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Dolore ai rapporti dopo radiologia oncologica: le terapie

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13/05/2019

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Introduzione

La radioterapia pelvica somministrata per curare tumori dell’ano, del collo dell’utero o della vescica può danneggiare in modo grave e progressivo i tessuti vaginali, fino a rendere i rapporti molto dolorosi o addirittura impossibili (Bernard et al, 2016; Graziottin e Gambini, 2017; Graziottin e Murina, 2017a, 2017b; Katchnick et al, 2017). Ecco che cosa si può e si dovrebbe fare per limitare questo serio effetto collaterale della radioterapia.

Le cause biologiche del dolore ai rapporti dopo radioterapia

La radioterapia (RT) è utilizzata per distruggere le cellule tumorali. Purtroppo colpisce anche le cellule sane dei tessuti vicini al tumore, con un effetto proporzionale alla dose e alla durata del trattamento. Causa un’infiammazione da raggi (“attinica”), che dura per molti mesi dopo la fine della radioterapia stessa. E’ un vero incendio biologico che distrugge tutte le componenti del tessuto, le quali vengono poi sostituite da un rigido tessuto cicatriziale. Nel caso della vagina questo comporta un retrazione della parete, con accorciamento anche molto marcato, un assottigliamento della mucosa, che diventa molto fragile e sanguinante, una riduzione del diametro (“stenosi”), che può rendere la vagina così stretta da non essere penetrabile nemmeno con la prima falange di un dito (Graziottin e Gambini, 2017).
Nello specifico, dopo radioterapia pelvica (Hofsiö et al, 2017):
- il 97% delle donne ha fibrosi pelvica;
- il 91% soffre di atrofia della mucosa vaginale;
- la vagina si accorcia mediamente di 3 centimetri, con una lunghezza media di 7 centimetri dopo RT, contro i 10 centimetri in media di lunghezza nelle donne sane;
- il contenuto di elastina, la fibra che rende elastica la parete vaginale, è molto ridotto rispetto alle donne sane.
Ne conseguono secchezza vaginale progressiva, atrofia vaginale severa e dolore ai rapporti di crescente intensità e gravità.

Che cos'è la vaginite attinica?

Si parla di vaginite attinica per descrivere lo stato infiammatorio della vagina causato proprio dalle radiazioni. Il danno da raggi è responsabile di una severa atrofia vulvo-vaginale, ancora più grave e rapida se è associata alla menopausa, spontanea (per età) o chirurgica (iatrogena), quando per curare il tumore sia stato necessario asportare sia l’utero sia le ovaie. L’atrofia vulvo-vaginale contribuisce poi alla sindrome genitourinaria della menopausa, caratterizzata anche da disturbi vescicali – quali urgenza minzionale, pollachiuria, minzione dolorosa (disuria) – e genitali, con accentuazione della secchezza vulvovaginale e dell’atrofia, oltre che del dolore ai rapporti.

Il dolore ai rapporti dopo radioterapia pelvica è frequente?

Sì, purtroppo più di quanto si pensi. Una recente ricerca condotta dall’Università di Gothenburg, in Svezia, indica che il 59 per cento delle donne trattate radiologicamente per un cancro ginecologico, e che riprendono la vita intima, soffre di dolore ai rapporti, per l’effetto delle radiazioni sui tessuti. In particolare, il 19% lamenta dispareunia introitale, il 4% dispareunia profonda e il 36% entrambe le forme di dolore.
Da ginecologa-oncologa che lavora da decenni su questo problema ritengo che si possa fare molto per queste donne. Per un risultato che rispetti e valorizzi la fisiologia della vagina e la qualità della sua risposta fisica è indispensabile ricorrere tempestivamente a un trattamento multimodale (Graziottin e Murina, 2017c). In particolare, si può agire a livello ormonale e non ormonale, oltre che con la fisioterapia e il laser vaginale.

