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Terapia del dolore 1 - Perché è essenziale seguire bene le cure farmacologiche

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03/03/2008

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Sintesi della relazione “Importanza della compliance nei pazienti in terapia cronica” presentata dalla Professoressa Graziottin al Corso ECM su “Evoluzione clinica, farmacologica e normativa della terapia del dolore”, Milano, 4 dicembre 2007

Il problema

“I farmaci non funzionano nei pazienti che non li prendono”. “E’ difficile mettere a punto una soluzione efficace, se non si parla del problema... soprattutto se si tratta di dolore”. Due affermazioni lapidarie e volutamente paradossali, che ritraggono con efficacia i due volti di un problema molto diffuso in campo medico:
a) la difficoltà del paziente di seguire bene le cure farmacologiche, soprattutto nella terapia di condizioni caratterizzate da dolore cronico;
b) la scarsa attenzione al dolore come protagonista critico della malattia, da parte dei medici.
Quando il paziente non segue o non riesce a seguire accuratamente le indicazioni terapeutiche riduce le proprie possibilità di migliorare e/o guarire. Oppure va incontro a un progressivo aggravamento delle sue condizioni di salute. Tecnicamente, si parla di “compliance” e “aderenza” inadeguate.
Questo fenomeno, come vedremo, è tanto più vero nella cura del dolore cronico, in cui entrano in gioco complessi fattori di natura biologica, psicologica, relazionale e culturale. Nel nostro Paese, in particolare, la cultura del dolore è ancora inadeguata, come si diceva, proprio e prima di tutto a livello medico. Ciò fa sì che la verità biologica del dolore sia spesso negata, o perlomeno scarsamente compresa, con due gravi conseguenze:
- un modesto ricorso a terapie antalgiche efficaci: l’Italia è il 20° Paese (su 21, dopo di noi solo il Portogallo!) per numero e qualità di cure antalgiche;
- una scarsa attenzione alla compliance e all’aderenza alla terapia.
In questa scheda illustriamo:
- i concetti di compliance, aderenza e persistenza;
- in che modo compliance e aderenza possano essere migliorate per ridurre il dolore e stare meglio.
Nelle schede successive analizzeremo:

- il problema della non-aderenza alla terapia;
- il ruolo negativo della depressione;
- i fattori che influenzano l’aderenza a livello di paziente, malattia, regime terapeutico, rapporto medico-paziente, contesto

socioeconomico e sanitario.

Obiettivo della scheda

L’obiettivo della scheda è aiutare la donna a capire quali fattori possano migliorare il suo rapporto con la terapia farmacologica, così da ridurre i fattori negativi e potenziare tutti gli aspetti che possono contribuire a ottenere la massima riduzione del dolore e il maggior benessere quotidiano.

Che cos'è la compliance?

Questo termine inglese, entrato ormai nell’uso medico comune, indica l’adeguamento del paziente alle prescrizioni – farmacologiche, riabilitative e/o di stile di vita – fatte dal suo medico. Il termine sottolinea quindi la passività del/la paziente, in un certo senso il suo essere “oggetto” di cura, invece che soggetto e protagonista attivo/a della terapia. In questa “asimmetria” decisionale sta una delle ragioni di insoddisfazione terapeutica strutturale, perché manca o è inadeguato l’utilizzo del farmaco.
Fortunatamente, il rapporto fra medico e paziente è cambiato profondamente negli ultimi trent’anni: da una visione gerarchica, centrata sul professionista e il suo punto di vista, sul segno clinico oggettivo e gli effetti osservabili del farmaco, si è progressivamente passati a una visione centrata sul paziente, sulla sua relazione con il medico, sui sintomi soggettivi e il modo in cui vive la propria malattia e il dolore fisico ed emotivo che ne consegue.

Che cosa si intende per aderenza e persistenza?

A livello lessicale, questo cambiamento è espresso dal passaggio dal concetto di “compliance”, intesa come adeguamento passivo del paziente alle prescrizioni del medico, a quello di “aderenza”, intesa come libera accettazione del trattamento e partecipazione attiva allo stesso.
Il concetto di aderenza comprende poi quello di “persistenza”, intesa come continuità di utilizzo del farmaco nel tempo e conseguente ottimizzazione della soddisfazione d’uso (che è poi l’obiettivo ultimo di ogni terapia).

