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Resilienza e terza età: come invecchiare bene con la musica – Parte 1

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16/04/2014

Tratto da:
F. Farina, L’invecchiamento positivo con la musica. In: Cristina Castelli (a cura di), Resilienza e creatività. Teorie e tecniche nei contesti di vulnerabilità, Franco Angeli Editore, Milano 2011, pag. 108-116

Guida alla lettura

La resilienza è la capacità di una persona o di un gruppo di svilupparsi, progettarsi e proiettarsi con fiducia nell’avvenire anche in presenza di eventi destabilizzanti, di condizioni di vita difficili, di traumi duri. Il termine deriva dal verbo latino “resilire”, saltare indietro per prendere un’altra direzione. Studiata in modo particolarmente approfondito dal neurologo e psichiatra francese Boris Cyrulnik, indica anche, in fisica, la proprietà che taluni materiali hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la propria forma dopo essere stati sottoposti a schiacciamento; e in biologia, la capacità di un organismo di autoripararsi dopo un danno: la neuroplasticità ne è senza dubbio l’esempio più complesso e straordinario.
Nella sua riflessione, Francesco Farina illustra il ruolo che la musica può avere nell’attivare la capacità di resilienza nelle persone anziane. In questa prima parte, vengono esposti alcuni concetti propedeutici. Innanzitutto, la nostra epoca – sia per i progressi della medicina, sia per una specifica e crescente attenzione culturale alla cosiddetta “terza età” – vede numerosi esempi di «persone in forma, felici e attive anche in età avanzata», di “grandi vecchi” che additano a tutti i loro coetanei una via per affrontare in pienezza l’autunno della vita. Ciò rappresenta certamente un quadro di riferimento positivo. Affinché il concetto di resilienza entri davvero nel bagaglio esistenziale di tutti, occorre però capovolgere il concetto di “creatività” che sta alla sua base: la creatività non è una capacità esclusiva del contesto artistico e di persone eccezionali, fuori dagli schemi, ma può appartenere a tutti ed esprimersi nelle situazioni più svariate, purché la persona sia in grado di accedere liberamente e costruttivamente al patrimonio di esperienze accumulate nel corso della vita. Da questo punto di vista, dunque, l’anziano possiede un potenziale di creatività e resilienza non indifferente. E dal momento che l’invecchiamento è anche, certamente, progressivo appannamento della forza fisica e intellettuale, è cruciale che questo potenziale sia sostenuto e alimentato dalla «partecipazione a esperienze attive e socializzanti» in cui siano promossi adeguati processi cognitivi, emotivi e motivazionali: fra tali esperienze, quelle musicali sembrano essere particolarmente potenti nell’influire in maniera positiva sulla qualità della vita.
Nella seconda parte Farina approfondirà le caratteristiche del processo di resilienza nell’invecchiamento e, nella terza, argutamente intitolata “La musica fa sentire il tempo, non l’età”, analizzerà lo specifico contributo della musica alla resilienza dell’anziano.
Nessuno vorrebbe invecchiare ma, considerata l’alternativa,
tutti ci auguriamo di diventare anziani nel migliore dei modi possibili.
M. Cesa-Bianchi


Vorremmo tutti arrivare fino ai fatidici cent’anni mantenendo attive le funzioni cognitive e le capacità che ci consentono di essere coscienti, autonomi e sereni. Tali aspirazioni, se da un lato sono ridimensionate dalla realtà che presenta un rapido aumento di persone affette da demenza senile (nel 2010 erano 35,6 milioni, nel 2030 raggiungeranno i 65,7 milioni, per poi passare a 115,4 milioni nel 2050 - Fonte: World Alzheimer Report 2009, Alzheimer’s Disease International, London), dall’altro possono essere rinforzate dai sempre più numerosi esempi di persone in forma, felici e attive anche in età avanzata.
Un ulteriore fondato supporto a tali aspirazioni per una piacevole vecchiaia è fornito dalle ricerche che mostrano quanto durante l’età anziana sia possibile anche apprendere, evolversi, migliorare (Andreani, Amoretti, Cavallini, 2004; Dunlosky et al. 2007) e dalle osservazioni sociologiche che evidenziano quanto sempre più ci si occupi di tutelare dal punto di vista medico e psicologico, quale delicato momento della vita, anche il periodo dopo i 65 anni (Goodmann et al. 2010).
L’invecchiamento, il deperimento, la lentezza, le risorse personali, la forza di reagire, la creatività sono elementi dell’età anziana che, se osservati attraverso la lente della resilienza, consentono di considerare questo periodo della vita un’esperienza in cui, a fronte di traumi o difficoltà certi o imminenti, la persona può far valere le proprie capacità e caratteristiche, siano esse genetiche, personali o relazionali, per uscirne trionfante. Valutando le previsioni demografiche, che confermano il già avviato invecchiamento della popolazione (dal 2008 al 2030 nel mondo gli over 65 passeranno da circa 765 milioni a più di un miliardo e 400 milioni – Fonte: Ageing Society, Osservatorio Terza Età, 2009), è opportuno prendere in considerazione questa visione dell’età anziana, che si rifà alle più recenti teorizzazioni della psicologia del ciclo di vita. Se il processo di invecchiamento è imputabile ai geni della sopravvivenza solo per il 30%, mentre il restante 70% è attribuibile all’ambiente e allo stile di vita che ciascuno va determinando nel corso della propria esistenza (Cesa­Bianchi, Albanese, 2004; Vergani, 1997), anche la musica, intesa come esperienza emotiva cognitiva, socializzante ed espressiva, può rivestire un ruolo fondamentale nella costruzione del proprio equilibrio.

