L’infiammazione riconosce tre principali fattori predisponenti: patologie intestinali come la stipsi ostruttiva e la sindrome dell’intestino irritabile, l’ipertono del muscolo elevatore dell’ano e la carenza estrogenica. Fattori precipitanti possono invece essere il trauma meccanico determinato dal rapporto sessuale, specialmente in presenza di una carenza estrogenica tale da causare secchezza vaginale, e le infezioni provocate da germi di provenienza fecale, come l’Escherichia Coli e l’Enterococcus foecalis.
Il denominatore comune di queste diverse condizioni cliniche è che l’infiammazione è mediata dai mastociti, cellule del sistema immunitario che, degranulandosi, liberano nei tessuti circostanti:
- i mediatori dell’infiammazione (bradichinina, fattori vasoattivi, istamina, sostanza P), che causano dilatazione vasale, rossore, edema, calore, e quindi dolore e bruciore locale;
- serotonina, importante neuromediatore fra il mastocita e le fibre nervose;
- sostanze neurotrofiche, come il fattore di crescita dei nervi (Nerve Growth Factor, NGF), che moltiplicano le terminazioni nervose del dolore, rendendo più intense le sensazioni algiche stesse e creando le premesse per il viraggio del dolore da nocicettivo (segnale di danno in corso) a neuropatico (malattia a sé).
Se le cause dell’infiammazione non vengono rimosse tempestivamente, l’infiammazione stessa si cronicizza e finisce per ledere in modo persistente le cellule della parete vescicale (urotelio) e della parete del colon (quando l’origine dell’infiammazione sia intestinale). Questo rende le mucose permeabili e, con il concorso del torrente circolatorio, consente il passaggio dei germi intestinali alla vescica (traslocazione batterica), generando da ultimo la cistite interstiziale.
Per evitare tutto ciò, è indispensabile agire sui fattori predisponenti (“agonisti”) dell’infiammazione, riducendo in parallelo l’iperattivazione mastocitaria, con farmaci “antagonisti” come l’amitriptilina e la quercetina, e/o farmaci che modulino i recettori cannabinoidi del mastocita.
Questo quadro viene ribadito anche dal recente lavoro di Sonal Grover e collaboratori, del Dipartimento di Urologia del Weill Cornell Medical College, Presbyterian Hospital di New York, che sottolineano come:
- tutte le più autorevoli ricerche confermino il ruolo centrale dell’infiammazione nella patogenesi della cistite interstiziale;
- la terapia della cistite interstiziale debba essere multimodale, proprio per aggredire i diversi fattori predisponenti e precipitanti che la determinano e spezzare il circolo vizioso della cronicizzazione;
- l’intervento chirurgico sia riservato solo ai casi refrattari alle altre cure, e alle pazienti che sviluppano patologie irreversibili come la fibrosi.
Il fatto che, in passato, l’infiammazione non fosse riconosciuta come fattore critico della cistite interstiziale era determinato dal fatto che le tecniche di colorazione in uso (colorazione di Giemsa, blu di toluidina) non riuscivano a identificare il mastocita. Oggi, con le colorazioni immunoistochimiche, basate su anticorpi che individuano alcune delle sostanze contenute nel mastocita, si è potuto dimostrare che, nei tessuti colpiti dalla cistite interstiziale, si verificano tre fondamentali eventi infiammatori:
- aumento del numero di mastociti;
- aumento del numero di mastociti degranulati, ossia attivi;
- aumenta della vicinanza fisica fra mastociti e fibre del dolore, con esacerbazione delle sensazioni algiche.