La ricerca è stata condotta su Medline, Embase, Cochrane Library e Web of Science, in tutte le lingue, e su specifiche liste di referenze bibliografiche. I lavori presi in considerazione raffrontano l’esito della fecondazione in vitro (FIVET: Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer) in donne con endometriosi e donne sane. Le pazienti sono classificate in base allo stadio dell’endometriosi:
- stadio I (endometriosi minima): presenza di impianti isolati; assenza di aderenze significative;
- stadio II (lieve): presenza di impianti superficiali (per un’estensione totale inferiore a 5 centimetri), sparsi su ovaie e peritoneo; assenza di aderenze significative;
- stadio III (moderata): presenza di impianti multipli, sia superficiali che infiltranti; presenza di aderenze periannessiali;
- stadio IV (grave): presenza di impianti multipli, sia superficiali che profondi, inclusi endometriomi; presenza di spesse aderenze.
Gli esiti della FIVET presi in considerazione sono:
- la fecondazione;
- l’impianto;
- la gravidanza;
- il tasso di nati vivi.
La selezione degli studi è stata condotta da due reviewer indipendenti e la loro qualità è stata valutata con la Newcastle-Ottawa Quality Assessment Scale, specificamente sviluppata per la meta-analisi di studi non randomizzati.
Sono stati presi in considerazione 27 studi osservazionali, per un totale di 8984 donne. La meta-analisi indica che:
- negli stadi I e II della malattia risulta ridotto il tasso di fecondazione (rischio relativo [RR] = 0.93, 95% CI; 0.87-0.99, P = 0.03);
- negli stadi III e IV si registra anche una riduzione del tasso di impianto (RR = 0.79, 95% CI; 0.67-0.93, P = 0.006) e del tasso di gravidanza (RR = 0.79, 95% CI; 0.69-0.91, P = 0.0008).
Secondo lo studio, dunque, l’endometriosi sembra determinare una maggiore probabilità di eventi avversi in caso di riproduzione assistita, con una riduzione dei successi dell’ordine del 21%, in termini di impianto e gravidanza. L’infiammazione tissutale associata all’endometriosi è considerata l’etiologia più probabile della ridotta fertilità.
Al di là delle ulteriori verifiche che certamente si renderanno necessarie, i risultati confermano l’importanza di salvaguardare la fertilità della donna sin dagli esordi della malattia, avviando al più presto una gestazione naturale, quando possibile dal punto di vista affettivo ed esistenziale, o mettendo temporaneamente a riposo l’ovaio con opportune terapie ormonali o GnRH-analoghi, o ancora ricorrendo alla crioconservazione degli ovociti o degli embrioni se la gravidanza non sia immediatamente possibile.
E’ importante comunque spiegare accuratamente alla donna e alla coppia quanto l’infiammazione associata all’endometriosi riduca la fertilità e come il tempo sia un fattore ulteriormente critico nel ridurre poi le possibilità concrete di gravidanza con un bambino in braccio.