Interventi ormonali

Nelle donne che abbiano avuto un carcinoma squamoso della cervice uterina (causato nella maggioranza dei casi da un Papillomavirus oncogeno e non dipendente dagli ormoni) si possono usare:
1. estrogeni vaginali: estradiolo o, ancor meglio, estriolo, perché è efficace, leggero (è potente 1/80 dell’estradiolo), molto ben tollerato, e per questo utilizzabile in sicurezza per anni (con l’eccezione, ripeto, di tumori ormonodipendenti, come gli adenocarcinomi del collo dell’utero e dell’endometrio, che controindicano gli estrogeni, anche locali);
2. testosterone locale, vulvare e vaginale, che unisce all’azione positiva sulla lubrificazione e sulla congestione dei corpi cavernosi clitorideo, bulbovestibolare e uretrale una preziosa azione antinfiammatoria. Va applicato sia sui genitali esterni sia in vagina, con leggero massaggio intorno all’entrata e poi sulla parete vaginale anteriore. Il testosterone ha due grandi qualità biologiche: da un lato è un potente “pompiere”, nel senso che riduce l’infiammazione biologica; dall’altro è un grande architetto ricostruttore, nel senso che aiuta i tessuti, sia vaginali sia uretrali e vescicali, a ricostruirsi in tutte le loro componenti. In tal modo lavora in sinergia con gli estrogeni, rendendo la mucosa più soffice, più resistente, più vascolarizzata e morbida, più sessualmente responsiva. Per vedere e sentire un risultato soddisfacente sono necessari tre-sei mesi di terapia. Si può usare il testosterone di estrazione vegetale oppure il testosterone propionato, su prescrizione medica non ripetibile (nel senso che per continuare la cura è necessaria una ricetta nuova). In assenza di controindicazioni, la cura va fatta per tutta la vita.

Interventi non ormonali

Possono essere utilizzati in tutte le donne che non vogliano o non possano usare le terapie ormonali, nemmeno locali. Sono indicati, e sarà il medico curante e scegliere i più adatti alla singola donna, sia gel vaginali sia farmaci per bocca, il più recente ed efficace dei quali è l’ospemifene.

Gel vaginali

Includono:
a) gel all’acido ialuronico: aiuta a ripristinare lo strato di glicosaminoglicani che riveste la parete vaginale e a ricostituire una mucosa vaginale più spessa, robusta e sana;
b) gel al colostro: utilizza principi trofici, ossia nutritivi, che ricostruiscono le diverse componenti della parete vaginale con un meccanismo d’azione diverso dall’acido ialuronico;
c) gel a base di palmitoiletanolamide (PEA): limita gli effetti negativi della radioterapia, ancor meglio se unito a una terapia per bocca con lo stesso principio attivo, che ne attenua anche i danni a distanza. Per esempio, la PEA riduce la neuroinfiammazione dovuta all’inondazione del cervello da parte delle citochine infiammatorie che si liberano per la massiccia morte cellulare da radioterapia (Lukasiewicz e Graziottin, 2015).

Ospemifene

L’ospemifene è ora disponibile anche in Italia, mentre negli Stati Uniti è in commercio da due anni, con ottimi risultati clinici. Non è un ormone e non rilascia ormoni. E’ stato approvato anche per le donne che abbiano completato le terapie adiuvanti (tamoxifene o inibitori delle aromatasi) per curare il tumore al seno. Può essere usato in sicurezza da chi abbia avuto tumori ginecologici e completato le cure. Si assume una compressa (60 mg) per bocca al pasto principale: questo è un aspetto molto importante per ottimizzare l’assorbimento e quindi anche l’efficacia (Graziottin, 2018).
Per capire come agisce, è utile immaginare i recettori ormonali per gli estrogeni come una serratura. L’ospemifene è una chiave intelligente che modifica la propria azione a seconda del tessuto in cui lavora. A livello del seno, entra nel recettore e lo blocca: ecco perché è antiproliferativo e quindi protettivo, anche dopo tumore al seno (come il tamoxifene, che è suo “cugino”, nel senso che appartengono alla stessa famiglia dei modulatori selettivi del recettore estrogenico, o Selective Estrogens Receptors Modulators, SERMS). A livello della vagina entra nel recettore e lo attiva, regalando una buona lubrificazione e una recuperata salute della parte vaginale, a tutto spessore, vasi inclusi, rispettando quindi e valorizzando la risposta naturale, se usato subito dopo la radioterapia.

