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Bertolt Brecht: il prezzo della verità

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Bertolt Brecht: il prezzo della verità
10/11/2021

Tratto da:
Bertolt Brecht, Il rogo dei libri (Die Bücherverbrennung)
In: Poesie, Einaudi, a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi, 2014

Guida alla lettura

Iniziamo oggi un ciclo di tre liriche di Bertolt Brecht che dedichiamo alla battaglia che ciascuno di noi deve condurre, ogni giorno, per affermare le ragioni della coerenza, contro ogni offesa alla dignità del vivere e alle esigenze, mai sopite, della cultura.
Questa prima, potente composizione fa parte delle “Poesie di Svendborg”, una raccolta che Brecht approntò durante l’esilio danese: e fa riferimento ai roghi di libri che il nazismo impose per cancellare la testimonianza e il ricordo degli scrittori scomodi al regime. Il primo episodio su larga scala risale alla sera del 10 maggio 1933, quando a Berlino, in Bebelplatz, furono dati alle fiamme oltre 20.000 libri. Oggi, in ricordo del rogo, troviamo l’eloquente memoriale sotterraneo realizzato nel 1995 dall’artista israeliano Micha Ullman, e riprodotto in questa pagina: tanti scaffali vuoti, una libreria abbandonata e avvolta in una luce fredda e sinistra.
Brecht affronta la questione da un punto di vista molto originale, e tale da scuotere doppiamente le nostre coscienze: non il grido di dolore degli scrittori condannati all’oblio, ma quello, energico e senza compromessi, dell’unico scampato all’autodafé, per fatale dimenticanza degli aguzzini. L’essere sopravvissuto potrebbe diventare, paradossalmente, segnale di connivenza con il tiranno; condividere il rogo, al contrario, certifica la qualità e la verità di una vita dedicata alla cura poetica come espressione di un impegno a caro prezzo. Donde le ripetute esortazioni: «Bruciatemi!, bruciatemi!», «Questo torto non fatemelo!»; sino allo scatto finale, che davvero sfida la nostra capacità di resistenza emotiva: «Vi comando: bruciatemi!».
Due immagini dominano i versi della breve poesia: il fuoco nei suoi effetti distruttivi (ardere, bruciare); le ali e il volo, propri di chi sa esercitare il pensiero critico nella libertà, e che grazie a quella libertà sempre riconquistata vince le catene del presente, di un oggi che sembra inghiottire ogni cosa nella voragine del male, e procede alto, alla luce del sole.
Con le sue parole, Brecht interpella tutti noi: i giovani alla ricerca di un faro per il proprio viaggio nella vita; gli adulti, che quel faro spesso dimenticano per convenienza, o irriflessa negligenza; gli anziani, ai quali si pone l’urgenza di un bilancio e di un lascito. Ancora una volta, la sua poesia parla al nostro animo in modo diretto e senza residui, confermando come l’arte sia spesso la strada più vera per il confronto con la realtà.

Il testo

Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi
i libri di contenuto malefico e per ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta scoprì
– uno di quelli al bando, uno dei meglio – l’elenco
studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi
libri erano stati dimenticati. Corse
al suo scrittoio, alato d’ira, e scrisse ai potenti una lettera.
Bruciatemi!, scrisse di volo, bruciatemi!
Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi fuori! Che forse
la verità non l’ho sempre, nei libri miei, dichiarata? E ora voi
mi trattate come fossi un mentitore! Vi comando:
bruciatemi!

Als das Regime befahl, Bücher mit schädlichem Wissen
Öffentlich zu verbrennen, und allenthalben
Ochsen gezwungen wurden, Karren mit Büchern
Zu den Scheiterhaufen zu ziehen, entdeckte
Ein verjagter Dichter, einer der Besten, die Liste der
Verbrannten studierend, entsetzt, daß seine
Bücher vergessen waren. Er eilte zum Schreibtisch,
Zornbeflügelt, und schrieb einen Brief an die Machthaber.
Verbrennt mich, schrieb er mit fliegender Feder, Verbrennt mich!
Tut mir das nicht an! Laßt mich nicht übrig! Hab ich nicht
Immer die Wahrheit berichtet in meinen Büchern? Und jetzt
Werd ich von euch wie ein Lügner behandelt! Ich befehle euch:
Verbrennt mich!

