Guida alla lettura
Si tratta di una realtà ancora presente in molti Paesi, e che affonda le radici in una visione del mondo in cui la donna rimane inferiore all’uomo e ad essa sottomessa persino rispetto ai moti dell’anima che più dovrebbero essere intimi e liberi.
Questo sonetto di Compiuta Donzella, poetessa fiorentina vissuta nel XIII secolo, descrive proprio il dolore che può colpire una giovane quando le convenzioni e le tradizioni la costringano a scelte non sentite e non condivise. Lo dedichiamo – in lingua originale e in una versione curata dalla nostra redazione – a tutte le donne e le ragazze che oggi, a distanza di otto secoli, anche in Italia, vedono ancora negata la libertà di amare e ferita la verità dei propri sentimenti.
(Versione originale – Lingua siculo-toscana del XII secolo)
A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tut’ i fin’ amanti:
vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;
la franca gente tutta s’inamora,
e di servir ciascun trages’ inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n’abondan marrimenti e pianti.
Ca lo mio padre m’à messa ‘n erore
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,
ed io di ciò non ò disio né voglia,
e ‘n gran tormento vivo a tute l’ore;
però non mi ralegra fior né foglia.
(Versione in lingua corrente – A cura della nostra redazione)
Nella stagione in cui tornano le foglie e i fiori
cresce la gioia di tutti gli amanti cortesi:
allora insieme vanno nei giardini,
al dolce canto degli uccelli;
ogni animo, libero d’affanni, si innamora,
e amore si appresta a donare,
e ogni fanciulla è colma di gioia;
ma per me, abbondano affanni e pianti.
Perché mio padre m’ha gettata nell’angoscia,
e mi costringe sovente a soffrire:
mi vuol dar marito contro la mia volontà,
e io di questo non ho desiderio né voglia,
e vivo continuamente in un gran tormento;
perciò non mi rallegrano né foglie né fiori.
Biografia
Non sappiamo pressoché nulla della sua vita. Ma la sua esistenza è confermata dalla presenza del suo nome nei sonetti di Mastro Torrigiano, medico e rimatore bolognese morto intorno al 1313, e dall’epistola quinta di Guittone d’Arezzo (1230-1294 circa), che ne loda con entusiasmo le virtù: “Soprapiacente donna, di tutto compiuto savere, di pregio coronata, degna mia Donna Compiuta”.
Ebbe un’educazione e una cultura rare in tempi in cui l’analfabetismo era molto diffuso, specialmente fra le donne. Di lei ci sono giunti tre sonetti: “A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora”, “Lasciar vorria lo mondo e Deo servire”, “Ornato di gran pregio e di valenza”.
Ispirate alla scuola siciliana e alla poesia provenzale, queste delicate composizioni adattano i canoni della lirica cortese alla situazione familiare e sentimentale della fanciulla, esprimendo un’intensa freschezza di sentimenti e un linguaggio immediato e spontaneo.