EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Meditare camminando, per essere e non soffrire

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
Meditare camminando, per essere e non soffrire
04/08/2021

Pino Pignatta

Il brano

Camminiamo in modo da imprimere sulla Terra
soltanto pace e serenità.
Camminiamo come se baciassimo
la Terra con i nostri piedi.

«Sono arrivato, sono a casa» significa: non voglio più correre. Ho corso per tutta la vita e non sono arrivato da nessuna parte. Adesso voglio smettere. La mia destinazione è il qui e ora, l’unico tempo e luogo in cui la vera vita è possibile.

Ogni volta che facciamo un passo con coscienza, sboccia un fiore sotto ai nostri piedi. Possiamo riuscirci solo se non indugiamo nel passato o nel futuro, ma ci rendiamo conto che la vita si può trovare esclusivamente nel presente.

Thich Nhat Hanh, monaco zen

L’approfondimento

In questo nostro viaggio nei vari tipi di meditazione che dall’India sono passati alla Cina, al Giappone, al tutto il Sud Est asiatico, e poi si sono estesi alle società occidentali, eccoci, dopo le pratiche Vipassana e Zazen, a un altro tipo di tecnica di consapevolezza interiore orientata a radicarsi nel qui e ora, «l’unico tempo e luogo in cui la vera vita è possibile», al centro di ogni spiritualità orientale: la meditazione-camminata.
I tre spunti di riflessione iniziali sono di Thich Nhat Hanh, un monaco vietnamita, il leader spirituale vivente più seguito nel solco del buddhismo contemporaneo. Oggi 95enne, dopo un ictus è ritornato nel suo Vietnam, dove attende la morte «nella consapevolezza dell’impermanenza». Si è impegnato tutta la vita, a differenza di altri seguaci del Buddha storico più contemplativi, per calare il senso profondo di questa Via, che è semplicemente – ricordiamolo – una via di liberazione dalla sofferenza, nella vita vera dell’umanità, anche dal punto di vista sociale e politico. Ordinato monaco a 16 anni in Vietnam, è stato – si legge sul sito del Plum Village, una comunità che offre ritiri e insegnamenti sul buddhismo, fondata nel 1982 da questo maestro – «un insegnante e un attivista sociale di spicco nel suo Paese d’origine, prima di ritrovarsi esiliato nel 1966 per aver auspicato la pace. Ha aiutato Martin Luther King a pronunciarsi contro la guerra, cambiando l’orientamento dell’opinione pubblica».
Attraverso i suoi insegnamenti la pratica della consapevolezza ha raggiunto un pubblico molto ampio. “Mindfulness” è la parola inglese che sta per consapevolezza, e oggi in tutto il mondo si tengono corsi di mindfulness anche laici, non necessariamente legati alla spiritualità buddhista più pura, e grande merito va proprio al monaco Zen Thich Nhat Hanh, che dal 1970 ha aperto nuovi sentieri per portare l’antica saggezza indiana della consapevolezza nelle società del nostro tempo.
Al Plum Village, nel Sud della Francia, si inizia con la consapevolezza del nostro respiro: «Mentre inspiriamo, diventiamo semplicemente consapevoli che stiamo inspirando e, mentre espiriamo, diventiamo consapevoli che stiamo espirando. Può essere molto rilassante e piacevole seguire il nostro flusso respiratorio dentro e fuori dal nostro corpo. Possiamo scegliere di seguire il nostro respiro dalla pancia o dalle narici. Quando l’aria entra nel nostro corpo, possiamo sentirla rinfrescare ogni cellula. E mentre l’aria lascia il nostro corpo, possiamo rilassare dolcemente ogni tensione. Seguire l’inspirazione e l’espirazione ci riporta al momento presente. Arriviamo nel nostro corpo nel qui e nell’ora. Il nostro respiro è un terreno solido e stabile in cui possiamo sempre rifugiarci. Ogni volta che siamo portati via dal rimpianto per qualcosa che è successo, o spazzati via dalle nostre paure o ansie per il futuro, possiamo tornare al nostro respiro, e ristabilirci nel momento presente. Non abbiamo bisogno di controllare il respiro in alcun modo. Lo incontriamo semplicemente, così com’è. Può essere lungo o corto, profondo o poco profondo. Con la dolce energia della consapevolezza la respirazione diventerà naturalmente più lenta e profonda».
