Dove vivo io regna il nulla, il caos più totale, con tutto ciò che ne deriva... Vivo sospesa fra cielo e terra, confusa, impaurita, umiliata, non compresa. Non so, è come se parlassi una strana lingua, i ginecologi a cui mi sono rivolta mi rispondono con approssimazione e totale assenza di empatia, mi guardano come se andare in menopausa fosse la cosa più naturale del mondo: lo sarà anche, ma a 50 anni, non a 37!
Davvero, è peggio che non aver avuto figli: e il percorso di sofferenza che ora sta facendo è lungo quanto quello di elaborazione del lutto per la mancata maternità. La diagnosi di menopausa precoce per me è stata pari a una sentenza di morte: così l’ho vissuta e continuo a percepirla. Il mio utero – che già sentivo vuoto, sterile – con la menopausa è diventato come morto, sepolto. Percepisco con dolore l’impossibilità di progettare sulla vita, la speranza spenta definitivamente... Ed è qualcosa che va ben oltre la possibilità di essere madre: è il mio essere donna, di cui la maternità è uno dei tanti aspetti, a essere ontologicamente contaminato. Una contaminazione esistenziale che investe tutta la mia persona, tutta la mia dimensione di donna. Lo sguardo è solo al mio utero sterile prima, e morto ora: ma allora l’istinto di vita che è in me urla, si ribella, spezza le catene di questa rappresentazione di me amputata!
Questa è la mia storia scomoda, ma questa sono io. La rabbia che urla dentro di me nasce soprattutto dal fatto di non riuscire a trovare qualcuno che semplicemente ascolti quello che sto provando... Chiedo solo di essere ascoltata. Chiedo che qualcuno mi faccia da specchio, con empatia, per potermi risituare rispetto a questo evento e guardare avanti con speranza...
Legati alla menopausa purtroppo ho tanti altri problemi che aggravano ancora di più lo stato emotivo in cui vivo e soprattutto le mie precarie condizioni fisiche. Ma per i medici che ho consultato io sono solo il mio utero mal funzionante, anche se poi nemmeno la terapia ormonale sortisce i benefici effetti tanto attesi.
E’ davvero bizzarra la vita... il mio sfogo, il mio bisogno di essere accolta attraverso un computer... Non so se questa mail sarà mai letta da qualcuno, ma intanto a me serve come momento catartico... Un modo per uscire dal mio tempo interiore... Uno spazio dove poter dare diritto di cittadinanza al mio dolore, sdoganandolo dai confini del caso clinico per diventare la storia di una donna: la mia storia.
Grazie per il tempo che mi avete dedicato.
Silvia S.
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