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Suonare a un metro dal cuore di chi è malato

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29/07/2015

Tratto da:
Luca Fumagalli, Donatori di Musica, Edizioni Curci, 2015

Selezione del brano, guida alla lettura e biografia a cura di Pino Pignatta

Guida alla lettura

Prima ancora d’iniziare a leggere questo libro, una storia che s’inventa e si racconta ogni giorno in tanti ospedali italiani, il senso delle pagine è già perfettamente chiaro. Merito della citazione d’apertura: «Il potere della musica, di integrare e curare, è un elemento essenziale. La musica è il più potente farmaco non chimico», Oliver Sachs (1973, Risvegli). Sachs è un neurologo e scrittore britannico, che ha molto esplorato il rapporto tra arte dei suoni e ricerche scientifiche sui malati. La sua perentoria affermazione sulle potenzialità terapeutiche della musica è perfetta per aprire un libro che ci porta su un terreno di sperimentazione straordinario, là dove la musica incontra il dolore. Ma non lo incontra per caso. No, lo va proprio a cercare, lo insegue, questo dolore, lo corteggia, lo prende a braccetto, prova a scuoterlo, e a volte va persino a “stanarlo dal suo bozzolo” fatto di depressione, di voglia di stare in solitudine, in silenzio, e di non vedere nessuno. Lo prende e lo porta davanti a un pianoforte, o a un violoncello. E lì può accadere di tutto, anche che il dolore sia sconfitto.
Perché è esattamente questo che fanno i Donatori di Musica raccontati in questo libro, grazie alle Edizioni Curci che ci hanno creduto e sostenuto il progetto. Si tratta di oltre 200 artisti, alcuni dei quali assai celebri come Enrico Dindo per la “classica” o Stefano Bollani per il jazz, che accettano di esibirsi “per” e “davanti” ai malati, “a un metro dal cuore di chi li ascolta”. Entrano nei reparti dove più la sofferenza scava nella dignità di donne e uomini, trovano un pianoforte già piazzato, o si portano i loro strumenti, e suonano gratuitamente per chi sta male, scrivendo ogni volta una storia nuova nei rapporti tra il malato e la cura. “Donano” la loro musica, il loro tempo, la sensibilità e la maestria raggiunte in anni di studio. E forse, anche se tanti di loro sono abituati a esibirsi davanti a un pubblico pagante negli auditorium, questi sono i loro concerti più “veri”. Dove il loro essere musicisti diventa missione, più che professione.
E questa è anche la storia di medici, di infermieri, di operatori sanitari che provano a instaurare una relazione nuova tra medicina e guarigione, che «smettono di usare il camice bianco come uno scudo e attivano una dinamica di dialogo continuo, che non va più dall’alto verso il basso, ma è orizzontale». Perché tutti partecipano alla “donazione”: è un evento “del” reparto e “nel” reparto, che coinvolge chi è ricoverato e chi lavora, e rimane preso emotivamente pur nella routine di un ospedale; ogni concerto lascia “tracce” evidenti di benessere in tutte le persone presenti, là dove normalmente si racconta solo una storia di dolore, esami, cure. E invece il colore del reparto cambia grazie alla musica donata, cambia persino il suo odore, mentre la vita di corsia trova una dimensione più umana proprio a partire dalla malattia. Non solo: da quando i Donatori di Musica sono nati, nel 2009, a Carrara, suonare nei reperti a contatto ravvicinato con i pazienti produce effetti scientificamente misurabili: durante queste “stagioni”, nei pazienti ricoverati si abbassano i livelli di ansia, stress e percezione del dolore.
Presidente dei “Donatori di Musica” è Maurizio Cantore. Ne è direttore artistico il celebre pianista italiano Roberto Prosseda. Tra i soci fondatori, per fare un nome soltanto, Roberto Furcht, importatore esclusivo in Italia dei pianoforti Kawai. Vale la pena citare – per dare un’idea completa delle strutture, delle organizzazioni e delle emozioni che questa iniziativa muove – l’elenco completo degli ospedali coinvolti: Oncologia di Bolzano; Oncologia, Spedali Riuniti di Brescia; Oncologia di Carrara; Salute mentale di Conegliano Veneto; Oncologia di Mantova; Oncologia San Camillo Forlanini di Roma; Oncologia di Saronno; Oncologia di Sondrio; Oncologia di Vicenza; Chirurgia pancreatica di Verona.
Tempo tra un concerto e quello successivo
Sono tutti i giorni dopo la data del concerto appena concluso e tutti i giorni prima di quello successivo. In reparto coinvolge medici, infermieri, i volontari. Tutti i giorni dopo dovrai essere diverso perché dovrai essere sempre a disposizione per rendere credibili quelle due ore di concerto e rinfresco trascorse insieme ai malati, nonché i nuovi modelli di relazione che ne sono derivati. La bellezza e la grandezza della rivoluzione dei Donatori di Musica si vede ancora di più tutti i giorni dopo: si vede nella quotidianità di reparto, fatta di vittorie e sconfitte, di lacrime e abbracci, di scienza, carne e cuore. Il concerto prende senso come strumento e simbolo di condivisione: si discute, lo si prepara insieme, insieme si vive la bellezza del benessere che la musica sa dare, si gusta il cibo che accompagna l’incontro. Insieme si partecipa attivamente a un processo che non si chiude mai: ogni nuovo concerto promuove un cambiamento nelle persone e nelle relazioni, il dopo del concerto di oggi diviene il prima del concerto di domani, in un percorso aperto e sempre in evoluzione.

