Guida alla lettura
L’una dimensione influenza l’altra: «Ciascuno ha in sé un “continente interno”, che non finirà mai di esplorare e che nessun altro potrà esplorare al suo posto, ma a delimitare i contorni di questo continente hanno contribuito i “continenti esterni”, quell’alterità di luoghi e di volti sovente sperimentata nel viaggiare alla ricerca di un altrove». Ma è altrettanto vero che il viaggio interiore fornisce spesso un perché al viaggio esteriore e ne anima i percorsi.
Le motivazioni dei due viaggi, allora, possono assomigliarsi: stanchezza e insoddisfazione del presente, curiosità del nuovo, sete di senso, «la voce di qualcosa o qualcuno che ci chiama». L’importante è essere protagonisti attivi della scelta, sin dal momento in cui si decide e ci si prepara: perché, come ammoniva Seneca, «quando l’uomo non sa verso quale approdo naviga nessun vento gli è favorevole», e quindi non può realmente salpare. Parole che richiamano alla memoria, per contrasto, il terribile testamento di George Gray a Spoon River: «Una barca con vele ammainate, in un porto. / In realtà non è questa la mia destinazione / ma la mia vita» (Edgar Lee Masters). Solo avendo il coraggio di partire, e sapendo perché e per quale destinazione partiamo, possiamo assimilare in profondità l’esperienza che ci attende e poi tornare arricchiti: alla vita di sempre, ma con spirito rinnovato, o a una vita nuova, segnata per sempre da quel cammino.
Scegliere significa poi «escludere, distinguere dall’essenziale ciò che indispensabile non è»: ogni viaggio ha il suo bagaglio ideale. Vero per il viaggio esteriore, verissimo per quello interiore: «Incamminarsi verso il profondo obbliga a un discernimento di ciò che ci fa muovere e vivere, costringe alla rinuncia a quanto, magari buono in sé, finirebbe per ostacolare il cammino, invita a una purificazione della memoria, a chiedersi cosa portare con sé del proprio passato».
Il tempo libero dell’estate può quindi essere davvero un momento propizio, il tempo-kairós degli antichi Greci, non solo per distrarci da una quotidianità spesso grigia e uniforme, ma anche per crescere nella consapevolezza di noi stessi e di ciò che realmente conta per noi: a tutte le persone che ci seguono, l’augurio di cogliere con pienezza questa straordinaria opportunità.
Poco più tardi ci sarebbe stato l’indimenticabile pellegrinaggio in treno a Roma, con i ragazzi vincitori del premio Veritas provenienti da tutte le diocesi e accompagnati a un incontro con papa Pio XII. Nient’altro. Sarà solo con gli anni universitari a Torino che il mio approccio al viaggio muterà profondamente, legandosi a due dimensioni non sempre complementari ma entrambe affascinanti: da un lato il muoversi in tutta Europa e il bacino del Mediterraneo con gli amici per conoscere nuovi orizzonti e, d’altro lato, la ricerca di un senso alla mia vita, visitando monasteri, cattedrali e luoghi significativi per la maturazione della mia fede.
Con il passare degli anni, ai viaggi più o meno avventurosi – come quello in auto attraverso la Jugoslavia e l’Albania alla fine degli anni Sessanta per recarmi dal patriarca Athenagoras a Costantinopoli, oppure quello oltrecortina sulla mia Fiat Cinquecento fino a Praga “a prendere un caffè” – si sono aggiunti quelli legati al mio ministero di predicazione della Parola, dall’Africa all’Estremo Oriente: lunghe ore di volo, comunque sempre insufficienti per prepararsi a sbalzi culturali enormi, panorami di cieli e terre inediti, volti, pensieri e parole che aprono nuovi mondi interiori... Ora, nella vecchiaia sta stranamente scemando il desiderio nutrito negli ultimi decenni di sostare a lungo in un luogo tranquillo e riaffiora l’attrazione a riprendere un cammino più itinerante, per città e villaggi, chiese e monasteri, mostre e musei...
