Il Parkinson colpisce l’1-2 per mille della popolazione mondiale ed è il più diffuso disturbo neurodegenerativo del movimento e dell’equilibrio. Le due principali manifestazioni della malattia sono il progressivo danneggiamento dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra del cervello, e la formazione di corpi di Lewi, piccoli ammassi proteici insolubili e dalla forma tondeggiante, all’interno della stessa area (a queste formazioni si deve, fra l’altro, la cosiddetta “demenza associata al morbo di Parkinson”, in genere 10-15 anni dopo la comparsa dei sintomi motori). Queste alterazioni si osservano anche nel tratto intestinale, e risultano strettamente correlate con la disbiosi, ossia con gli squilibri del microbiota locale.
Attraverso l’analisi critica dei più recenti studi sull’argomento, i ricercatori cinesi illustrano il meccanismo che pone in correlazione la flora intestinale e il morbo di Parkinson, così come la modalità di trasmissione dell’alfa-sinucleina, che poi contribuisce alla formazione dei corpi di Lewi, all’interno dei neuroni.
L’articolo, inoltre, sottolinea che:
- la beta diversità del microbiota intestinale, ossia il numero di comunità batteriche che lo compongono, risulta significativamente modificata nei pazienti affetti da Parkinson, con netto aumento di Lactobacillaceae e Verrucomicrobiaceae, e netta riduzione di Lachnospiraceae e Prevotellaceae;
- a lungo termine, il morbo di Parkinson si associa a una riduzione generale dei batteri e dei probiotici responsabili della produzione di acidi grassi a catena corta, e a un aumento dei batteri patogeni;
- i sintomi motori lamentati dai pazienti correlano principalmente con la numerosità relativa delle Enterobacteriaceae;
- i farmaci anticolinergici e gli inibitori della catecol-o-metiltransferasi, entrambi usati per la cura dei sintomi del Parkinson, possono accrescere la flora intestinale dannosa, mentre altri specifici farmaci come il levodopa, gli antagonisti della dopamina, gli inibitori delle monoamino ossidasi e l’amantadina non producono questo effetto;
- i probiotici, i prebiotici e simbiotici possono migliorare la stipsi nei pazienti affetti dal morbo, promuovendo la crescita di probiotici endogeni e attenuando l’infiammazione intestinale;
- l’utilità del trapianto di microbioma fecale è, per ora, documentata da studi di dimensioni limitate.