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Di fronte alle forze del nulla: nessuna risposta, oltre la nostra

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Di fronte alle forze del nulla: nessuna risposta, oltre la nostra
02/02/2022

Tratto da:
Bertolt Brecht, Molti pensano (Viele sehen es so)
In: Poesie, Einaudi, a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi, 2014

Guida alla lettura

Terminiamo, dopo “Il rogo dei libri” e “Molti pensano”, il ciclo lirico dedicato a Bertolt Brecht sull’esigenza di combattere, ogni giorno, contro la violenza delle azioni, il livellamento in basso del linguaggio e del pensiero, la mortificazione della cultura e della speranza. Il trittico si completa: dopo la veemente aggressione del nulla, rappresentata dal rogo dei libri nella Germania nazista; dopo la chiamata a contribuire alla strada diritta, non per dare prova delle proprie forze ma semplicemente perché questo è inevitabile, anzi è l’unica cosa veramente inevitabile della nostra vita; viene il momento dell’apparente sconfitta, in cui le forze si affievoliscono e il nemico «ci sta innanzi più potente che mai», apparentemente invincibile.
Un momento che, prima o poi, attraversiamo tutti: nella vita delle nostre famiglie, nel lavoro, nello sfumare dei sogni, nel vederci invecchiare, nel salutare chi muore, nell’assistere a un declino collettivo che sembra inarrestabile, per la stanchezza dei vecchi, il disorientamento dei giovani, l’indurimento dei cuori, la crisi della scuola, l’eclisse del gusto. Brecht parla del grande nemico della sua epoca, la tirannide nel cuore dell’Europa: ma, come sempre accade ai poeti immensi, le parole che pronuncia descrivono con efficacia tutte le circostanze in cui il bene e il senso vengono contraddetti.
«Siamo dei sopravvissuti, respinti via dalla corrente?», chiede Brecht. Ma subito reagisce alla tentazione dell’autocommiserazione: la risposta può darla solo ciascuno noi, e questo significa che anche il segno di quella risposta dipende da noi. Se sarà resa, o resistenza, dipende solo da noi. Forse abbiamo commesso errori, forse abbiamo detto qualcosa di sbagliato, o di falso. Forse le nostre parole d’ordine (Parolen) non funzionano più: ma Parolen, in tedesco, significa innanzitutto slogan, e segnala dunque il rischio di un dire che si fa compiaciuto e superficiale, che si svuota dall’interno, che non spiega e non rimedia. Così questa poesia, che era iniziata con il dire una situazione disperata, si chiude con l’appello a un rispondere saldo, senza tentennamenti.
Ennesima gemma delle “Poesie di Svendborg”, scritte da Brecht durante l’esilio danese, questa lirica ci insegna a non arrenderci, ad esaminare criticamente le ragioni delle sconfitte, a non aggrapparci a parole non vissute, a non contare sulla buona sorte: ma a dare le risposte che i tempi esigono, ciascuno di noi nel proprio ambito di vita, di azione, di pensiero. Per cercare di non trovarci mai più «in una condizione più difficile di quando si era appena cominciato».

Il testo

Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.
E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può negarlo.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.

Du sagst:
Es steht schlecht um unsere Sache.
Die Finsternis nimmt zu. Die Kräfte nehmen ab.
Jetzt, nachdem wir so viele Jahre gearbeitet haben,
Sind wir in schwierigerer Lage als am Anfang.
Der Feind aber steht stärker da denn jemals.
Seine Kräfte scheinen gewachsen. Er hat ein unbesiegliches Aussehen angenommen.
Wir aber haben Fehler gemacht, es ist nicht mehr zu leugnen.
Unsere Zahl schwindet hin.
Unsere Parolen sind in Unordnung. Einen Teil unserer Wörter
Hat der Feind verdreht bis zur Unkenntlichkeit.
Was ist jetzt falsch von dem, was wir gesagt haben,
Einiges oder alles?
Auf wen rechnen wir noch? Sind wir Übriggebliebene, herausgeschleudert
Aus dem lebendigen Fluß? Werden wir zurückbleiben
Keinen mehr verstehend und von keinem verstanden?
Müssen wir Glück haben?
So fragst du. Erwarte
Keine andere Antwort als die deine!

