Desidero quindi condividere con lei alcune riflessioni, anche sulla complessità del ragionamento clinico che un medico deve fare per dare un consiglio ponderato, attento alle opzioni di cura più adatte alla singola donna, alla luce degli studi disponibili.
Gli studi scientifici finora pubblicati non danno purtroppo risposte univoche su che cosa fare in caso di sintomi menopausali gravi dopo l’asportazione delle ovaie “menopausa iatrogena). I ricercatori sottolineano due tipi di considerazioni (Gordhandas e collaboratori, 2019; Gasparri e collaboratori, 2019):
- da un lato la menopausa precoce comporta non solo sintomi seri e una peggiore qualità di vita, ma anche un aumentato rischio di osteopenia e osteoporosi, di malattie cardiovascolari (ipertensione, infarto) e di malattie neurodegenerative, fra cui la demenza di Alzheimer e il morbo di Parkinson. Rischi che secondo alcuni ricercatori vanno ridotti, scegliendo di iniziare una terapia ormonale;
- dall’altro i ricercatori restano cauti, in considerazione sia dell’alto rischio basale nelle portatrici di BRCA1 e/o BRCA2, sia dell’assenza (per ora) di studi controllati che abbiano valutato il ruolo delle terapie ormonali sostitutive proprio in questo gruppo di pazienti. Per questa ragione i foglietti illustrativi dicono “non indicato in donne a rischio di tumore al seno”. D’altra parte, mastectomia bilaterale e ovariectomia sono state fatte proprio per cercare di azzerare questo rischio.
In pratica, quindi, ogni decisione deve essere personalizzata, grazie a una stretta collaborazione fra oncologo di fiducia e ginecologo esperto di terapie ormonali, per scegliere il meglio per la singola donna, in termini di qualità di vita, ma anche di aspettativa di salute e longevità in salute, possibilmente su tutti i fronti.
Gli stili di vita sani restano fondamentali ancora di più in caso di menopausa precoce.
Ciò premesso, allo stato attuale delle evidenze disponibili, come scegliere le opzioni terapeutiche più rassicuranti?
Esiste una classe di farmaci che protegge dal cancro al seno: sono i modulatori selettivi del recettore estrogenico (SERMs: selective estrogen receptor modulators). Ne fa parte innanzitutto il tamoxifene, che da decenni viene utilizzato sia per prevenire il tumore al seno, sia per ridurre il rischio di recidive.
Il bazedoxifene, di cui lei mi chiede notizie, ma anche l’ospemifene, sono SERMs, “cugini” del tamoxifene: gli studi scientifici ne hanno evidenziato la stessa azione protettiva sulla mammella, anche se leggermente meno potente.
Ecco perché il bazedoxifene viene utilizzato nella terapia ormonale sostitutiva della menopausa, insieme agli estrogeni coniugati, quando i sintomi sistemici (vampate, sudorazioni, insonnia, tachicardia) sono severi e invalidanti, essendo stato dimostrato a livello scientifico e clinico che esso non aumenta il rischio di tumore nelle donne attualmente sane. Per questo potrebbe essere considerato come terapia efficace per i sintomi menopausali grazie al buon profilo di sicurezza, dopo parere concorde di oncologo di fiducia e senologo, e consenso informato firmato dalla donna. Nel consenso viene chiarito che non esistono al momento indicazioni definitive e che quindi la prescrizione sarebbe al di fuori delle indicazioni finora approvate (off-label).
Se poi la donna soffre soprattutto o solo di sintomi correlati all’atrofia vulvovaginale (sindrome genitourinaria della menopausa), la prima scelta può essere l’ospemifene da solo. Oggi è approvato a livello europeo e italiano come terapia di scelta anche nelle donne che abbiano completato le cure adiuvanti dopo un tumore al seno. Come tutti i SERMs, l’ospemifene non è un ormone e non diventa mai un ormone, caratteristiche che ci rassicurano anche nelle portatrici di BRCA1 e BRCA2 dopo menopausa iatrogena.
A tutte le amiche ricordo comunque che ogni donna ha un rischio basale del 10 per cento circa di sviluppare un cancro al seno, ossia una su dieci circa lo avrà senza aver mai assunto un ormone estrogeno o progestinico in vita sua. Questo valore di rischio può aumentare se la donna non ha avuto figli o non ha allattato, se non fa attività fisica quotidiana aerobica (30-45 minuti di camminata veloce sono un’opzione che tutte possiamo seguire). Il rischio di tumori al seno, ma anche di altro tipo, aumenta anche se la donna è in sovrappeso o obesa, se fuma o beve, o se è sotto l’effetto di inquinanti ambientali importanti. Per questo per tutte noi resta essenziale seguire con costanza e un sorriso stili di vita sani, quotidiani!
Un cordiale saluto.
Approfondimenti specialistici
- Gasparri ML, Taghavi K, Fiacco E, Zuber V, Di Micco R, Gazzetta G, Valentini A, Mueller MD, Papadia A, Gentilini OD. Risk-reducing bilateral salpingo-oophorectomy for BRCA mutation carriers and hormonal replacement therapy: if it should rain, better a drizzle than a storm. Medicina (Kaunas). 2019 Jul 29;55(8).