1. Rughe, lentezza, capelli bianchi versus esperienza, riflessività e “nonnità”: aspetti positivi dell’invecchiamento

Tra le pagine di romanzi e fiabe, così come nelle immagini di film o spettacoli teatrali, l’età anziana, quando non è collegata al senso di solitudine o infelicità, viene presentata in connessione alla saggezza, legata con l’esperienza e il tempo passato. E’ perciò interessante considerare l’invecchiamento come un processo che consente, per il maggior tempo a disposizione, le minori incombenze e le numerose conoscenze acquisite, di essere più autentici e creativi.
Per “rovesciare” la visione puramente negativa della vecchiaia si deve cominciare con il capovolgimento del concetto di creatività. Se si è soliti considerare che creativo possa essere solamente un artista, o un bambino che sperimenta svariate modalità di espressione o ragionamento, o una persona eccezionale, totalmente “fuori dagli schemi”, si rischia di tralasciare la caratteristica fondamentale di tale concetto: il legame con la realtà. Il pensiero duttile e flessibile, creativo appunto, che si avvale di meccanismi non logici, quali liberi rimandi e accostamenti intuitivi, non può essere svincolato dalla realtà (Antonietti, Cantoia, 2002), e va anzi inserito in una prospettiva di adattamento all’ambiente e di scambio relazionale. La creatività quindi, ben lungi dall’essere impiegata esclusivamente per la creazione di opere d’arte, può appartenere a tutti e si esprime nelle situazioni più svariate, purché richiedano la soluzione di una situazione semplice o complessa. Il risultato di questa forma di intelligenza (Stenberg, 1985) consente di inventare, scoprire, immaginare, ipotizzare e affrontare con successo circostanze insolite per le quali le conoscenze e le abilità esistenti o le strategie ordinarie si mostrano inadeguate. La persona anziana, che di esperienze ne ha vissute nel corso della propria esistenza, può avere una panoramica più estesa delle possibilità da sperimentare e quindi possiede un potenziale di creatività non indifferente.
L’età anziana però, dalla trattazione scientifica (Baltes, Baltes, 1990) e artistico-letteraria, e nel senso comune del termine, è sempre stata definita come un periodo in cui sono maggiori le perdite rispetto alle conquiste; a seconda del punto di vista è stata definita secondo differenti criteri:
- cronologico: dal compimento del 65° anno di età;
- funzionale: dall’evidente comparsa di segni di deterioramento mentale senile;
- sociologico: dalla cessazione dell’attività lavorativa e dalla conseguente entrata nella fase di pensionamento.
I principali parametri utilizzati per definire l’età anziana sono connessi all’invecchiamento inteso come processo graduale e progressivo che interessa l’essere umano già dopo i 30 anni. Funzioni come la memoria e la capacità di concentrazione diminuiscono e frequentemente compaiono alterazioni dello stato emozionale; l’anziano appare inoltre più lento sia nei movimenti che nei ragionamenti, per la progressiva degenerazione dell’apparato locomotore e sensoriale e per il declino delle abilità visuo-spaziali o della memoria di lavoro (Birren, Schroots, 1996; Coleman, O’Hanlon 2004). Ma riallacciandosi agli indirizzi della psicologia dell’invecchiamento (Baroni, 2003; Chattat, 2004; Sgaramella, 1999), nel sostenere che i cambiamenti nell’arco della vita sono correlati con la condizione biologica dell’individuo, ma non sono necessariamente legati a stati di deficit e di malattia, è possibile rovesciare e confutare diverse credenze o luoghi comuni relativi all’età anziana.
La psicologia positiva (Seligman, Seligman 1990; Seligman, Csikszentmihalyi, 000), che cerca di individuare le capacità o disposizioni personali che influiscono positivamente nella realizzazione del proprio sé e nell’implemento dell’autostima, mostra un confine tra gli stadi evolutivi sempre più labile e connesso a molteplici ed eterogenei fattori. Propone quindi di focalizzarsi più sul processo di invecchiamento che sull’ impostazione statica di età anziana, intendendolo non quale decadimento irreversibile, o di pura perdita, ma acquisizione di esperienze, conoscenze e capacità. Diversi studi sostengono al riguardo che il benessere, seppur limitato dalle perdite, dopo i 65 anni può rimanere relativamente intatto, grazie alla messa in atto del proprio sistema di autoregolazione adattiva (Diener, Suh, 1997). L’invecchiamento, connotato con tale accezione positiva (Baltes e Baltes, 1990), non va confuso con la totale assenza di malattia o difficoltà e può essere esteso anche alle persone che, pur in situazioni di disagio, malattia o traumi connessi con il trascorrere del tempo, hanno la possibilità e la capacità di adattarsi in maniera positiva alla propria condizione (Bowling, Dieppe, 2005).
L’invecchiamento positivo, tematica che contempla un ampio dibattito relativo alle diverse caratterizzazioni e risultati, è fortemente legato all’interpretazione individuale della vita e alla percezione della propria esistenza; allo stesso tempo è evidente che la partecipazione a esperienze attive e socializzanti, in cui sono promossi processi cognitivi, emotivi e motivazionali, come quelle musicali, influisce in maniera positiva sulla qualità della vita delle persone anziane.
Abbandonando la visione esclusivamente centrata sul processo di invecchiamento quale perdita e scongiurando così il rischio di evidenziare esclusivamente gli aspetti negativi, emerge a questo punto l’immagine dell’anziano come una persona arricchita da un ampio bagaglio di storia e vissuti da esplorare, conoscere e valorizzare. Essa va supportata nell’affrontare le evidenti difficoltà derivanti dall’indebolirsi dell’apparato corporeo sfruttando la rete di conoscenze, esperienze, relazioni tessute e rafforzate nel corso della vita e, perché no, dal maggior tempo e dalla disponibilità che solo i nonni sanno offrire.