Biografia

Il principale drammaturgo tedesco del Novecento, con un amore smisurato per il teatro. E poi anche un prolifico poeta, che inizia a scrivere liriche giovanissimo e smette solo pochi mesi prima di morire, all’Ospedale della Charité di Berlino. Bertolt Brecht nasce il 10 febbraio 1898 ad Augusta, in Germania, da una famiglia benestante: il padre è amministratore delegato in una cartiera. Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Monaco, anche se poi sceglie di passare a Medicina perché così era più facile evitare il servizio militare. A Monaco fa le prime esperienze teatrali, esibendosi come autore-attore. E nello stesso periodo inizia a pubblicare le prime poesie.
Critico nei confronti della società del tempo, Brecht aderisce al marxismo e nel 1933, il giorno dopo l'incendio del Reichstag, quando sale al potere il nazismo, lascia la Germania. Viaggia per 15 anni attraverso molti Paesi europei. Dopo brevi soste in Svizzera e Francia si stabilisce a Svendborg, in Danimarca. Nel 1935 è a Mosca, New York e Parigi. Dal 1939 al 1940, in Svezia. Quando i nazisti invadono la Danimarca, ripara in Finlandia e nel maggio 1941, poco prima dell’arrivo anche lì delle truppe tedesche, si rifugia ancora a Mosca e da qui, via Vladivostok, raggiunge in modo avventuroso gli Stati Uniti dove rimane sei anni, vivendo quasi isolato. Si mantiene progettando film per Hollywood. Collabora con il poeta Wystan Hugh Auden e il regista Fritz Lang.
La collezione “Poesie e frammenti 1913-1933” comprende poesie scritte prima dell’adesione al marxismo e liriche successive. Al primo periodo appartiene la poesia che abbiamo scelto per voi, “Il postero”, e altri versi ancora non ancora dichiaratamente politici, cioè più introspettivi, esistenziali, di riflessione sul proprio destino dal punto di vista sociale e umano, come un’altra lirica con la medesima cifra stilistica, dolorosa, anche drammaticamente pessimista, “Anche il cielo a volte sprofonda”:

Anche il cielo a volte sprofonda
e precipitano sulle terra le stelle.
Frantumeranno lei e noi insieme.
Sarà forse domani quel giorno.

Inquisito negli Stati Uniti per le sue polemiche politiche e sociali, nel 1948 torna in Europa. Berlino è già stata divisa e lui raggiunge Berlino Est, sotto il controllo sovietico, dove dà vita alla celebre compagnia teatrale Berliner Ensemble (1949). Vent’anni prima, nel 1928, come drammaturgo, aveva già raggiunto il successo con l’Opera da tre soldi, feroce satira della società borghese da cui lui stesso proveniva: una rappresentazione spettacolare, ricca di colpi di scena, con graffianti ballate scritte dal compositore Kurt Weill, una su tutte “Die Moritat von Mackie Messer”, tradotta in inglese come “Mack the Knife” (in italiano “La ballata di Mackie Messer”), canzone il cui testo è appunto di Bertolt Brecht.
Tra le sue altre opere teatrali vanno ricordate “Vita di Galileo” e “Madre Coraggio e i suoi figli” (1939). Nel lato poetico della sua attività di intellettuale ha finito per prendere il sopravvento, alla fine, il coté politico, di denuncia, dove la poesia critica la società borghese e le sue contraddizioni, la logica del profitto, per tentare di immaginare una società più giusta.
Brecht muore a Berlino il 14 agosto 1956, all'età di 58 anni, colpito da un infarto.

(Biografia a cura di Pino Pignatta)
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