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La goccia nel fiume

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La goccia nel fiume
08/12/2021

Tratto da:
Bertolt Brecht, Molti pensano (Viele sehen es so)
In: Poesie, Einaudi, a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi, 2014

Guida alla lettura

Proseguiamo, dopo “Il rogo dei libri”, il ciclo lirico dedicato a Bertolt Brecht sulla quotidiana battaglia che ciascuno di noi è chiamato a condurre contro la superficialità e l’incoerenza, a favore della cultura e della “humanitas” nel suo senso più alto.
La struttura di questa nuova poesia è molto semplice. Al centro, il “noi” rappresentato da tutti coloro che per quelle ragioni combattono, spesso nel silenzio, quasi sempre nell’ostilità del mondo. Una prima quartina formula ciò che, del loro impegno, appare al sentire comune. Seguono sei versi che rettificano quella falsa opinione. Nell’ultimo distico, la rivelazione della verità di quel «darsi da fare»: aprire la strada alla goccia all’interno del fiume che, a propria volta, si apre la strada in mezzo alla pietraia.
Fuor di metafora: il nostro agire è come una goccia d’acqua, infinitamente piccolo e apparentemente inutile; ma insieme all’agire di altri, dà vita e corpo a un fiume che, poco per volta, scava nel deserto del pensiero, bonificandolo dalle fondamenta.
Tutto, a quel punto, si chiarisce: quello che ad altri può apparire una «faccenda peregrina», una «strana impresa», è in realtà una battaglia etica (la scelta della «strada diritta») condotta nella quotidianità (contro gli «ostacoli del giorno») e alimentata da «pensieri propizi» (scacciando quelli tristi della sfiducia e del fatalismo): ciò che per Bertolt Brecht non era solo un’opzione fra tante, ma l’«inevitabile» di una vita consapevole e non abbandonata alla casualità della sopravvivenza.
In pochi versi, Brecht ci dà tutto: il nome del pericolo, l’obiettivo dell’esistenza, il metodo del vivere – semplice e al tempo stesso esigente. Al centro, cardine e vaglio di ogni azione, quell’aggettivo sostantivato che suona come un avvertimento: l’inevitabile. A significare che dalla responsabilità di capire si può fuggire (e in effetti molti lo fanno), ma che il senso delle cose lo si afferra solo quando quella responsabilità viene assunta senza residui e senza compromessi: e non per titanismo, per «dare prova delle nostre forze», ma semplicemente perché non è possibile agire diversamente e sentirsi compiuti nella propria dignità.
Le donne e gli uomini grandi in spirito e volontà, i “giusti” celebrati in molte culture sono gli esempi più alti di questo rigore. Ma ne sono immagine anche le persone normali che incontriamo nel nostro cammino: i docenti generosi, i medici competenti, gli scrittori capaci di un sentire alto e bello, le madri e i padri che sanno insegnare ai propri figli la difficoltà e la bellezza della vita, i figli che non dimenticano le loro radici. Tutti noi possiamo far parte dello stuolo silenzioso che combatte con forza le ragioni del nulla, ed è questo che rende la responsabilità a cui siamo chiamati terribile e affascinante: l’inevitabile sollecita anche noi. La nostra risposta, il nostro contributo alla scelta, ogni giorno rinnovata, della «strada diritta» è ciò che rende importante e preziosa la nostra vita.

Il testo

Molti pensano che noi ci diamo da fare
nelle faccende più peregrine,
ci affatichiamo in strane imprese
per saggiare le nostre forze o per darne la prova.
Ma in realtà è più nel vero chi ci pensa
intenti semplicemente all’inevitabile:
scegliere la strada più diritta possibile, vincere
gli ostacoli del giorno, evitare i pensieri
che hanno avuto esiti cattivi, e scoprire
quelli propizi, in breve:
aprire la strada alla goccia nel fiume che si apre
la strada in mezzo alla pietraia.