Ma credo che nonostante queste diverse stagioni della vita, il senso del viaggio non muti. E quando dico “senso” lo intendo nella sua duplice accezione di “direzione” e di “significato”. Sì, perché ogni viaggio, anche quello solo immaginato, ha un tragitto, un “verso dove” e una ragione, una motivazione. Proprio per questo ritengo sia impossibile parlare di “viaggio” senza che il pensiero vada a un viaggio “altro”, quello interiore. Un viaggio che può aver luogo, anche simultaneamente, lungo le strade del mondo e nei meandri della coscienza: «Lo spirito del paesaggio e il mio spirito si sono concentrati e, per questo, trasformati in modo che il paesaggio è proprio dentro di me», diceva il pittore cinese Shi Tao.
Sì, sovente un viaggio aiuta l’altro, quello esteriore offre spunti a quello interiore e quest’ultimo fornisce le motivazioni al primo e ne anima il percorso: i pellegrinaggi non nascono forse da un desiderio dello spirito? Ciascuno infatti ha in sé un “continente interno”, che non finirà mai di esplorare e che nessun altro potrà esplorare al suo posto, ma a delimitare i contorni di questo continente, a modularne suoni e colori, ad arricchirne flora e fauna hanno contribuito i “continenti esterni”, quell’alterità di luoghi e di volti sovente sperimentata nel viaggiare alla ricerca di un altrove.
Ma per capire in profondità il senso di ogni nostro viaggio è indispensabile soffermarsi sul suo inizio, che non è la partenza, bensì una fase molto precedente: il momento in cui l’abbiamo pensato e poi iniziato a prepararlo e a prepararci. In altri termini, il viaggio inizia con il chiedersi perché intraprenderlo e perché proprio quello. Sarà questa motivazione a determinare la scelta della meta e a fissare il momento della partenza: «Quando l’uomo non sa verso quale approdo naviga – diceva Seneca – nessun vento gli è favorevole» e quindi non può salpare. E anche un apparente vagare senza meta, come il nomadismo, possiede in realtà un fine: si cerca non un luogo preciso ma un posto qualsiasi in cui trovare una realtà precisa, il pascolo oppure la sorgente.
Diversi possono essere i motivi che ci spingono al viaggio: il dolore che la situazione in cui ci si trova suscita in noi, il desiderio di novità che ridà dinamica alla nostra vita, la voce di qualcosa o qualcuno che ci chiama, la curiosità di scoprire se le nostre radici hanno diramazioni insospettate. Il viaggio interiore non nasce da motivi diversi: l’insostenibilità di una vita della quale si è smarrito il senso, l’intuizione di essere abitati da dinamiche assopite, il richiamo di una voce amica o la scoperta che una voce fino ad allora indistinta si è fatta chiara, la percezione di attingere linfa vitale da un humus sconosciuto.
Allora è in base a queste motivazioni che decidiamo il bagaglio e l’abbigliamento adatti: per sceglierli infatti dobbiamo conoscere noi stessi, le nostre esigenze e le realtà ambientali cui andremo incontro. Scegliere significa escludere, distinguere dall’essenziale ciò che indispensabile non è: operazione non facile, perché in viaggio può rivelarsi pericoloso se non letale dimenticare qualcosa di vitale oppure caricarsi di pesi inutili. Non dimentichiamo che i discepoli inviati in missione da Gesù non dovevano prendere con sé né borsa (per il denaro), né bisaccia (per il cibo), ma solo la pace e il suo annuncio.
Incamminarsi verso il profondo obbliga allora a un discernimento previo di ciò che ci fa muovere e vivere, costringe alla rinuncia a quanto, magari buono in sé, finirebbe per ostacolare il cammino, invita a una purificazione della memoria, a chiedersi cosa portare con sé del proprio passato. Che siano la sua dimensione interiore e questi preparativi il “senso” che fornisce al viaggio la direzione e il suo significato?
Biografia
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro “Il pane di ieri”.
Ha partecipato come “esperto” nominato da Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla “Parola di Dio” (ottobre 2008) e sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (ottobre 2012).
Il 22 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.