Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Padova, Walter A. Rocca è attualmente docente di Epidemiologia e Neurologia alla Mayo Clinic: i suoi studi vertono in particolare sulle cause e le conseguenze delle malattie neurologiche, e sulle differenze di genere nei processi di invecchiamento, con particolare attenzione agli effetti della menopausa. Il lavoro del professor Rocca e dei suoi allievi si colloca quindi alla complessa e affascinante intersezione fra neurologia, ginecologia, endocrinologia, geriatria ed epidemiologia.
Lo studio in questione amplia quello pubblicato nel 2008 sulla rivista Neurology [Rocca WA et Al. Increased risk of parkinsonism in women who under went oophorectomy before menopause. 2008 Jan 15;70(3):200-9]. In quel lavoro, condotto su 1.252 donne sottoposte a ovariectomia monolaterale e 1.075 a ovariectomia bilaterale tra il 1950 e il 1987, e 2.368 controlli, aveva documentato come nelle donne operate ci fosse un aumentato rischio di parkinsonismo (OR=1.68; 95% CI 1.06 to 2.67; p = 0.03), e che il rischio fosse più elevato per le donne più giovani. Il rischio sussisteva anche per il morbo di Parkinson vero e proprio, ma i dati non avevano raggiunto una piena significatività statistica.
Ricordiamo che il morbo di Parkinson è causato da danni ai gangli basali del cervello e si manifesta con tremore, rigidità muscolare, movimenti rallentati, problemi di equilibrio e crescenti difficoltà cognitive (la memoria e la capacità di apprendimento tendono per esempio a peggiorare con il tempo). Nel parkinsonismo, il/la paziente manifesta gli stessi sintomi del Parkinson ma a causa di altre patologie, fra cui:
- disturbi neurodegenerativi come la demenza di Alzheimer, l’atrofia sistemica multipla, la degenerazione ganglionica corticobasale, la demenza frontotemporale e la paralisi sopranucleare progressiva;
- l’encefalite virale;
- tumori cerebrali e ictus;
- traumi cerebrali, soprattutto se ripetuti (si pensi al caso del campione mondiale di pugilato Muhammad Ali);
- la malattia di Wilson che, soprattutto nei giovani, provoca un accumulo di rame nell’organismo;
- intossicazioni da farmaci (per esempio alcuni antinausea, come la metoclopramide e la proclorperazina, e alcuni antipsicotici) e sostanze velenose (come il monossido di carbonio).
Il nuovo studio è stato condotto su:
- 2750 donne in età fertile (etnia bianca: 2679 [97.4%]), sottoposte a ovariectomia bilaterale all’età mediana di 45.0 anni (40.0-48.0) fra il 1° gennaio 1950 e il 31 dicembre 2007;
- 2749 controlli (etnia bianca: 2633 [95.8%]), con una età mediana di 45.0 anni (40.0-48.0), selezionati a caso dalla popolazione generale.
Questi, in sintesi, i principali risultati:
- l’ovariectomia bilaterale accresce il rischio di parkinsonismo in generale (HR 1.59; 95% CI, 1.02-2.46) e in funzione dell’età all’intervento: ≥50 anni: HR 1.43 (95% CI, 0.50-4.15); 46-49 anni: HR 1.55 (95% CI, 0.79-3.07); 40-45 anni: HR 1.36 (95% CI, 0.64-2.89); <40 anni: HR 8.82 (95% CI, 1.08-72.00) (P = .02);
- aumenta inoltre il rischio di Parkinson nelle donne con meno di 43 anni all’intervento (HR 5.00; 95% CI, 1.10-22.70);
- nelle donne operate prima dei 45 anni, il rischio si riduce se da quel momento e fino alla menopausa assumono la terapia ormonale sostitutiva.
Gli autori concludono sottolineando l’importanza di:
- proporre alle donne sottoposte a ovariectomia bilaterale profilattica adeguate cure ormonali;
- considerare attentamente le indicazioni alla chirurgia, per riservarla ai casi che realmente necessitano di un intervento demolitivo.