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Ogni cosa ha una voce: ascoltare il mondo per vivere in pienezza

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Ogni cosa ha una voce: ascoltare il mondo per vivere in pienezza
26/10/2022

Liberamente tratto da:
Enzo Bianchi, L’importanza di ascoltare, La Repubblica, 29 agosto 2022

Guida alla lettura

In questo articolo Enzo Bianchi ritorna su un tema che gli è particolarmente caro: l’ascolto come strumento per mettersi in comunicazione autentica con gli altri e con il mondo, per vivere e morire da donne e uomini consapevoli di sé. Un’esigenza che si accompagna a quella del silenzio, dentro e fuori di noi, e che sa accogliere anche il grido della terra, degli alberi, degli animali: perché «ogni cosa ha una voce, e se non siamo malati di sclerosi di udito possiamo ascoltare come le creature tutte ci parlano e ci trasmettono un messaggio».
L’opposto dell’ascolto è il «parlare in ogni situazione per affermare che si esiste, che si è presenti, per farsi sentire», per contrastare l’angoscia che si prova di fronte al vero silenzio, per evitare il necessario sforzo di pazienza che l’apertura all’altro richiede. Viene spontaneo pensare al brusio, e non di rado alle urla, dei social, dove nella maggior parte dei casi si scrive per credere di esserci; e, sul fronte delle immagini, al presenzialismo mediatico di influencer e cosiddetti vip, ma anche ai selfie delle persone comuni, postati ovunque e continuamente per illudersi che la vita abbia per tutti, e senza fatica, una sostanza che va oltre al semplice esistere.
Quanto l’ascolto possa essere decisivo lo dimostra il termine tecnico con cui, in medicina, si rilevano il battito del cuore e il respiro dei polmoni: “auscultare”. Questa parola latina, trasportata senza modificazioni nell’italiano quasi a segnalarne la sacralità primordiale, indica mirabilmente come dalla capacità di ascolto possano derivare una diagnosi accurata, una cura appropriata e, in definitiva, la salute del paziente.
Similmente, l’ascolto di una persona che amiamo, di un libro trascelto con cura, dei suoni di un bosco in autunno, del canto di uccelli lontani, dell’acqua di un fiume ci può aiutare a guarire dalle illusioni e dalla disperazione, simmetriche malattie della volontà, per guardare senza paura il volto dei nostri desideri più profondi e scegliere la strada lungo la quale orientare i nostri giorni.

La parola dell'autore

Con ragione il filosofo Pier Aldo Rovatti asserisce che l’individualismo oggi dominante nella società può essere misurato dalla mancanza di ascolto. Perché quando non ci si cura più dell’ascolto si obbedisce unicamente all’istinto che spinge a parlare in ogni situazione per affermare che si esiste, che si è presenti, per farsi sentire: loquor ergo sum, parlo quindi sono.
Questo accade ormai non solo in casa, in famiglia, dove sempre di più si registra la morte dell’ascolto, ma anche nello spazio pubblico, in mezzo agli altri. Ormai si è imposto in modo generalizzato uno stato d’animo di angoscia di fronte al silenzio e di fatica di fronte alle parole dell’altro. E così, da quando ci alziamo fino a quando ci ritiriamo nella solitudine per dormire, ci sentiamo spinti a parlare, a farci sentire.
La sapienza biblica ammonisce che il parlare in continuazione rende duri di orecchie, invecchia la facoltà di accogliere le parole e finiamo per sentire senza ascoltare.
Ascoltare, dal latino “aus cultura”, significa coltivare l’orecchio, applicare l’orecchio sul petto per prestare attenzione alla voce profonda che viene dall’altro, ed è un’operazione che deve mettere in comunicazione il cuore dell’altro con il proprio cuore. Non si ascolta bene se non con il cuore, che è il luogo dove la parola termina il suo viaggio per essere custodita, interpretata, resuscitata.
Ascoltare non è un’operazione facile: lo impariamo fin dal grembo materno, e fin dall’ora che precede il nostro venire al mondo noi siamo ascolto che impara a discernere accoglienza o rifiuto, aprendoci o chiudendoci alla relazione. E dalla nascita in poi impariamo a vivere non di solo latte, ma di ogni parola che esce dalla bocca della madre.
L’ascolto genera la parola. E proprio dall’ascolto nasce l’impegno, la fatica di tutto il nostro essere, non solo dell’organo dell’udito, perché ciò che giunge alle orecchie possa essere decifrato, interpretato, pensato, accolto. L’ascolto è sempre ascolto di un Altro, uno diverso da noi, e richiede pazienza, lotta contro i pregiudizi, desiderio dell’altro che nella sua diversità può destare in noi paura, diffidenza, freddezza.
Non dobbiamo però dimenticare che l’ascolto degli altri è inerente all’ascolto del mondo e che dobbiamo imparare a decifrare anche le voci, il grido della terra, delle piante, degli animali. Chi non sa vedere la terra che geme e non sa ascoltare la voce delle piante avrà un ascolto monco anche delle persone.
Ascoltare è l’esperienza che umanizza più di ogni altra: basta provare con risolutezza a fare silenzio e tendere l’orecchio in riva al mare, come in un bosco e su una montagna… Ogni cosa ha una voce, e se non siamo malati di sclerosi di udito possiamo ascoltare come le creature tutte ci parlano e ci trasmettono un messaggio che ci aiuta a vivere e a morire.
Ascolto, quindi non sono solo, sono in relazione con il mondo.

Biografia

Enzo Bianchi nasce a Castel Boglione, in provincia di Asti, il 3 marzo 1943. Dopo gli studi alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, nel 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità. E’ stato priore dalla fondazione del monastero sino al 25 gennaio 2017: gli è succeduto Luciano Manicardi, poi sostituito, nel gennaio 2022, da Sabino Chialà.
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro “Il pane di ieri”.
Ha partecipato come “esperto” nominato da Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla “Parola di Dio” (ottobre 2008) e sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (ottobre 2012).
Il 22 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
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