EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Fibromi e cisti: le opzioni di intervento

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
01/10/2010

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
Dott.ssa Dania Gambini
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, H. San Raffaele, Milano

Ho 53 anni. Mi è stato diagnosticato, in seguito a un’ecografia pelvica, un fibroma di 9 cm nella parete del corpo fondo dell'utero, oltre a una cisti sull'ovaio sinistro. Il ginecologo da cui sono stata dopo l'ecografia mi ha consigliato di sottopormi a un intervento di miectomia, durante il quale verrebbe asportata anche la cisti, ma io ne sono spaventata (sono spaventata anche dalle possibili eventuali conseguenze dell'anestesia, in quanto mio padre, morto lo scorso anno, aveva cominciato a mostrare i sintomi del morbo di Alzheimer dopo un intervento in anestesia totale). Inoltre, ho sentito storie di donne con fibromi di dimensioni analoghe al mio che, con l'avvento della menopausa, sono regrediti.
Io non sono ancora in menopausa, ma il mio ciclo comincia a diventare irregolare. Vorrei sapere se è opportuno considerare anche l'ipotesi di non sottopormi all'intervento, nella speranza che il fibroma regredisca da solo. In questo caso, potrebbe essere pericoloso lasciare fibroma e cisti dove sono? Sono molto spaventata e vorrei essere meno confusa sul da farsi...
Luciana P.
Gentile signora, in menopausa, con il passare degli anni, i fibromi vanno effettivamente incontro a un’involuzione spontanea, con progressiva riduzione delle dimensioni. Rimane comunque il fatto che le dimensioni del suo fibroma sono rilevanti e le consiglieremmo la sua asportazione, se non quella dell’utero in toto.
Per quanto riguarda la cisti ovarica si devono prima valutare diverse caratteristiche (dimensioni, parametri ecografici, marcatori sanguigni), da correlare alla sua storia mestruale, e solo dopo decidere sulla necessità di una sua enucleazione.
Attualmente, infine, non è ancora chiaro se esista una correlazione fra l’utilizzo di alcuni anestetici e lo sviluppo di morbo di Alzheimer, in particolare in età avanzata. Una recentissima ricerca condotta dal Dipartimento di Farmacologia della Boston University School of Medicine (USA), indica come i pazienti possano sviluppare un disturbo noto come “declino cognitivo post-operatorio” (POCD, post-operative cognitive decline), caratterizzato da un appannamento transitorio delle facoltà mentali immediatamente dopo l’intervento. Questo disturbo può associarsi a un aumentato rischio di declino cognitivo a lungo termine, associato a demenza, nei 3-5 anni successivi. Le cause non sono chiare: gli studi clinici sinora condotti non hanno comunque dimostrato alcuna associazione significativa con il tipo di anestesia o con la durata dell’intervento. Si ipotizza piuttosto che l’insorgenza del disturbo possa essere facilitata da processi infiammatori o dallo stress operatorio. Sono quindi necessarie ulteriori ricerche sui fattori predisponenti del POCD e sulle possibili strategie preventive.

Per approfondire

Vanderweyde T, Bednar MM, Forman SA, Wolozin B
Department of Pharmacology, Boston University School of Medicine, Boston, MA, USA
Iatrogenic Risk Factors for Alzheimer's Disease: Surgery and Anesthesia
J Alzheimers Dis. 2010 Sep 21. [Epub ahead of print]

Leggi l'abstract su PubMed

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter