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Dopo un cancro al seno: la terapia ormonale è sempre controindicata?

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“Ho 45 anni. Alla fine degli anni Novanta ho subito una mastectomia radicale destra per tumore maligno. Ho seguito otto cicli di chemio e cinque anni di soppressione ormonale. Da circa cinque anni vivo una fase di pre-menopausa caratterizzata da cicli molto irregolari o assenti per lunghi periodi, sbalzi d’umore, depressione, demotivazione sessuale, riduzione di calcio nelle ossa. E’ proprio vero che non posso assolutamente sottopormi a terapia ormonale sostitutiva? Grazie!”.

Dopo un cancro al seno: la terapia ormonale è sempre controindicata?

24/12/2021

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

La risposta in sintesi

Gentile amica, tutte le linee guida internazionali affermano che, dopo un cancro al seno, la terapia ormonale sostitutiva è assolutamente controindicata. Una valida alternativa per la salute genitale, e per le donne che come lei abbiano completato le terapie adiuvanti, è l’ospemifene. La sua esperienza, tuttavia, mi offre lo spunto per una riflessione di carattere generale.
In questo video illustro:
- come l’ospemifene migliori la lubrificazione vaginale, proteggendo al tempo stesso la mammella; favorisca l’azione del laser loco-regionale, quando il medico lo ritenga opportuno; e migliori, stando ad alcune ricerche preliminari, le condizioni di salute delle ossa e del cervello;
- come, in caso di tumore triplo negativo (ossia privo di recettori ormonali) e/o di mastectomia bilaterale (nel caso in cui la donna sia portatrice dei geni BCRA 1 o BCRA 2, che aumentano del 60-80 per cento il rischio di cancro al seno), l’oncologo, d’intesa con il ginecologo, possa prendere in considerazione il ricorso a una terapia ormonale sostitutiva a basso dosaggio;
- come questa possibilità, da valutare prestando la massima attenzione al caso specifico, rappresenti un’eccezione alla regola generale che, come già sottolineato, esclude il ricorso alla TOS nelle donne colpite da tumore alla mammella;
- come, d’altronde, oggi non si tenda più a formulare sempre e soltanto regole generali e onnicomprensive, ma a ragionare anche per sottogruppi di vulnerabilità;
- l’importanza, in ogni caso, di una stretta collaborazione fra oncologo di riferimento e ginecologo di fiducia, perché solo un percorso di attenta e documentata valutazione clinica può portare a una decisione terapeutica che ottimizzi i benefici e minimizzi i rischi per la paziente.

Realizzazione tecnica di Monica Sansone

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