Accertare se la terapia estrogenica vaginale possa essere impiegata in modo sicuro per la cura della sindrome genito-urinaria nelle donne colpite da carcinoma mammario: è questo l’obiettivo dello studio coordinato da Lauren McVicker, della Queen’s University di Belfast (Irlanda del Nord). Al lavoro hanno preso parte anche le Università di Nottingham e Oxford (Inghilterra) e di Aberdeen (Scozia). Più specificamente, il team di ricerca ha inteso determinare se l’impiego degli estrogeni vaginali, in crema o tavolette, accresca il rischio di mortalità direttamente dovuta al cancro al seno. Lo studio è stato condotto su 49.237 donne di età compresa fra 40 e 79 anni, affette da tumore al seno e divise in due coorti registrate in Scozia (dal 2010 al 2017) e Galles (dal 2000 al 2016), e seguite fino al 2020. Questi, in sintesi, i risultati: - nel corso del follow up si sono registrati 5.795 decessi dovuti al tumore; - il 5% delle pazienti ha utilizzato la terapia estrogenica vaginale dopo la diagnosi; - non è emersa alcuna evidenza di un più elevato rischio di morte cancro-specifica fra le donne che avevano ricevuto la terapia (HR 0.77; 95% CI: 0.63-0.94). Lo studio apre così una nuova prospettiva terapeutica per le donne che, colpite da cancro al seno, soffrono dei disturbi genitali e urinari legati dallo stato menopausale indotto, per esempio, dagli inibitori dell’aromatasi.
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