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Quello che mi aspetto da te

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02/12/2009

Tratto da:
Lorenzo Licalzi, Che cosa ti aspetti da me?, RCS Libri, Milano, 2005

Guida alla lettura

Tommaso Perez, fisico nucleare, colpito da un ictus all’età di 78 anni, è ricoverato in una casa di cura di Roma. La professione lo ha portato a collaborare con i più grandi scienziati del suo tempo, ma la vita personale è stata duramente segnata dalla perdita del figlioletto David, investito a quattro anni, e della moglie Karen, morta di cancro a sessantacinque. L’ictus lo ha lasciato semiparalizzato, ma è soprattutto il dolore di vivere che sembra aver cancellato per sempre la sua capacità di amare ed essere amato: ciò che rimane del brillante uomo di un tempo è soltanto un radicale disincanto, un profondo scetticismo spirituale, e un aspro cinismo verso tutti coloro che cercano – con modi e motivazioni diverse – di alleviare la solitudine e la sofferenza dei suoi giorni.
L’incontro con Elena, settantasette anni, anche lei ospite dell’istituto, cambierà i suoi ultimi anni di vita. Insegnante di danza, innamorata della vita, Elena lo aiuterà poco per volta ad assumere uno sguardo nuovo sul dolore e sull’amore.
Il giorno del suo ottantaduesimo compleanno, Elena gli fa il regalo più inaspettato: una visita all’osservatorio astronomico di Monte Mario, con i suoi vecchi collaboratori, a “vedere le stelle”. L’emozione è immensa, la gratitudine infinita. Ma quella stessa notte Elena muore. Pochi giorni dopo Tommaso riceve una sua lettera: l’amore si intreccia alla speranza, e a un’ultima, dolcissima promessa.
Amore mio,
(e non stupirti se ti chiamo amore)
spero che tu non debba mai leggere questa lettera, perché se dovessi farlo vorrebbe dire che t’avrei lasciato solo, e questa è un’eventualità cui non voglio nemmeno pensare. Devo sopravviverti, Tommaso, non per me, ovviamente, ma per non lasciarti solo.
Eppure ti scrivo, sento che ho bisogno di farlo, soprattutto per dirti che ti amo. Questa è l’unica cosa che non ci siamo mai detti anche se lo sappiamo benissimo entrambi. Strano, il solo pudore tra di noi è proprio questo, forse perché ai vecchi non è concesso l’amore, l’amore vero, intendo dire. Guarda che è amore il nostro, credimi. Non nasconderti dietro alla vecchiaia, dietro alla malattia, dietro alle tue assurde razionalizzazioni. Non nasconderti.
Mai avrei pensato di amare così tanto, nemmeno da giovane, quando sognavo chissà quale meravigliosa storia d’amore mi potesse riservare il futuro. Non l’ho avuta, o meglio, credevo di non averla avuta, e invece è questa, Tommaso, la meravigliosa storia d’amore che mi ha riservato il futuro.
Non m’importa nemmeno di non averti incontrato prima. Fosse successo non sarebbe stata la stessa cosa. Voglio dire, ci saremmo amati, forse, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Innamorarsi da vecchi, non è la stessa cosa.
I vecchi quando si amano da una vita diventano amici, o qualcosa del genere. Invece noi stiamo vivendo la passione dell’innamoramento, la profondità dell’amore e la confidenza dell’amicizia tutti in un unico atto.
Vedi che la vecchiaia non è poi così male. Accettala Tommaso, o conquistala, come sostieni tu, e accetta anche la tua malattia, forse ne guarirai.
Hai sempre apprezzato il fatto che io non mi aspettassi niente da te, lo so, me lo hai detto. Quante volte abbiamo parlato di come tu consideri le aspettative un fardello da cui occorre liberarsi per vivere più sereni. Eppure un giorno me lo hai chiesto, ricordi? Che cosa ti aspetti da me?, e ricordi cosa ti ho risposto? Mi aspetto che tu non mi chieda che cosa mi aspetto da te. Che non voleva dire “niente”, ma tutto quello che eri in grado di darmi senza avere bisogno di chiedermelo.