Compliance: come è cambiato negli anni il suo significato?

Non esiste una definizione comunemente accettata. Secondo l’Oxford Dictionary significa “cedere a una pressione, soddisfare un comando, una prescrizione, una richiesta formale proveniente da un’autorità”.
In campo medico, la compliance viene definita come:
- il livello di coincidenza del comportamento di un soggetto con la prescrizione medica (Sackett, 1976);
- il grado con cui il paziente esegue le prescrizioni del medico curante (Blackwell, 2000).
Il termine indica quindi il livello di risposta a una terapia e il grado di partecipazione al trattamento. In ogni caso, tuttavia, presuppone che il paziente agisca in seguito a un “comando” del medico curante, e quindi in condizioni di sostanziale passività.
Solo negli anni Novanta il concetto subisce un’evoluzione e la compliance viene progressivamente riletta come espressione di un rapporto di collaborazione a cui contribuiscono sia il medico sia il paziente. L’asse della relazione fra i due soggetti si sposta quindi da un piano in cui il medico prescrive, e il paziente esegue, a un piano in cui si sottolinea il contributo che il paziente stesso apporta al suo trattamento.
Questo principio – che apre la strada al concetto di “aderenza” – diventa fondamentale quando all’ammalato viene consigliata una terapia farmacologica di lunga durata, ad esempio per la cura del dolore cronico.
Il concetto di compliance, dunque, non scompare: ma anziché essere letto come il risultato di un’“obbedienza” data per scontata, viene interpretato come il prodotto di una libera aderenza alle proposte del medico. In questo senso:
- la compliance è tanto più bassa quanto minore è l’adesione alla prescrizione ricevuta;
- la condivisione di responsabilità da parte del paziente è la prima ragione forte di compliance;
- tale condivisione di responsabilità richiede una comunicazione adeguata da parte del medico;
- la qualità della comunicazione medico-paziente è quindi la seconda ragione forte di compliance.

Aderenza: che cosa sottolinea?

Al contrario di quanto avviene per la compliance intesa in senso tradizionale, il termine “aderenza” enfatizza la partecipazione del paziente alle scelte terapeutiche (Probstfield, 1991), in un’ottica di sostanziale simmetria con il medico curante. In questa nuova ottica acquistano sempre maggior valore, nella valutazione dell’efficacia di un trattamento, le percezioni soggettive del malato e la sua soddisfazione.
Nell’accezione più completa, l’aderenza implica un “prendere insieme le decisioni” e che quindi il paziente sia messo in condizione di:
- capire le indicazioni fornite dal medico riguardo ai farmaci, agli stili di vita e a tutti i comportamenti orientati alla prevenzione;
- prendere decisioni concordate allo scopo di migliorare il proprio stato di salute.

Aderenza

- Grado di corrispondenza tra il comportamento di una persona e le raccomandazioni sanitarie.

- Significa una decisione reciprocamente condivisa e implica:
   • comprensione
   • consenso
   • partnership

L’aderenza è massima quanto più le esigenze di controllo del dolore siano state integrate nella scelta.

Modificato da Graziottin A., 2007

Alleanza terapeutica: perché è critica per il successo della cura?

La tappa finale di questo processo è detta “alleanza terapeutica”: il paziente, correttamente informato, valutato clinicamente nel suo essere globale e compreso nelle sue soggettive percezioni riguardo la malattia e il dolore, riesce a dialogare e a stabilire un progetto terapeutico insieme con il medico, fissando con lui gli obiettivi del trattamento e sentendosi pienamente coinvolto nel programma di cura.
Volendo riassumere in modo schematico questo processo potremmo dire che assistiamo al passaggio:
- dal concetto di “paziente” a quello di “partner nella cura”;
- dal concetto di paziente come “oggetto” di cura a quello di paziente come “soggetto” di cura.
Ciò è tanto più vero quanto più il contesto clinico si posta da uno scenario di medicina d’urgenza, od occasionale, a una prospettiva di trattamento cronico.