Viele sehen es so, als drängten wir uns
Zu den abgelegensten Verrichtungen
Bemühten uns um seltene Aufträge
Unsere Kräfte zu erproben oder unter Beweis zu stellen –
Aber in Wirklichkeit sieht besser, wer
Uns einfach das Unvermeidliche tun sieht:
Möglichst gerade zu gehen, die Hindernisse des Tages
Zu überwinden, die Gedanken zu vermeiden, die
Schlimme Folgen gehabt haben, die günstigen
Ausfindig zu machen, eben:
Den Weg des Tropfens zu bahnen ihm Fluß, der sich
Durch das Geröll den Weg bahnt.

Biografia

Il principale drammaturgo tedesco del Novecento, con un amore smisurato per il teatro. E poi anche un prolifico poeta, che inizia a scrivere liriche giovanissimo e smette solo pochi mesi prima di morire, all’Ospedale della Charité di Berlino. Bertolt Brecht nasce il 10 febbraio 1898 ad Augusta, in Germania, da una famiglia benestante: il padre è amministratore delegato in una cartiera. Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Monaco, anche se poi sceglie di passare a Medicina perché così era più facile evitare il servizio militare. A Monaco fa le prime esperienze teatrali, esibendosi come autore-attore. E nello stesso periodo inizia a pubblicare le prime poesie.
Critico nei confronti della società del tempo, Brecht aderisce al marxismo e nel 1933, il giorno dopo l'incendio del Reichstag, quando sale al potere il nazismo, lascia la Germania. Viaggia per 15 anni attraverso molti Paesi europei. Dopo brevi soste in Svizzera e Francia si stabilisce a Svendborg, in Danimarca. Nel 1935 è a Mosca, New York e Parigi. Dal 1939 al 1940, in Svezia. Quando i nazisti invadono la Danimarca, ripara in Finlandia e nel maggio 1941, poco prima dell’arrivo anche lì delle truppe tedesche, si rifugia ancora a Mosca e da qui, via Vladivostok, raggiunge in modo avventuroso gli Stati Uniti dove rimane sei anni, vivendo quasi isolato. Si mantiene progettando film per Hollywood. Collabora con il poeta Wystan Hugh Auden e il regista Fritz Lang.
La collezione “Poesie e frammenti 1913-1933” comprende poesie scritte prima dell’adesione al marxismo e liriche successive. Al primo periodo appartiene la poesia che abbiamo scelto per voi, “Il postero”, e altri versi ancora non ancora dichiaratamente politici, cioè più introspettivi, esistenziali, di riflessione sul proprio destino dal punto di vista sociale e umano, come un’altra lirica con la medesima cifra stilistica, dolorosa, anche drammaticamente pessimista, “Anche il cielo a volte sprofonda”:

Anche il cielo a volte sprofonda
e precipitano sulle terra le stelle.
Frantumeranno lei e noi insieme.
Sarà forse domani quel giorno.

Inquisito negli Stati Uniti per le sue polemiche politiche e sociali, nel 1948 torna in Europa. Berlino è già stata divisa e lui raggiunge Berlino Est, sotto il controllo sovietico, dove dà vita alla celebre compagnia teatrale Berliner Ensemble (1949). Vent’anni prima, nel 1928, come drammaturgo, aveva già raggiunto il successo con l’Opera da tre soldi, feroce satira della società borghese da cui lui stesso proveniva: una rappresentazione spettacolare, ricca di colpi di scena, con graffianti ballate scritte dal compositore Kurt Weill, una su tutte “Die Moritat von Mackie Messer”, tradotta in inglese come “Mack the Knife” (in italiano “La ballata di Mackie Messer”), canzone il cui testo è appunto di Bertolt Brecht.
Tra le sue altre opere teatrali vanno ricordate “Vita di Galileo” e “Madre Coraggio e i suoi figli” (1939). Nel lato poetico della sua attività di intellettuale ha finito per prendere il sopravvento, alla fine, il coté politico, di denuncia, dove la poesia critica la società borghese e le sue contraddizioni, la logica del profitto, per tentare di immaginare una società più giusta.
Brecht muore a Berlino il 14 agosto 1956, all'età di 58 anni, colpito da un infarto.

(Biografia a cura di Pino Pignatta)
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