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Dopo anni di dolore da endometriosi, il miracolo più grande: la mia bambina

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17/02/2017

Le vostre lettere alla nostra redazione

Sono Dora, ho 37 anni, vivo nella della provincia di Milano, impiegata. Racconto brevemente quella che è stata la mia convivenza con il dolore mestruale grave.
Fin dai primi cicli mestruali, manifestatisi a 12 anni, ho potuto appurare che qualcosa non andava completamente per il verso giusto. Le mie amiche non soffrivavano così tanto ed erano “regolari”. Io no, mai. Passavano gli anni ma le cose non cambiavano, attendevo con ansia – per non dire terrore – l’arrivo (chissà quando) del ciclo ogni mese. E quando si presentava, il film era quasi sempre lo stesso: dolori insopportabili al basso ventre, ai reni e persino alle gambe, stavo a letto quasi sempre tutto il primo giorno (a volte il secondo o il terzo), non esisteva nessuna posizione che alleviasse il dolore nella fase più acuta, assumevo antidolorifici in dosi da cavallo (provati un po’ tutti, senza che nessuno mi avesse mai prescritto protettori gastrici, fino agli ultimissimi anni) e purtroppo avevo frequenti svenimenti, con conseguenti corse in pronto soccorso o chiamate alla guardia medica. I soccorritori ormai mi conoscevano (tralascio i sensi di colpa che provavo ogni volta per averli fatti uscire la notte per problemi che «le altre ragazze normali non avevano» – pensavo).
In famiglia non soffrivo solo io, ma anche i miei genitori e mio fratello, che mi vedevano sistematicamente subire tutto questo, impotenti. Inoltre crescevo e mi sentivo “imprigionata” per colpa di questo mio problema: avevo paura a stare fuori di casa la notte, pensavo che non avrei mai potuto concretizzare l’esperienza di andare a vivere da sola, non potevo! Cosa mi sarebbe successo in quelle notti, senza mia mamma a fianco ad aiutarmi, soprattutto quando stavo per svenire? Gli svenimenti erano il mio terrore più grande. Arrivavano quasi sempre se il ciclo giungeva di notte, forse perché durante il sonno ero più debole. Cominciavo con le corse in bagno, con lo stimolo fasullo di dovermi in qualche modo liberare. Lì iniziavano i formicolii agli arti, sempre più intensi, sudore freddo, diventavo gelata, e poi il buio. In due occasioni cadendo a terra mi sono procurata una ferita al sopracciglio sinistro e una frattura composta al naso. In quest’ultima occasione fu mio padre a trovarmi in bagno svenuta, con la faccia riversa sul pavimento, in una pozza di sangue. Avevo provato ad andare in bagno da sola, per non disturbarle nessuno… Non lo scorderò mai.
Avrò cambiato quattro o cinque ginecologi, ma tutti dicevano che non c’era molto da fare: «L’endometriosi si può verificare solo con la laparoscopia, ma ora è presto», «Vedrai che col primo figlio la situazione migliorerà» (sì, ma ero giovanissima). Mi chiedevo continuamente: «Dovrò per forza subire questa condanna per tanti anni ancora?». E poi: «Possibile che non ci sia nessuno in grado di sistemare questa cosa?». Insomma, gli anni passavano così, cambiando anche diverse pillole (ma non ne andava mai bene una, non le tolleravo completamente).
Tutto questo finché un giorno la mia cara mamma, sfogandosi al telefono con una cugina padovana, si sentì dire: «Ma tu devi mandarla dalla professoressa Graziottin! Ha sistemato la mia Betty! E poi ce l’avete lì a Milano!».
Beh, quella telefonata ha dato davvero una svolta alla mia vita. Durante il primo appuntamento la professoressa ha inquadrato subito la mia situazione: era proprio endometriosi. Mi sono sentita veramente capita, relativamente al mio problema, per la prima volta. Una sensazione di sollievo inspiegabile. Stiamo parlando di otto anni fa. E da lì, con la sua grande esperienza e professionalità, con la pillola giusta per me, i giusti integratori, tra cui l’amico magnesio che non mi abbandona mai, la professoressa ha dato una svolta la mia vita. Anche psicologicamente. Non credo sia un caso infatti che, dopo un anno, io abbia incontrato quello che è poi diventato mio marito, tre anni fa. E poi il miracolo più grande. All’inizio del 2015, dopo un solo mese di sospensione della pillola e di tentativi per avere un bimbo, sono rimasta incinta della mia Elisa, un fiore di bambina, una meraviglia che non avrei mai pensato di poter generare, e con quella facilità soprattutto, dopo aver trascorso una vita con la spada di Damocle dell’infertilità sulla testa.
E non è finita, durante l’ultima visita la mia cara professoressa mi ha fatto un altro regalo, dicendomi che non si ritirerà mai da questa attività! Così da poter dare anche alla mia piccola Elisa la fortuna di essere seguita e protetta da una grande donna e professionista, un angelo custode che saprà evitarle la sofferenza che ho subito io, ne sono sicura. Che dire, un grazie di cuore professoressa, per tutto ciò che ha dato a me e che darà sempre a tutte le donne.
Un abbraccio, Dora
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