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Cure appropriate e riscoperta della luminosità femminile: ecco come ho vinto il vaginismo

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26/02/2010

Le vostre lettere alla nostra redazione

Sono guarita dal vaginismo: lo credevo assolutamente impossibile, ma... è vero!
Ho sempre avuto molta paura del sesso: nella mia famiglia era un argomento tabù, di cui era difficile parlare. Quando mi sono sposata, ho pensato che con mio marito sarebbe stato diverso, perché lui mi avrebbe aiutata: la realtà è che ho aspettato inutilmente per quindici lunghi anni, e il mio matrimonio è rimasto bianco come me e il mio abito.
La diagnosi della dottoressa a cui mi sono rivolta è stata di vaginismo di terzo grado già nel 2000, quando ero sposata solo da qualche mese. Ho seguito il protocollo per qualche visita, e quando ho capito che la strada era quella giusta ho smesso di presentarmi agli appuntamenti. Perché? Perché ero furiosa con mio marito, visto che non potevo esserlo con me stessa, per la situazione in cui mi trovavo: lui mi aveva guardato marcire per otto lunghi anni di matrimonio – più sette di fidanzamento precedenti – e poi aveva deciso di andarsene.
Poi ho seguito una psicoterapia, che mi è servita a capire che ero io a dovermi prendere cura di me, e sono tornata dalla dottoressa nel settembre del 2008: in realtà era stata l’unica a mostrare affetto e comprensione per una parte di me che mi ero ostinata a ignorare per tanto tempo. Mi aveva consigliato di vestire con gonne a fiori, suggerendomi di indossare solo un particolare tipo di collant, chiedendomi con noncuranza che tipo di fiori preferissi... insomma, mostrando a una ragazza rigida, chiusa e molto insicura come me la leggerezza e la luminosità femminile.
Dunque, durante quella nuova visita, nel 2008, mi ha diagnosticato una vestibolite definita “severa”, oltre al mio solito vaginismo. Mi ha subito inserita in un protocollo ben preciso (anche se non sempre del tutto comprensibile, per me, nonostante le sue spiegazioni sempre molto accurate), fatto di un regime alimentare regolato, abbigliamento comodo, lavaggi con saponi medicati; e poi, una volta sparita la vestibolite, è passata alla cura del vaginismo.
Mi ha affidata a un’altra giovane ma gentilissima dottoressa, che mi ha seguito per un ciclo di sei incontri, durante i quali ho imparato a rieducare le contrazioni involontarie dei muscoli perivaginali, che si contraevano in modo riflesso, per il ricordo del dolore dei primi tentativi di penetrazione, per la paura, e alla fine solo per abitudine. Fino al “quattro marzo” del 2009 – come non ricordare quella bellissima canzone di Lucio Dalla... forse “nascevo” anch’io un’altra volta, mi aprivo a una nuova fase della mia vita – in cui mi ha lasciato andare, guarita e libera. E perfettamente sola. Ma poco dopo ho incontrato il mio attuale compagno, e ora fare l’amore con lui è un modo profondo, intimo e sensuale di sentirmi parte dell’armonia del mondo.

Rosa M.

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