Ora però ti devo deludere, perché c’è una cosa che mi aspetto da te, ed è che tu riconosca il nostro amore, l’amore che provi. Fallo Tommaso, ti prego, guardati dentro e scoprilo, non per me, perché so che quando leggerai questa lettera, se mai la leggerai, io non ci sarò più, ma per te, perché ti aiuterà a vivere, e a morire, quando sarà il tuo tempo. Perché riconoscere l’amore che provi per me sarà come riconoscere l’Amore, sarà sentire che anche tu sei in grado di provarlo. L’amore non è un sentimento a consumo, non si esaurisce mai, ne abbiamo riserve infinite. La vera difficoltà sta nello scoprirle, nell’oltrepassare il confine profondo tracciato dall’individualismo, dall’indifferenza, dall’egoismo, dal narcisismo, dalla paura, dall’attaccamento alle cose, dall’orgoglio, dall’odio, dalla vita stessa.
Tu dici che il tuo cuore è coperto di neve, la neve può diventare ghiaccio oppure sciogliersi. Dipende soltanto da te. Lasciati andare, Tommaso, come fai ogni tanto quando mi accarezzi o quando chiudi gli occhi se ti accarezzo io. Non aver paura di ammettere il tuo bisogno di ricevere tenerezza, e di darne, non aver paura di dire che mi ami, e bada bene: non di avermi amato! Non aver paura di ammettere che quando ce ne stavamo seduti in silenzio sotto il pergolato ti commuovevi anche tu. Ecco, è questo ciò che mi aspetto da te. E posso chiedertelo, ora, perché non è a me che dovrai rispondere, non lo farai per soddisfare una mia aspettativa, ma una tua esigenza che da troppo tempo hai seppellito sotto la montagna di dolore che hai dentro, e che ti schiaccia. Se lo farai, allora sono certa che ritroverai anche l’amore perduto per Karen, per David, per la Vita – questa tua vita – e chissà, forse anche quello per Dio. Perché l’amore è uno solo.
Esiste un punto di rottura, Tommaso, un confine preciso oltre il quale il Sé si confonde con l’Altro, oltre il quale il Sé e l’Altro diventano tutt’uno, e allora sì che altruismo ed egoismo hanno lo stesso significato, perché oltre quel confine diventano parole prive di significato. Oltrepassare quel confine è difficile, ma se riesci a farlo, se saprai farlo, capirai che le parole non contano più, che niente conta più, nemmeno il tuo corpo cadente. Non farti ingabbiare dalle parole, l’unica parola che conta è Amore.
L’amore non finisce col mondo, credimi Tommaso, non c’è bisogno della fisica o della filosofia per sapere con tranquilla certezza che Dio esiste, basta aver superato quel confine, e io l’ho fatto. Dio è Amore, lo dice il Vangelo, e allora, se Dio è Amore, l’Amore non può finire col mondo.
La ragione e l’intelligenza sono i mezzi che Dio ci ha donato per rivolgerei a Lui, o forse addirittura per dubitare di Lui, ma non è con la ragione o con l’intelligenza che possiamo conoscerlo, capirlo, sentirlo. Non è con la ragione, Tommaso, che possiamo toccarlo, la ragione non basta. Occorre l’Amore. E io con l’Amore l’ho toccato, sono certa che per un attimo ho toccato Dio. Per questo ti dico che esiste, per questo ti dico che ci troveremo ancora.
Ci troveremo ancora, Tommaso, senza forma né luogo, perché non si può dare forma o luogo all’Amore. E tempo ne avremo, tutto quello che ci è mancato e molto di più, così tanto da confondersi con l’eternità.
Un’eternità senza un prima o un dopo, ma con tutto il passato e il futuro possibile condensati in un unico atto: un presente infinito. Ora chiudi per un attimo gli occhi. Tommaso, non importa quanto durerà quest’attimo, quel che conta è che quando li aprirai sarai con me. Di nuovo con me, te lo prometto.
Non temere, Tommaso, ci troveremo ancora, dove non so, come neppure, ma quello che so è che ti insegnerò a ballare. Ti amo.
Elena

Biografia

Lorenzo Licalzi è nato a Genova nel 1956. Dopo aver fondato e diretto per alcuni anni una casa di riposo, ha deciso di dedicarsi solo alle sue più grandi passioni: la psicologia e la scrittura. Oltre a “Che cosa ti aspetti da me?”, uscito nel 2005, ha pubblicato finora altri sette libri: “Io no” (2001, da cui è stato ricavato anche un film), Non so (2003), Il privilegio di essere un guru (2004), Vorrei che fosse lei (2006), Apposta per te (2008), Sette uomini d'oro (2008, che l’anno successivo ha vinto il premio Seleziona Bancarella) e La vita che volevo (2009).
Parole chiave di questo articolo
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