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Mozart batte Beatles: gli effetti della musica classica sui pazienti infartuati

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03/03/2016

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Gruhlke LC, Patrício MC, Moreira DM.
Mozart, but not the Beatles, reduces systolic blood pressure in patients with myocardial infarction
Acta Cardiol. 2015 Dec; 70 (6): 703-6. doi: 10.2143/AC.70.6.3120183
Valutare l’effetto della musica sui pazienti colpiti da infarto miocardico acuto: è questo l’obiettivo dello studio condotto da Luiza Carolina Gruhlke e collaboratori, della Universidade do Sul de Santa Catarina a Pakhoça, in Brasile.
E’ noto che la musica riduce la pressione sistolica e diastolica, così come la frequenza cardiaca, in varie situazione cliniche, ma non era chiaro – prima di questo studio – se questi benefici si verificassero anche nelle persone infartuate.
La sperimentazione è stata condotta su 60 pazienti suddivisi in tre gruppi di 20: il primo gruppo ha ascoltato composizioni di Mozart, il secondo canzoni dei Beatles e il terzo notiziari radiofonici. Le misurazioni sono state effettuate su:
- pressione sistolica;
- pressione diastolica;
- frequenza cardiaca;
- doppio prodotto (frequenza cardiaca x pressione sistolica).
Questi valori sono stati rilevati due volte prima dell’esperimento, e poi ogni 15 minuti dopo l’ascolto.
La collezione mozartiana includeva, fra gli altri, capolavori come il Quintetto per clarinetto KV 581 (di cui abbiamo parlato in un articolo del 23 febbraio scorso), la Sonata per pianoforte n. 11 KV 331 e l’atto secondo del Flauto Magico, KV 620. Nella “compilation” dei Beatles spiccavano in particolare “She loves you”, “Yesterday” e “The long and winding road”.
Questi, in sintesi, gli interessantissimi risultati:
- la pressione sistolica si è ridotta in misura significativamente maggiore nel gruppo Mozart (–7.2 ± 8.5 mmHg) rispetto al gruppo Beatles (–1.3 ± 6.2 mmHg) (P = 0.021) e al gruppo News (0.6 ± 8.7 mmHg) (P = 0.003);
- il doppio prodotto  si è ridotto in misura significativamente maggiore nel gruppo Mozart (–668.5 ± 773.2) rispetto al gruppo News (31.6 ± 722.1 mmHg) (P = 0.006);
- non sono state rilevate differenze significative nella pressione diastolica e nella frequenza cardiaca.
La ricerca conferma l’efficacia del cosiddetto “effetto Mozart” anche in condizioni cliniche estreme come l’infarto miocardico e apre nuove prospettive all’impiego della musicoterapia come complemento alle terapie tradizionali.
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