Bibliografia

- Andreani O. Amoretti G. Cavallini E. (2004), La memoria degli anziani. Una guida per mantenerla in efficienza, Erikson, Trento
- Antonietti A. Cantoia M. (2002), La mente che impara, La Nuova Italia, Firenze
- Baltes P.B. Baltes M.M. (1990), Psychological perspectives on successful aging: the model of selective optimization with compensation, in Baltes P.B. Baltes M.M. (eds), Successful aging: perspectives from the behavioral sciences, Vol. 1, Cambridge University Press, New York
- Baroni R. (2003), I processi psicologici dell’invecchiamento, Carocci, Roma
- Birren J.E. Schroots J.J.F. (1996), History, concepts, and theory in the psychology of aging, in Birren J.E. Schaie K.W. (eds), Handbook of the psychology of aging, Academic Press, San Diego
- Bowling A. Dieppe P. (2005), What is successful ageing and who should define it?, British Medical Journal, 331: 1548-1551
- Cesa­Bianchi M. Albanese O. (a cura di) (2004), L’invecchiamento. La prospettiva del ciclo di vita, Unicopli, Milano
- Chattat R. (2004), L’invecchiamento. Processi psicologici e strumenti di valutazione, Carocci, Roma
- Coleman P.G. O’Hanlon A. (2004), Ageing and development: theories and research, Oxford University Press, Oxford
- Diener E. Suh E.M. (1997), Subjective well-being and age: an international analysis, in Schaie K.W. Lawton M.P. (eds), Annual Review of Gerontology and Geriatrics, Vol. 8, Springer, New York
- Dunlosky J. Cavallini E. Roth H. McGuire C.L. Hertzog C. Vecchi T. (2007), Do self-monitoring interventions improve older adults’ learning?, Journal of Gerontology: Psichological sciences, 62B, Special issue 1: 70-76
- Goodmann C. Evans C. Wilcock J. Froggat K. Drennan V. Sampson E. Blanchard M. Bisset M. Iliffe S. (2010), End of life care for community dwelling older people with dementia: an integrated review, International Journal of Geriatric Psychiatry, 2010 Apr; 25 (4): 329-37
- Seligman M. Csikszentmihalyi M. (2000), Positive Psychology: an introduction, American Psychologist, 55: 5-14
- Seligman M. Seligman P. (1990), Learning Optimism, Knopf, New York (reissue edition, 1998, Free Press)
- Sgaramella T. (a cura di) (1999), Manuale di neuropsicologia dell’invecchiamento, Masson, Milano
- Stenberg R.J. (1985), Implicit theory of intelligence, creativity and wisdom, Journal of Personality and Social Psychology, 49, 3: 607-627
- Vergani G. (1997), La nuova longevità, Oscar Mondadori, Milano

Biografia

Pedagogista e dottore di ricerca presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Francesco Farina è specializzato come formatore ed educatore attraverso l’utilizzo e la sperimentazione dei linguaggi musicali.
Ha partecipato all’ideazione del modello di intervento la “Valigia dei Talenti” dell’Università Cattolica: strumento socio-pedagogico creato per contesti di emergenza educativa di strada, è volto a sviluppare in bambini e adolescenti il senso del gruppo, la presa di coscienza delle proprie emozioni e la consapevolezza delle proprie capacità, utilizzando canali comunicativi come il teatro, la musica e la pittura.
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