Fisioterapia e dilatatori, e laser vaginale

La fisioterapia prevede una terapia di rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico, integrata con l’uso dei dilatatori vaginali. L’uso di dilatatori vaginali – spesso suggerito nella pratica medica – è prezioso dopo radioterapia, perché aiuta a mantenere l’abitabilità della vagina in quanto lavora sulla struttura muscolare della parete vaginale e del pavimento pelvico, agendo quindi sulla componente biomeccanica del dolore.
In particolare, va bene nelle donne alle quali siano state conservate le ovaie, purché continuino a produrre estrogeni, e cioè non siano in menopausa. Tuttavia, per le donne a cui siano state asportate le ovaie, insieme all’utero, o che siano già in menopausa, l’intervento terapeutico dovrebbe considerare anche la terapia ormonale personalizzata.
Il laser vaginale interviene dopo il completamento della radioterapia. Ne esistono di vari tipi. E’ efficace, ma costoso. E mancano dati di sicurezza a lungo termine.

In sintesi

Con un’appropriata terapia multimodale è possibile mantenere un’ottima abitabilità vaginale e un’eccellente risposta sessuale, anche dopo la radioterapia. Per avere risultati ottimali, la terapia deve iniziare già in corso di trattamento: tanto prima, tanto meglio. Altrimenti la retrazione cicatriziale dei tessuti, causata dalla radioterapia, diventa tanto più difficile da curare quanto più tempo è trascorso fra radioterapia e inizio delle cure.

Bibliografia essenziale

Bernard S, Ouellet MP, Moffet H, Roy JS, Dumoulin C. Effects of radiation therapy on the structure and function of the pelvic floor muscles of patients with cancer in the pelvic area: a systematic review. J Cancer Surviv. 2016 Apr; 10 (2): 351-62

Graziottin A. Ospemifene: an alternative option for the treatment of vulvovaginal atrophy. In: Graziottin A. (a cura di), Atti e approfondimenti di farmacologia del corso ECM su “Patologie ginecologiche benigne e dolore: come scegliere il meglio fra terapie mediche e chirurgiche”, organizzato dalla Fondazione Alessandra Graziottin per la cura del dolore nella donna Onlus, Milano, 25 maggio 2018, p. 97-103

Graziottin A, Gambini D. Evaluation of genito-pelvic pain penetration disorder. In: Waguih W.I. (Ed), The Textbook of Sexual Medicine, Springer Verlag 2017

Graziottin A, Murina F. Vulvar pain from childhood to old age. Springer, 2017a

Graziottin A. Murina F. (a cura di), Il dolore vulvare dall’A alla Z: dall’infanzia alla post-menopausa. Atti e approfondimenti di farmacologia del corso ECM organizzato dalla Fondazione Alessandra Graziottin per la cura del dolore nella donna Onlus, Milano, 7 aprile 2017b

Graziottin A, Murina F. Terapia multimodale del dolore vulvare: stili di vita e terapie farmacologiche, riabilitative, antalgiche e chirurgiche. In: Graziottin A. Murina F. (a cura di), Atti e approfondimenti di farmacologia del corso ECM su “Il dolore vulvare dall’A alla Z: dall’infanzia alla post-menopausa”, organizzato dalla Fondazione Alessandra Graziottin per la cura del dolore nella donna Onlus, Milano, 7 aprile 2017c, p. 108-117

Hofsjö A, Bohm-Starke N, Blomgren B, Jahren H, Steineck G, Bergmark K. Radiotherapy-induced vaginal fibrosis in cervical cancer survivors. Acta Oncol. 2017 May; 56 (5): 661-666

Kachnic LA, Bruner DW, Qureshi MM, Russo GA. Perceptions and practices regarding women’s vaginal health following radiation therapy: a survey of radiation oncologists practicing in the United States. Pract Radiat Oncol. 2017 Sep-Oct; 7 (5): 356-363

Lukasiewicz ME, Graziottin A. Women’ sexuality after gynecologic cancers. In: Studd J. Seang LT. Chervenak FA. (Eds), Current Progress in Obstetrics and Gynaecology, Vol. 3, Second Edition, Kothari Medical, Mumbai, 2015, p. 95-116

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