Biografia

Il principale drammaturgo tedesco del Novecento, con un amore smisurato per il teatro. E poi anche un prolifico poeta, che inizia a scrivere liriche giovanissimo e smette solo pochi mesi prima di morire, all’Ospedale della Charité di Berlino. Bertolt Brecht nasce il 10 febbraio 1898 ad Augusta, in Germania, da una famiglia benestante: il padre è amministratore delegato in una cartiera. Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Monaco, anche se poi sceglie di passare a Medicina perché così era più facile evitare il servizio militare. A Monaco fa le prime esperienze teatrali, esibendosi come autore-attore. E nello stesso periodo inizia a pubblicare le prime poesie.
Critico nei confronti della società del tempo, Brecht aderisce al marxismo e nel 1933, il giorno dopo l'incendio del Reichstag, quando sale al potere il nazismo, lascia la Germania. Viaggia per 15 anni attraverso molti Paesi europei. Dopo brevi soste in Svizzera e Francia si stabilisce a Svendborg, in Danimarca. Nel 1935 è a Mosca, New York e Parigi. Dal 1939 al 1940, in Svezia. Quando i nazisti invadono la Danimarca, ripara in Finlandia e nel maggio 1941, poco prima dell’arrivo anche lì delle truppe tedesche, si rifugia ancora a Mosca e da qui, via Vladivostok, raggiunge in modo avventuroso gli Stati Uniti dove rimane sei anni, vivendo quasi isolato. Si mantiene progettando film per Hollywood. Collabora con il poeta Wystan Hugh Auden e il regista Fritz Lang.
La collezione “Poesie e frammenti 1913-1933” comprende poesie scritte prima dell’adesione al marxismo e liriche successive. Al primo periodo appartiene la poesia che abbiamo scelto per voi, “Il postero”, e altri versi ancora non ancora dichiaratamente politici, cioè più introspettivi, esistenziali, di riflessione sul proprio destino dal punto di vista sociale e umano, come un’altra lirica con la medesima cifra stilistica, dolorosa, anche drammaticamente pessimista, “Anche il cielo a volte sprofonda”:

Anche il cielo a volte sprofonda
e precipitano sulle terra le stelle.
Frantumeranno lei e noi insieme.
Sarà forse domani quel giorno.

Inquisito negli Stati Uniti per le sue polemiche politiche e sociali, nel 1948 torna in Europa. Berlino è già stata divisa e lui raggiunge Berlino Est, sotto il controllo sovietico, dove dà vita alla celebre compagnia teatrale Berliner Ensemble (1949). Vent’anni prima, nel 1928, come drammaturgo, aveva già raggiunto il successo con l’Opera da tre soldi, feroce satira della società borghese da cui lui stesso proveniva: una rappresentazione spettacolare, ricca di colpi di scena, con graffianti ballate scritte dal compositore Kurt Weill, una su tutte “Die Moritat von Mackie Messer”, tradotta in inglese come “Mack the Knife” (in italiano “La ballata di Mackie Messer”), canzone il cui testo è appunto di Bertolt Brecht.
Tra le sue altre opere teatrali vanno ricordate “Vita di Galileo” e “Madre Coraggio e i suoi figli” (1939). Nel lato poetico della sua attività di intellettuale ha finito per prendere il sopravvento, alla fine, il coté politico, di denuncia, dove la poesia critica la società borghese e le sue contraddizioni, la logica del profitto, per tentare di immaginare una società più giusta.
Brecht muore a Berlino il 14 agosto 1956, all'età di 58 anni, colpito da un infarto.

(Biografia a cura di Pino Pignatta)
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