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Dopo il vaginismo e la vestibolite: oggi posso di nuovo sorridere

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24/06/2016

Le vostre lettere alla nostra redazione

Proverò a raccontare la mia storia con la speranza di aiutare tante ragazze che come me sono state nel silenzio per paura di non essere capite, ma solo giudicate.
Mi chiamo Monica, ho 34 anni e da qualche mese convivo con il mio fidanzato, con il quale sto ormai da più di tre anni; ho un buon livello culturale che deriva da tanti anni di studio e questo mi ha permesso di ottenere importanti risultati lavorativi molto prima dei miei coetanei. Forse è stata proprio questa dedizione allo studio che mi ha fatto mettere in secondo piano il mio reale problema, ovvero il vaginismo. E’ stata una mia collega di lavoro che mi ha “aperto gli occhi”, semplicemente raccontandomi che aveva dolore durante i rapporti e che la ginecologa le aveva diagnosticato una vulvodinia. La sera stessa sono andata a vedere su Internet di che cosa si trattasse e accanto alla parola vulvodinia è comparso il nome della professoressa Graziottin e della sua fondazione. Ho scorso velocemente e mi sono messa a leggere le storie di molte ragazze che, come me, non avevano ancora avuto rapporti sessuali.
Per la prima volta in vita mia non mi sono sentita diversa dalle altre, non mi sono sentita sola.
La mattina successiva ho preso subito un appuntamento con la professoressa: quando mi ha visitata si è subito resa conto che si trattava di vaginismo in comorbilità con una vestibolite vulvare e un imene cercinato, il tutto aggravato da una forte componente fobico-ansiosa.
Quella era la mia prima visita ginecologica e in quel momento non mi sono sentita giudicata perché avevo 34 anni ed ero ancora vergine, ma mi sono sentita accolta e supportata nel problema che portavo.
Nel novembre 2015 ho iniziato il percorso sia farmacologico che di riabilitazione del pavimento pelvico, un percorso che ho seguito rigorosamente, senza mai tralasciare niente perché ho creduto fin dall'inizio nella parole della professoressa: «Vedrai che ce la farai a guarire». Queste parole me le sono portate sempre con me, visita dopo visita, step dopo step, mi sono completamente affidata a lei.
Questa scala con questi gradini così ripidi è diventata sempre più facile da salire fino a quando, ad aprile, sono finalmente riuscita ad avere il mio primo rapporto sessuale.
Ancora non sono arrivata in fondo a questa scala, ma d’ora in poi affronterò il mio percorso con maggiore serenità.
Ritengo di essere stata fortunata a trovare subito la professoressa Graziottin e a non dover passare da un medico all’altro senza trovare terapie efficaci.
Il consiglio che mi sento di dare a tante ragazze che hanno il mio stesso problema è di non mollare, di credere sempre di potercela fare e di affidarsi alla competenza della professoressa, che ho soprannominato “il mio angelo”.
«Ci sono solo due errori che si possono fare nel cammino verso il vero: non andare fino in fondo e non iniziare» (Buddha).
Un abbraccio col sorriso,
Monica

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