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Resilienza e terza età: come invecchiare bene con la musica – Parte 2

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30/04/2014

Tratto da:
F. Farina, L’invecchiamento positivo con la musica. In: Cristina Castelli (a cura di), Resilienza e creatività. Teorie e tecniche nei contesti di vulnerabilità, Franco Angeli Editore, Milano 2011, pag. 108-116

Guida alla lettura

Nella prima parte di questa riflessione, Francesco Farina ha spiegato come la resilienza sia la capacità di una persona o di un gruppo di svilupparsi con fiducia anche in presenza di eventi destabilizzanti e condizioni di vita difficili. E ha sottolineato come l’anziano possegga un potenziale di resilienza non indifferente, purché questo potenziale venga alimentato da esperienze individuali e sociali in cui siano promossi adeguati processi cognitivi, emotivi e motivazionali: fra tali esperienze, spiccano in modo particolare quelle musicali.
Nella seconda parte qui pubblicata Farina approfondisce – ancora in termini generali – le caratteristiche del processo di resilienza nell’invecchiamento, ribadendo innanzitutto come i suoi pilastri siano non solo individuali ma anche sociali, e come esso consista in un processo dinamico che implica un progressivo adattamento positivo alle situazioni potenzialmente sfavorevoli.
In secondo luogo, Farina sottolinea che tale adattamento (in inglese: coping), in cui la maggiore disponibilità di tempo gioca un ruolo prezioso, si esercita sia nei confronti di fattori personali e intrinseci, come la crescente difficoltà a compiere le normali attività della vita quotidiana, sia nei confronti di eventi traumatici ambientali, primi fra tutti i lutti e il pensionamento. Infine, chiarisce come la resilienza non sia sinonimo di una visione «poetica e ottimista» dell’esistenza, ma una strategia esistenziale che implica un cambio di prospettiva radicale e non esente da problematicità: in questo senso, la resilienza può anche essere vista come un «libretto di istruzioni per sostenere, supportare o consigliare le persone che stanno affrontando con difficoltà l’invecchiamento».
Nella terza e ultima parte, Farina analizzerà lo specifico contributo che la musica può offrire alla resilienza dell’anziano.
2. Il processo di resilienza nell’invecchiamento