L’empatia
I concertisti non si mettono il frac, suonano in abiti casual e normalmente dialogano con il loro pubblico, presentando i brani e raccontano il perché hanno scelto di eseguirli. E’ previsto un momento conviviale dopo il concerto, perché i pazienti possano parlare e conoscere personalmente i musicisti, nell’ottica di un abbattimento delle barriere e delle distinzioni tra malato e sano, tra medico e paziente. Allo stesso modo, personale medico e malati sono invitati a lasciare in ufficio e in camera il camice e il pigiama. Al concerto si porta rispetto e ci si va in abiti civili, rendendosi in tutto e per tutto simili agli altri. L’abbigliamento funzionale di reparto per due ore può rimanere appeso su un gruccia: agli eventi dei Donatori di Musica partecipano prima di tutto delle persone.

L’odore, soprattutto
In un qualsiasi reparto ospedaliero ti aspetti che le narici vengano aggredite da quell’odore misto di disinfettante e medicinali che inconsciamente diventa sinonimo olfattivo di malattia. Se poi il reparto in cui si sta per entrare è quello di oncologia, l’aspettativa peggiora e si complica, perché la percezione comune lo ha trasformato in uno spazio cupo, abitato da un dolore sordo, dalla paura: dove la speranza non sembra ammessa a differenza della disperazione e del pensiero della morte.
Qui no. Al quarto piano dell’Ospedale Civile di Carrara, lungo le corsie del reparto di oncologia, quest’odore non si sente: semplicemente, non c’è. Quello che invece c’è, lo descrive uno degli innumerevoli musicisti che a Carrara, dal 2007 in poi accettano di andare per donare la propria musica: «Dovreste vederlo. Non è più un reparto. E’ un piccolo centro culturale. Ci sono mostre fotografiche, corsi di pittura, di recitazione, letture di poesie. C’è la nostra musica. C’è un giardino. Un grande acquario. C’è un flipper! È un reparto aperto a tutti, anche visivamente è un luogo ospitale, è tutto colorato, non c’è una parete bianca, non c’è puzza di medicinali, non c’è l’odore dell’ospedale».

Come si fa
Tra i Donatori di Musica la prima regola, non detta e non scritta, è che dirsi grazie, pur essendo sempre gradito, non mai è richiesto. È una fortuna donare qualcosa che altri ricevono volentieri, come chi ha il piacere di cucinare quando trova commensali affamati. Non è solo spirito di servizio o passione e piacere per il proprio lavoro: è amore allo stato puro, ovvero, tecnicamente, è un senso di espressione creativa intrecciato a un forte senso di corrispondenza emotiva. Niente grazie, quindi, perché non si sa chi dona di più, se il donatore o chi riceve; non si sa chi riceve di più; non si conosce quanto una persona, ricevendo, permette a chi dona di scoprire il senso nascosto di quel che sta offrendo. 

Breve cronaca di una prima volta
Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Adesso succede in Lombardia, a Pavia. Dicembre 2014, pochi giorni a Natale. Un violoncello si accomoda all’interno di un appartamento privato. E’ la casa di un uomo affetto da una grave malattia neurodegenerativa, la SLA, sclerosi laterale amiotrofica.
Il musicista che trasporta il violoncello fin davanti alla porta di quest’uomo, riceve un paio di mesi fa dai Donatori di Musica una mail nella quale gli si chiede la disponibilità a dar seguito a un’idea «talmente affascinante e fuori dal comune» che deve per forza essere presa in considerazione.
L’idea è recapitata sotto forma di domanda: «Mio padre è appassionato di musica, ma è malato, ha la SLA, non può venire in uno dei vostri reparti: come potrebbe anche lui entrare a far parte nel mondo dinamico dei Donatori di Musica?».
La risposta di Enrico Dindo è lo slogan perfetto della perentoria decisionalità tipica dei Donatori. Apre la posta elettronica, clicca rispondi e scrive una frase di due parole, definitiva, che non lascia aperto alcun dubbio, nemmeno il più sottile, sul valore e la forza delle motivazioni che guidano lui e tutti i musicisti coinvolti nel progetto. Scrive semplicemente: «Dimmi quando».
Questo quando è adesso. Nell’appartamento di Pavia sono arrivati alcuni parenti e amici, che si stringono per ascoltare le note di due Suite di Bach emergere dalla cassa del violoncello di Enrico.
La musica fa silenzio. Il silenzio diventa il confortevole spazio di cura dove far emergere, senza filtro e timori, le proprie emozioni.

Biografia

Luca Fumagalli, giornalista e copywriter, è autore di racconti e testi per alcuni editori e progetti, tra cui Curci, Subway Milano, Atm, Museo Arte Gallarate. Ho pubblicato sei storie per bambini (Storie con la Comunicazione Aumentativa Alternativa, CAA) per l'editore Erickson.
Questi libri – destinati principalmente ai bambini con difficoltà di comunicazione – sono illustrati con un testo integralmente scritto in simboli, per essere guardati mentre un adulto legge ad alta voce. Le caratteristiche delle storie, la presenza dei simboli e l’indicazione che ne viene fatta nel corso della lettura sostengono l’attenzione e rendono più agevole seguire il racconto, con notevoli vantaggi per lo sviluppo emotivo, linguistico e cognitivo. Ai libretti con le storie si accompagna sempre una «Guida alla lettura» destinata a genitori, insegnanti e operatori, con le indicazioni relative al come, dove, quando e quanto leggere con i bambini.
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