli animali presenti nella Ninive che è questo mondo (cf. Gn 4,10-11); che Dio dà loro il cibo nel tempo opportuno perché si sazino (cf. Sal 104,27-28). Davvero, noi uomini dovremmo saper riconoscere negli animali dei “compagni di viaggio”. L’immagine biblica di Tobia che parte per un lungo viaggio accompagnato da un angelo e dal suo cane (cf. Tb 6,1; 11,4) è parabola del nostro cammino sulla terra, durante il quale gli animali, non solo gli “angeli custodi” o – ma non sempre è dato! – gli altri uomini, ci sono compagni. Gli animali sono una presenza, e spesso, soprattutto per le persone più povere e semplici, sono aiuto, compagnia e consolazione: gli animali sono compagni di viaggio degli uomini...
E poi si dovrebbe ammettere che anche gli animali partecipano alla lode di Dio e alla supplica a Dio. Basta guardare negli occhi un animale ferito per scorgervi il suo bisogno di salvezza, basta ascoltare il suo canto gioioso o il suo grido vittorioso per riconoscervi una lode a Dio: se ci sarà salvezza, dovrà esserci per tutto e per tutti, anche per gli animali, anche per i vegetali, per il cosmo intero!

Biografia

Enzo Bianchi nasce a Castel Boglione, in provincia di Asti, il 3 marzo 1943. Dopo gli studi alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, nel 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità. È tuttora priore della comunità, che conta un’ottantina di membri tra fratelli e sorelle di sei diverse nazionalità ed è presente, oltre che a Bose, anche a Gerusalemme (Israele) e Ostuni (Brindisi).
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2008 è stato invitato, in qualità di “esperto”, alla XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.
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