Come si è evoluto in senso positivo lo sguardo delle scienze sull’età anziana, così è cambiato il punto di vista delle ricerche che hanno indagato la resilienza nel ciclo di vita (Richardson, 2002): se i primi studi la identificavano quale caratteristica esclusivamente individuale, successivamente si è riconosciuta l’importanza delle relazioni sociali, oltre allo sviluppo di conoscenze ed esperienze, per la sua determinazione. Questa prospettiva ha consentito di teorizzare che la resilienza può essere appresa, supportata e talvolta praticata, per esempio attraverso l’esperienza di situazioni a rischio che consentono di possedere una gamma di abilità per affrontare i problemi futuri (Gilgun, 1999).
Anche se in letteratura non è da molto che si parla esplicitamente di resilienza nell’ età anziana (Rowe, Kahn, 1998) il comportamento che diverse persone mettono in atto nei confronti degli aspetti negativi dell’invecchiamento può essere letto in questi termini, ovvero come processo dinamico e multidimensionale che implica un adattamento positivo a fronte di una situazione potenzialmente sfavorevole (Castelli et al., 2010).
Come presentato sopra, la maggior parte delle discussioni relative all’ età anziana si è focalizzata sui fattori logoranti o stressor quali:
- caratteristiche intrinseche che caratterizzano in senso negativo il processo vitale dopo i 65 anni: deficit sensoriali, lentezza nei movimenti, e derivante impossibilità di compiere le normali funzioni vitali in modo efficace;
- eventi traumatici legati all’esposizione ambientale: perdita di responsabilità lavorative in relazione all’età pensionabile, lutti e perdita di persone care, fratture o eventi riconducibili a traumi connessi con l’invecchiamento.
D’altra parte, è possibile individuare gli aspetti protettivi o risorse salienti da intendersi quali strategie di coping durante l’invecchiamento (Gyurcsik, Estabrooks 2004; Gilgun, 1999; Jopp, Rott 2006; McAuley et al. 2006): senso di autoefficacia, relazioni interpersonali, amicizie sincere, routine non troppo marcata, relazioni con il contesto e l’ambiente, strategie di pensiero e operative, conoscenza ed esperienza, visione positiva della realtà e possibilità di ragionamento sulla propria esistenza.
Nello specifico emerge l’importanza rivestita dalle esperienze passate e presenti e del contesto sociale per mantenere e praticare resilienza in età anziana. Inoltre, a questo proposito risulta essere di primaria importanza la maggiore disponibilità di tempo che consente di sviluppare variabili che possono avere effetti positivi sul comportamento o che moderano in maniera evidente l’incidenza dei fattori di rischio sugli sviluppi personali.
A questo punto il discorso è ben lungi dall’essere una visione puramente poetica e ottimista, poiché non nega i limiti o le difficoltà dell’età anziana e non è neppure la normalizzazione di una condizione che di per sé sarebbe l’opposto dello sviluppo. Questo risulta invece essere un cambio di prospettiva, ossia una visione che, considerando gli stessi oggetti in questione, li osserva però secondo un approccio funzionale che considera l’essere umano più di un meccanismo che con l’usura si consuma, ma un sistema dinamico capace continuamente di modificarsi ed evolversi anche mediante ripetute riorganizzazioni.
Tale visione può risultare perfettamente adeguata ad alcune persone, per altre può essere il punto di partenza per iniziare a rileggere se stessi e la realtà, per altre ancora può funzionare come una sorta di “libretto di istruzioni” per sostenere, supportare o consigliare le persone che stanno affrontando con difficoltà l’invecchiamento. Una persona può trascorrere le diverse età della vita esplorando, conoscendo, gustando e apprezzando i momenti piacevoli, allo stesso modo può attraversare, affrontare, superare o farsi sopraffare dalle difficoltà che incontra. Di questi aspetti può recepire il valore, talvolta non evidente e difficile da individuare, facendone tesoro per le esperienze future proprie o delle persone vicine.

Bibliografia

- Castelli Fusconi C., Farina F., Pini E., Baventore D. (2010), Resilienza: approcci teorici e prospettive di ricerca, In Galimberti C., Scaratti G. (a cura di), Epistemologie della comolessità nella ricerca psicologica, Vita e Pensiero, Milano
- Gilgun J. (1999), Mapping resilience as a process among adults with childhood adversities, in McCubbin H.I., Thompson A.I., Futrell J.A. (eds), The dynamics of resilient families, Sage, London
- Gyurcsijk N.C., Estabrooks P.A. (2004), Acute exercise thoughts, coping, and exercise intention in older adults, Journal of Applied Social Psychology, 34, 6: 1131-1146
- Jopp D., Rott C. (2006), Adaptation in very old age: exploring the role of resources, beliefs, and attitudes for centenarians’ happiness, Psychology and Aging, 21, 2: 266-280
- McAuley E., Konopack J.F., Morris K.S., Motl R.W., Hu L., Doerksen E. (2006), Physical activity and functional limitations in older women: influence of self-efficacy, Journal of Gerontology: Psychological Sciences, 61b, 5: 270-277
- Richardson G. (2002), The meta-theory of resilience and resiliency, Journal of Clinical Psychology, 58: 307-321
- Rowe J.W., Kahn R.L. (1998), Successful aging, Pantheon Books, New York

Biografia

Pedagogista e dottore di ricerca presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Francesco Farina è specializzato come formatore ed educatore attraverso l’utilizzo e la sperimentazione dei linguaggi musicali.
Ha partecipato all’ideazione del modello di intervento la “Valigia dei Talenti” dell’Università Cattolica: strumento socio-pedagogico creato per contesti di emergenza educativa di strada, è volto a sviluppare in bambini e adolescenti il senso del gruppo, la presa di coscienza delle proprie emozioni e la consapevolezza delle proprie capacità, utilizzando canali comunicativi come il teatro, la musica e la pittura.
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