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Vestibolite: ora il dolore intimo è un mostro che so affrontare e sconfiggere

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23/12/2016

Le vostre lettere alla nostra redazione

Sono una giovane donna affetta da vestibolite. Ringrazio la professoressa Graziottin se oggi posso dare un nome alla mia patologia. A due anni dalla diagnosi, oggi sono una persona più consapevole e una donna più forte e sicura di sé: non riuscire per anni a dare nemmeno un nome al proprio dolore è qualcosa che ti distrugge dentro, nel profondo.
Lo chiamano dolore intimo: è proprio così, perché colpisce una donna non solo fisicamente ma anche psicologicamente, rendendola fragile ed esposta a tanti pericoli per la sua anima. Eppure per tanti anni tutti i medici, uomini o donne che fossero, hanno sempre osservato con superficialità il dolore intimo di una ragazzina che stava diventando donna. Nessuna attenzione, infatti, rispetto al dolore legato al ciclo mestruale lamentato durante le prime visite; nessun approfondimento rispetto la rilevazione di cicli mestruali irregolari e scombussolamenti ormonali accompagnati da acne severa sul volto, candidosi e perdite bianche; nessuna informazione o monitoraggio rispetto alle prime ecografie che rivelavano la presenza di ovaio micropolicistico. Poi i primi rapporti, dolorosi nella maggior parte dei casi! E se da un lato mi ritrovavo giovani uomini che, incapaci di comprendere il problema, attribuivano quel mio dolore a una loro incapacità di soddisfare il mio piacere o (mi è capitato anche questo) a una mia presunta omosessualità, dall’altro i medici a cui mi sono rivolta hanno contribuito a farmi sentire ancora peggio perché, non avendo alcuna risposta al mio bisogno di aiuto e di chiarezza, attribuivano tutto allo stress, a problemi psicologici, addirittura alla “normalità” della mia vita sessuale (non so quanto possa essere normale che una giovane donna, indipendentemente dal proprio carattere o aspetto fisico, abbia dolori a volte anche intensi durante i rapporti sessuali nella fase della penetrazione). Senza pensare alla difficoltà e al senso di vergogna nel dover confidare questo dolore sconosciuto alla madre o alla sorella, a un’amica, ad ammetterlo con un ragazzo, magari da poco conosciuto, perché è tale da non poter essere negato e, anche se si prova a non pensarci o a resistere, in quei momenti esplode in tutta la sua forza e vince!
Il semplicismo con cui tutta la sua situazione è stata trattata è ancora adesso, per me, motivo di tristezza nonché di rabbia. Mie personali ricerche sul web mi hanno poi permesso di incrociare la professionalità della professoressa Graziottin. La cosa che mi ha colpito fin dalla prima visita è l’aver “toccato con mano” le zone del dolore: l’unico medico che, attraverso una visita diagnostica vera, si è soffermata con scrupolosità ad analizzare la mia situazione raccogliendo con cura tutti i dati a disposizione, chiedendo e ascoltando, dando infine voce a quel dolore prima sempre ignorato e disconosciuto. La professoressa mi ha seguito in questi due anni in tutto il percorso di cura, guardando con attenzione al mio corpo in tutta la sua interezza e dunque al mio stato generale di salute. Alle sue raccomandazioni devo anche il controllo al seno e alla tiroide: nel primo caso siamo arrivati in tempo asportando un nodulo che, sebbene ancora “benigno”, in un prossimo futuro…; nel secondo caso, individuando una tiroidite.
Ho trovato molto utili le terapie suggeritemi dalla professoressa, soprattutto gli esercizi e gli stili di vita da lei indicati, che rappresentano oggi per me non una morsa senza via d’uscita, o un castigo, ma la possibilità di autogestirmi e autoregolarmi nel percorso di cura. Oggi il dolore intimo per me è più un ricordo che altro; in ogni caso è un “mostro” che so affrontare e sconfiggere con una forza e una consapevolezza che mai mi sarei aspettata. Anche nel rapporto con l’altro sesso mi sento più sicura, e non ho più paura o vergogna di condividere eventualmente con il partner questo racconto di me. Anzi, credo che ogni uomo debba essere educato alla conoscenza del dolore intimo femminile.
Vorrei lanciare più di un messaggio alle altre donne: il dolore non è cattivo! Esso è semplicemente il segnale d’avvertimento che il nostro corpo ci invia circa qualcosa che non va; bisogna ascoltarlo e mai negarlo, possibilmente comunicarlo. Non permettete mai a nessuno di banalizzare il vostro dolore, e non fatelo voi per prime: il dolore è una cosa importante, è la parte più vera e più intima di noi stesse!
Rivolgetevi a chi è competente ed è in grado di aiutarvi a riconoscere e conoscere quel dolore!
Come disse qualcuno, solo “il sonno della ragione genera mostri”!

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