Lo studio ha preso in considerazione 210 donne (età media 22.06, SD = 2.06, range 18-25) e sette diversi disturbi: depressione, sintomi psicotici, malattie somatiche, problemi comportamentali, compromissione del funzionamento quotidiano, povertà delle relazioni sociali, disapprovazione sociale.
I dati sono stati ricavati dallo War-Affected Youth Study (WAYS) e sono stati elaborati distinguendo fra donne:
- senza storia di violenza sessuale e senza bambini;
- con una storia di violenza sessuale e senza bambini;
- con una storia di violenza sessuale e con bambini concepiti dopo l’abuso.
Questi, in sintesi, i risultati. Le donne violentate (con o senza bambini) hanno un rischio significativamente più elevato di soffrire di disturbi organici e psicosociali rispetto alle donne non abusate. In particolare, le donne violentate e con bambini hanno un rischio:
- oltre 5 volte superiore di soffrire di depressione (OR 5.37; 95% CI: 1.45-19.90);
- oltre 6 volte superiore di soffrire di malattie somatiche (OR 6.59; 95% CI: 1.80-24.11);
- quasi 14 volte superiore di essere colpite dalla disapprovazione sociale (OR 13.85; 95% CI: 3.73-51.42);
- oltre 4 volte superiore di avere relazioni sociali impoverite (OR 4.37; 95% CI: 1.26-11.10);
- oltre 4 volte superiore di accusare un funzionamento quotidiano gravemente compromesso (OR 4.02; 95% CI: 1.24-13.02).
In conclusione, in queste sventurate ragazze il danno già intollerabile provocato dal rapimento è ulteriormente aggravato dalla violenza sessuale, dalla necessità di prendersi cura di un bambino non desiderato, dallo stigma sociale (forse la più odiosa delle conseguenze del loro dramma) e naturalmente dalla povertà.
Il merito di questo studio è di evidenziare, in condizioni negativamente amplificate dalla guerra e dalla povertà, l’impatto che la violenza sessuale, e le gravidanze indesiderate che ne conseguono, hanno sulla salute psicofisica della donna; e di richiamarci con forza alla responsabilità di prevenire e, se necessario, reprimere questi atti di abuso fisico ed emotivo, e di proteggere così – anche nei nostri Paesi – le donne, la loro salute e la loro dignità.