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Il nulla, ultimo compagno della nostra vita

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19/08/2020

Tratto da:
Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi, a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi, 2014

Guida alla lettura

In questa breve e tormentata lirica, Bertolt Brecht spiega come gli errori che compiamo nel corso della vita, accumulandosi a poco a poco, si traducano nella fine irreversibile di ogni speranza, di ogni possibile sogno, al punto che solo il nulla ci diventa compagno. Non si tratta naturalmente dei piccoli errori quotidiani, ma dei grandi errori che facciamo quando ci troviamo a un bivio importante della nostra storia personale: gli studi da intraprendere, la professione da esercitare, le persone da amare, il rispetto dei nostri desideri più profondi. Chi non vede, chi non vuole vedere, conserva una parvenza di illusione: il poeta, reso sapiente dalla propria ispirazione, sa invece che non c’è riscatto dalla palude mortifera, dalla paralisi ultima del cuore e della volontà.
La morfologia della lingua tedesca asseconda in modo molto efficace il tono ultimativo della composizione, che viene così ad assumere la forza espressiva di un epitaffio. Dal punto di vista retorico, colpisce il ripetersi martellante del pronome in prima persona (ich, io) che sottolinea l’ergersi del poeta di fronte al nulla, il suo sapere esclusivo sul senso della vita, il suo distinguersi dagli altri – perché tutti gli altri sono ciechi – che ancora si illudono di poter contare su un’ultima possibilità, su un giorno ancora. Il titolo della lirica (Der Nachgeborene, Il postero) rafforza la sensazione di una verità che non può essere contraddetta: l’io parlante è colui che viene dopo, che sa l’esito ultimo dell’essere, che vede perché tutto è compiuto.
Al tempo stesso, il verbo che apre la lirica (gestehen, confessare) stempera la severità del poeta e ce ne restituisce un’immagine più vicina al dramma di ciascuno di noi: sapere che nella vita non esistono prove generali, non esistono repliche, non è cosa che si possa dire con orgoglio o tracotanza, ma confessando, come in un soffio, la triste consapevolezza che quel sapere comporta. Forse, alla fine, è meglio esser ciechi? Brecht non risponde, ma dalla sua produzione poetica e dalla sua stessa vita indoviniamo che la conoscenza sia sempre preferibile all’autoinganno, anche questo sembra lenire il male di vivere e alimentare, per un istante ancora, il falò delle nostre illusioni.
Lo confesso: io
non ho nessuna speranza.
I ciechi parlano di una via d’uscita. Io
ci vedo.
Quando gli errori sono esauriti
siede come ultimo compagno
di fronte a noi il nulla.

Ich gestehe es: ich
Habe keine Hoffnung.
Die Blinden reden von einem Ausweg. Ich
sehe.
Wenn die Irrtümer verbraucht sind
Sitzt als letzter Gesellschafter
Uns das Nichts gegenüber.

Biografia

Il principale drammaturgo tedesco del Novecento, con un amore smisurato per il teatro. E poi anche un prolifico poeta, che inizia a scrivere liriche giovanissimo e smette solo pochi mesi prima di morire, all’Ospedale della Charité di Berlino. Bertolt Brecht nasce il 10 febbraio 1898 ad Augusta, in Germania, da una famiglia benestante: il padre è amministratore delegato in una cartiera. Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Monaco, anche se poi sceglie di passare a Medicina perché così era più facile evitare il servizio militare. A Monaco fa le prime esperienze teatrali, esibendosi come autore-attore. E nello stesso periodo inizia a pubblicare le prime poesie.
Critico nei confronti della società del tempo, Brecht aderisce al marxismo e nel 1933, il giorno dopo l'incendio del Reichstag, quando sale al potere il nazismo, lascia la Germania. Viaggia per 15 anni attraverso molti Paesi europei. Dopo brevi soste in Svizzera e Francia si stabilisce a Svendborg, in Danimarca. Nel 1935 è a Mosca, New York e Parigi. Dal 1939 al 1940, in Svezia. Quando i nazisti invadono la Danimarca, ripara in Finlandia e nel maggio 1941, poco prima dell’arrivo anche lì delle truppe tedesche, si rifugia ancora a Mosca e da qui, via Vladivostok, raggiunge in modo avventuroso gli Stati Uniti dove rimane sei anni, vivendo quasi isolato. Si mantiene progettando film per Hollywood. Collabora con il poeta Wystan Hugh Auden e il regista Fritz Lang.
La collezione “Poesie e frammenti 1913-1933” comprende poesie scritte prima dell’adesione al marxismo e liriche successive. Al primo periodo appartiene la poesia che abbiamo scelto per voi, “Il postero”, e altri versi ancora non ancora dichiaratamente politici, cioè più introspettivi, esistenziali, di riflessione sul proprio destino dal punto di vista sociale e umano, come un’altra lirica con la medesima cifra stilistica, dolorosa, anche drammaticamente pessimista, “Anche il cielo a volte sprofonda”:

Anche il cielo a volte sprofonda
e precipitano sulle terra le stelle.
Frantumeranno lei e noi insieme.
Sarà forse domani quel giorno.

Inquisito negli Stati Uniti per le sue polemiche politiche e sociali, nel 1948 torna in Europa. Berlino è già stata divisa e lui raggiunge Berlino Est, sotto il controllo sovietico, dove dà vita alla celebre compagnia teatrale Berliner Ensemble (1949). Vent’anni prima, nel 1928, come drammaturgo, aveva già raggiunto il successo con l’Opera da tre soldi, feroce satira della società borghese da cui lui stesso proveniva: una rappresentazione spettacolare, ricca di colpi di scena, con graffianti ballate scritte dal compositore Kurt Weill, una su tutte “Die Moritat von Mackie Messer”, tradotta in inglese come “Mack the Knife” (in italiano “La ballata di Mackie Messer”), canzone il cui testo è appunto di Bertolt Brecht.
Tra le sue altre opere teatrali vanno ricordate “Vita di Galileo” e “Madre Coraggio e i suoi figli” (1939). Nel lato poetico della sua attività di intellettuale ha finito per prendere il sopravvento, alla fine, il coté politico, di denuncia, dove la poesia critica la società borghese e le sue contraddizioni, la logica del profitto, per tentare di immaginare una società più giusta.
Brecht muore a Berlino il 14 agosto 1956, all'età di 58 anni, colpito da un infarto.

(Biografia a cura di Pino Pignatta)
Bertolt Brecht
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