Con l’espressione “sindrome genito-urinaria della menopausa” si indicano i segni clinici correlati ai sintomi dell’atrofia vulvovaginale, un disturbo sinora poco studiato in termini obiettivi. La ricerca ha coinvolto 913 donne (età media 59.3 anni ±7.4) sottoposte a una visita ginecologica di routine. La diagnosi di sindrome genito-urinaria è stata formulata in base:
- alla sensazione di secchezza vaginale riportata dalle pazienti;
- ai segni obiettivi di atrofia;
- a valori del pH superiori a 5.
Questi, in sintesi, i risultati:
- la sindrome genito-urinaria è stata diagnosticata a 722 donne (79.1%), con una prevalenza variabile dal 64.7 all’84.2% nei sei anni successivi alla menopausa;
- le donne sedentarie hanno un rischio quasi doppio di essere colpite dalla sindrome (OR 1.8, 95% CI: 1.3-2.5; p=0.0005);
- le donne con la sindrome hanno una più elevata frequenza di infezioni vaginali (OR 2.48, 95% CI: 1.33-4.62; p=0.0041);
- i sintomi riferiti sono la secchezza vaginale (100%), il dolore ai rapporti (77.6%), il bruciore (56.9%), il prurito (56.6%) e il dolore alla minzione (36.1%);
- i segni identificati dal ginecologo sono la secchezza della mucosa (99%), l’assottigliamento delle pliche vaginali (92.1%), il pallore della mucosa (90.7%), la fragilità della mucosa (71.9%) e le petecchie (46.7%);
- a fronte di segni e sintomi così evidenti, solo 274 donne (30%) avevano avuto una precedente diagnosi di atrovia vulvovaginale / sindrome genito-urinaria;
- di queste, il 9.8% non aveva ricevuto cure. Alle altre erano state prescritte terapie ormonali sistemiche (9.2%), terapie ormonali locali (44.5%) e terapie non ormonali (36.5%);
- al momento dello studio, ben 266 (97.1%) erano ancora affette dalla patologia.
Si può dunque concludere che la sindrome genito-urinaria della menopausa è un disturbo comune ma, allo stesso tempo, poco diagnosticato e curato male. E’ quindi indispensabile migliorare la tempestività della diagnosi e l’efficacia delle terapie.