Dalla compliance all'aderenza

Due fattori critici inerenti:

- al contesto medico-clinico: dalla medicina curativa urgente per condizioni gravi alla medicina preventiva, per esempio la prevenzione del dolore e delle sue recidive

- alla richiesta di maggiore simmetria:
   • paziente vs cliente vs partner nella cura
   • paziente oggetto di cura vs paziente soggetto di cura

A. Graziottin, 2007

Quanto varia l'aderenza alle cure?

L’aderenza varia da zero a oltre il 100%, in caso di uso di dosi superiori alla prescritte. Si può dire che il valore ottimale – 100% - venga raramente raggiunto nella realtà. La maggiore o minore aderenza del soggetto al regime prescritto determina l’ampiezza della forbice che si riscontra tra l’efficacia ideale di un metodo (“efficacy”, nelle condizioni d’impiego ottimali, tipiche degli studi clinici) e la sua efficacia d’uso (“effectiveness”, nella vita reale).

Che cos'è infine la "persistenza"?

Per persistenza si intende la disponibilità del paziente a rispettare nel tempo le indicazioni del trattamento: mentre l’aderenza è un concetto puntuale, la persistenza esprime la continuità d’uso del farmaco. L’aderenza da sola, quindi, non basta: solo integrandosi con la persistenza ottimizza davvero l’efficacia della terapia e la soddisfazione del paziente.

Quanto agiscono i meccanismi di "ricompensa" nel migliorare aderenza e persistenza?

La persistenza correla a sua volta con la percezione di un vantaggio personale, di un maggior benessere, fisico e psichico, rispetto alla non assunzione del farmaco. In psicologia questo meccanismo virtuoso viene descritto come “ricompensa” (“reward”): esso regola tutte le azioni umane e, in ogni circostanza, porta a ripetere il comportamento che garantisce la migliore gratificazione personale, a livello fisico o psichico. Ciò vale anche per le terapie mediche, soprattutto in caso di patologie o dolore cronici. Pertanto, indagare la soddisfazione d’uso di un farmaco è essenziale per valutarne l’efficacia.
Nel caso della terapia antalgica di lungo periodo, tale soddisfazione dipende essenzialmente da tre fattori:
- massimo effetto analgesico;
- minimi effetti collaterali;
- migliore impatto sulla qualità della vita.
Un corollario estremamente significativo di questa relazione è che, a parità di potenza farmacologica, l’aderenza è il fattore più importante nell’ottimizzazione dell’effetto antalgico.

In sintesi

- La soddisfazione nell’uso dei farmaci, specie antidolore, si associa alla percezione di un preciso miglioramento, inteso come riduzione del dolore e/o aumento del benessere
- La percezione di un vantaggio personale (“reward”), fisico e psichico, potenzia in modo diretto e indiretto la compliance, l’aderenza e la persistenza nei confronti della terapia
- Il sentirsi “protagonisti” nella scelta terapeutica insieme al medico migliora l’aderenza alla terapia
- E’ quindi parte integrante della terapia antalgica non solo prescrivere farmaci efficaci, ma condividere con il/la paziente la ragioni di quella scelta, gli obiettivi raggiungibili, il tempo necessario per ottenerli, e analizzare le principali difficoltà che il/la paziente percepisce nell’aderire al trattamento proposto

Approfondimenti specialistici

Blackwell B.
Treatment compliance
In: Sadock B.J. Sadock V.A. (eds.), Kaplan & Sadock’s comprehensive textbook of psychiatry, Lippincott Williams and Wilkins, Philadelphia, 2000


Graziottin A.
Contraccezione ormonale. Le ragioni forti della compliance e dell'aderenza alla terapia
Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2007


Probstfield J.L.
The clinical trial prerandomization compliance (adherence) screen
In: Cramer J.A. Spilker B. (eds), Patient compliance in medical practice and clinical trials, Raven Press, New York, 1991, p. 323-34


Sackett D.L. Haynes R.B.
Compliance with therapeutic regimens
Johns Hopkins University Press, Baltimore, MD, 1976


World Health Organization (WHO)
Adherence to long-term therapies. Evidence for action
Geneva, Switzerland, 2003

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