Poi la consapevolezza passa anche dalla consapevolezza dei propri passi. E qui nasce la pratica della meditazione-camminata insegnata da Thich Nhat Hanh, una pratica semplice ma profonda, che possono fare tutti, che può essere svolta nella natura con benefici concreti per la mente e per il corpo: «E’ possibile camminare in libertà e solidità, e arrivare al momento presente ad ogni passo. Ovunque camminiamo, possiamo praticare la meditazione. Camminare in meditazione significa camminare in modo tale da sapere che stiamo camminando. Camminiamo senza fretta, godendoci ogni passo. Diventiamo consapevoli del contatto dei nostri piedi con il suolo e del flusso del nostro respiro. Ci liberiamo dal nostro pensiero: i nostri rimpianti per il passato, le nostre paure e ansie per il futuro o le nostre preoccupazioni nel presente. Diventiamo presenti a noi stessi al 100 per cento, a ogni passo. E’ l’arte della camminata lenta: ci rendiamo conto del contatto tra i nostri piedi e il suolo. E iniziamo ad armonizzare i nostri passi con il nostro respiro. Possiamo fare due o tre passi mentre inspiriamo, e poi tre o quattro passi mentre espiriamo. Dipenderà dai tuoi polmoni e dal ritmo naturale dei tuoi passi. Mentre continuiamo a camminare, sincronizzando il nostro respiro e i nostri passi, diventiamo consapevoli di tutto il nostro corpo che cammina. Possiamo rilassare qualsiasi tensione nelle nostre spalle o braccia, e sentire che miracolo è camminare sulla Terra. Possiamo aprire le nostre orecchie ai suoni che ci circondano e alzare gli occhi per goderci gli alberi, o l’orizzonte, o le persone intorno a noi. Consapevoli dei nostri cinque sensi, sappiamo di essere arrivati al momento presente. Ogni passo può essere nutriente e ogni passo può essere curativo».
Ed è possibile praticare una camminata consapevole, e poi sedersi in modo da poter riposare e ritemprarsi. Possiamo anche prenderci del tempo per fermarci completamente, sdraiarci e praticare un rilassamento guidato profondo o "scansione del corpo". Nella tradizione buddista si parla di “consapevolezza del corpo nel corpo” (kāyānupassanā). Significa che diventiamo consapevoli del corpo dall’interno del corpo, attraverso la nostra esperienza percepita del corpo. Nel rilassamento profondo, possiamo prenderci del tempo per visitare a turno ogni parte del nostro corpo – la fronte, la mascella, le spalle, le braccia, le mani, il ventre e così via – permettendo a quella parte del nostro corpo di rilasciare ogni tensione. Il suggerimento dei monaci è prendersi dei temi particolari per contemplare il corpo: la compassione, la gratitudine, la meraviglia o l’impermanenza.
Un altro senso profondo della meditazione è proprio questo: il significato che diamo al tempo nelle società occidentali, e come lo usiamo, e come noi pensiamo che lo stiamo sprecando o mettendo a profitto. Thich Nhat Hanh propone alla nostra riflessione: «Spesso pensiamo che quando non stiamo facendo nulla stiamo sprecando il nostro tempo, ma non è vero. Il nostro tempo è, esiste, prima di tutto per noi stessi, non in relazione al mondo che ci circonda. Essere, ma essere che cosa? Essere vivo, essere pace, essere gioia, essere amorevoli. Ed è ciò di cui il mondo ha più bisogno. Quindi ciò che dobbiamo fare è allenarci a “essere”. E se conosci l’arte di essere pace, di essere solido, allora hai il terreno per ogni azione... perché il terreno per l’azione è l’essere. E la qualità dell’essere determina la qualità del fare. Dunque, l’azione deve essere basata sulla non-azione».
Sullo stesso argomento per pazienti

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter