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Insieme viviamo e insieme ci salviamo: per un nuovo rapporto con piante e animali

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Insieme viviamo e insieme ci salviamo: per un nuovo rapporto con piante e animali
16/03/2022

Tratto da:
Enzo Bianchi, L’uomo che parla alle querce, La Repubblica, 27 settembre 2021

Guida alla lettura

In questo articolo Enzo Bianchi ritorna su un tema che gli è profondamente caro: il comune destino di tutti gli esseri viventi, la dignità di tutte le creature, l’urgente necessità di un rapporto fra uomo e natura improntato a rispetto e accoglienza, non più a sopraffazione e rapina. Tornano alla memoria altre riflessioni di Bianchi, documentate nelle pagine di questo sito: «Non ci rendiamo conto che la natura e l’ambiente non sono nostra proprietà né sono un luogo di risorse a nostra totale e arbitraria disposizione»; «Riempire la terra non può significare calpestarla»; «L’uomo non è padrone della vita animale». E quella immagine ricorrente degli animali come “compagni di viaggio”, di un viaggio spesso attraversato dalla sofferenza, ma anche sorretto dalla speranza. Posizioni in piena sintonia con quelle di Paolo Ricca, teologo della Chiesa Evangelica Valdese, che sulla scorta di una meticolosa analisi del testo biblico afferma che uomini e animali saranno chiamati, dopo questa vita, a una nuova esistenza insieme: luminosa, trasparente, felice.
La posizione di Enzo Bianchi è tanto rigorosa quanto coraggiosa, sia perché mette in discussione tesi autorevoli vecchie di secoli (si pensi solo a Tommaso d’Aquino, per il quale piante e animali sono «servi secondo natura, fatti per l’uso da parte degli uomini»), sia perché non manca chi, ancora oggi, anche nella compagine delle religioni, insiste nel sostenere una superiorità umana che si fa abuso, arroganza, sopruso. La sensibilità al tema del recupero di un rapporto equilibrato con la natura è sempre più diffusa, ma non meno forti sono le resistenze a questo cambiamento di mentalità, e non soltanto per motivi di interesse economico.
«Tutti insieme viviamo e tutti insieme ci salviamo», conclude Bianchi. Mai come oggi questa affermazione è suonata vera alla nostra coscienza: come in questo presente abitato dalla malattia, dalla guerra, dall’estinzione delle specie, dall’esaurimento delle risorse, dalla distruzione di mari e foreste. Nelle immagini che in questi giorni ci giungono dal conflitto in Ucraina, colpisce che la gente fugga con poche cose, talvolta con nulla, ma spesso con trasportini e gabbiette per gli amati animali di casa. Una donna ha percorso chilometri con l’anziano cane in spalla per raggiungere il confine con la Polonia: «Non potevo abbandonare il mio Pulya», ha detto a chi infine li ha accolti. Il quotidiano Avvenire ha commentato: «Mai nella storia si è visto un popolo in fuga con così tanti animali». Immagini vive di un destino comune, più eloquenti delle parole: testimonianza tenera e atroce di un amore che non si arrende nemmeno alle bombe.

La parola dell'autore

Sovente la tradizione ebraico-cristiana è accusata di un esagerato antropocentrismo, le cui vittime sono non solo gli animali ma in definitiva tutta la terra, sulla quale l’umanità ha agito e continua ad agire da padrona assoluta e orgogliosa, nella persuasione che la sua vocazione sia quella di dominare e soggiogare il mondo.
D’altronde, una certa lettura della Genesi, prologo della nostra civiltà occidentale, per secoli ha autorizzato l’uomo a dirsi culmine della creazione, re e signore, la cui missione sarebbe quella di dominare su tutte le altre creature. Soprattutto il cristianesimo del secondo millennio ha coltivato di conseguenza una fede acosmica e ha concepito la natura, i vegetali e gli animali, come il contesto della sua affermazione e lo scenario per l’esercizio del suo dominio. L’attenzione dunque si è focalizzata solo sull’uomo, perché ciò che conta è la sua vocazione, il suo destino e la sua salvezza.
Tommaso d’Aquino attesta: «Gli animali e le piante non hanno una vita razionale… conoscono solo impulsi… sono dunque radicalmente servi, servi secondo natura, fatti per l’uso da parte degli uomini». Per Cartesio, gli animali sono “macchine”, ma sarà Schopenhauer per primo a denunciare che «per il cristianesimo è stato un errore fondamentale e assolutamente inspiegabile aver separato l’uomo dal mondo degli animali al quale appartiene, considerando gli animali soltanto come cose».
Le ragioni di questo esito sono tante, dalla paura del panteismo alla volontà di demitizzare e desacralizzare ogni creatura, ma così sono state depotenziate le responsabilità e la custodia della terra, vera madre misconosciuta da parte dei terrestri.
In verità, la Bibbia contiene anche altri messaggi che non sono stati decodificati dai racconti mitici o dalla sapienza d’Israele. Proprio il messaggio biblico pone l’uomo, fin dall’inizio del mondo, in una comunità di creature, come co-creatura che condivide con gli animali la somiglianza, la solidarietà, lo stesso spazio, la sofferenza, il destino e il ritorno alla terra. L’uomo non esiste senza il “suo” mondo e il mondo esiste come luogo e dimora dell’uomo, degli animali e di tutte le creatura vegetali e minerali. Perciò l’uomo ha la vocazione ad essere responsabile di tutte le creature e della loro vita, essere il loro custode, rispettandole e mai dominandole o tantomeno sfruttandole. Né gli è stata dato nessun potere arbitrario, oppressivo e assoluto, né facoltà di sfruttamento della terra. Anche quando all’uomo è concesso di cibarsi della carne degli animali, lo potrà fare nel rispetto della vita, non cibandosi mai del sangue (kasher) che deve essere restituito alla terra, in attesa del regno messianico in cui non ci saranno più violenza e ferite alla vita. Mangiare kasher è riconoscere che anche della vita degli animali non si è padroni.
Il mondo ha bisogno di rispetto e di solidarietà tra co-creature, anche se quello che vediamo quotidianamente è una contraddizione a questo sogno, a questa speranza. Resto convinto che noi dobbiamo oggi più di ieri esercitarci alla conoscenza di tutti gli esseri, imparare la “physikè theoría”, la contemplazione della natura e anche quello sguardo che sa vedere come tutti insieme viviamo e tutti insieme ci salviamo. Se per paura dell’idolatria panteista abbiamo desacralizzato la natura, il Vangelo ci dice che la nostra speranza è in una compassione cosmica e in una comunione universale. Questo significa che umani, animali, vegetali e tutta la terra hanno una vocazione alla vita e una dignità che deve essere riconosciuta, nella consapevolezza che noi umani siamo responsabili delle creature, le creature invece non possono essere responsabili per noi e di noi. In questo mondo siamo soltanto inquilini e non padroni! E gli animali sono nostri compagni di viaggio. Perché sono rarissimi quelli che, come Francesco d’Assisi, sanno parlare agli uccelli, ai fiori e alle querce?

Biografia

Enzo Bianchi nasce a Castel Boglione, in provincia di Asti, il 3 marzo 1943. Dopo gli studi alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, nel 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità. E’ stato priore dalla fondazione del monastero sino al 25 gennaio 2017: gli è succeduto Luciano Manicardi, poi sostituito, nel gennaio 2022, da Sabino Chialà.
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro “Il pane di ieri”.
Ha partecipato come “esperto” nominato da Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla “Parola di Dio” (ottobre 2008) e sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (ottobre 2012).
Il 22 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Parole chiave di questo articolo
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