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Menòcrito delle Isole

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20/04/2011

Tratto da:
Rosario Magrì, Il medico delle isole, Edizioni Ares, Milano, 2002, p. 127-128

Selezione del brano, guida alla lettura e biografia a cura di Emanuela Aliquò

Guida alla lettura

Il romanzo da cui è tratto questo brano descrive la formazione umana di Claudio Galeno, grande medico dell’Antichità, attraverso il significativo incontro con lo straniero Menòcrito: il medico ambulante che, dopo aver viaggiato per mari e isole, curando moltissime persone, sente che è venuto il momento di mettere radici e di stabilirsi in una città del continente, dove poter trascorrere serenamente gli anni della maturità e «diventare un medico migliore», anche attraverso lo studio e la rilettura meditata dei libri di Ippocrate.
Siamo a Pergamo, provincia romana dell’Asia minore, nel I secolo d.C.: luogo celebre per il tempio di Asclepio, per la Biblioteca, per il glorioso passato come capitale dell’omonimo Regno ellenistico. E’ qui che Menòcrito si trasferisce e apre, nel vicolo del Melograno, quartiere quinto, la sua bottega di medico (Iatreíon), arredata con molta semplicità e caratterizzata dalla presenza di un tramezzo, volto a separare l’ampio locale da un ambiente più piccolo, destinato alla visita degli ammalati.
Menòcrito delle Isole – come tutti lo chiamano – cura con lo stesso zelo il ricco e il povero; ama precisare che le ossa o le viscere degli schiavi non sono diverse da quelle degli uomini liberi; contrario a ogni etichetta, non si affilia a nessuna delle scuole del suo tempo, dilaniate dall’arroganza del potere e dal dominio del denaro; ed è veramente convinto (accogliendo le parole di Ippocrate) che «dove c’è l’amore per l’Arte medica lì deve esserci anche l’amore per l’uomo».
La sua prima cliente è una donna, segnata dalla malattia, dalla povertà, dalla dolorosa esperienza del mancato rispetto della sua persona, proprio da parte di chi avrebbe dovuto prendersene cura e alleviarne le sofferenze, al di là delle sue umili condizioni. Questa donna, «vestita d’una tunica rattoppata ma pulitissima», rivendica il suo diritto di essere adeguatamente curata, la sua dignità di persona libera, non riducibile a un oggetto; e, con timida audacia, va alla ricerca di un medico diverso dagli altri, che non abbia la villania e la fretta di Dionisio e che sappia trattarla con gentilezza, umanità, pazienza.
Quanto al tratto del buon medico, pronto ad abbandonare i tempi della fretta per lasciar spazio al dialogo, alla gradualità e alla compassione, sembrano risuonare le parole di Platone che, distinguendo fra il medico degli schiavi e il medico dei liberi, afferma che il primo agisce «con la sufficienza di un tiranno, per poi rapidamente passare a un altro schiavo ammalato», mentre il secondo «cerca a poco a poco di restituire la salute» (Leggi, IV, 720c-720e, in Platone, Opere Politiche, a cura di Francesco Adorno, vol. II, UTET, Torino, 1958, p. 334).
L’incontro fortunato con il medico Menòcrito, dai modi schivi ma rassicuranti, trasfigura profondamente la donna e le dona speranza e fiducia, insieme a un commosso senso di ammirazione verso chi ha saputo, per la prima volta, chinarsi così bene sul suo dolore.
Le riflessioni evocate dal brano, antiche e sempre attuali, c’interpellano ancora e ancora, in ogni ambito della vita: la questione dell’etica professionale è più viva che mai, e questo vale non solo per la Medicina; il rispetto della persona e la lotta contro le ingiustizie, i soprusi e le nuove forme di schiavitù, richiedono un costante e rinnovato impegno, mai sufficiente; infine, oggi come ieri, nella sua nudità e indigenza, il volto del sofferente continua ad «esigere e supplicare», affinché «una fame sia riconosciuta» in una dimensione relazionale (nello specifico, il delicato rapporto medico-paziente) che brilli per responsabilità, ascolto, generosità, accoglienza dell’Altro (Cfr. Emmanuel Lévinas, Totalità e infinito, Jaca Book, Milano, 1977, p 73-75).
Una donna faceva capolino sulla porta. Era di mezza età, straordinariamente magra e pallida, vestita d’una tunica rattoppata ma pulitissima. Chiese, senza entrare: «È… è una bottega di medico questa?».
«C’è scritto fuori. Vieni pure avanti».
Lei entrò timidamente, con un sorriso impacciato: «Debbo farti una domanda, prima di parlarti dei miei mali».
Attese un incoraggiamento che non venne. Arrossì e proseguì: «Debbo chiederti quanto costa la tua visita, perché sono povera».
«Chi t’ha curata finora?».
«Dionisio, medico pubblico».
«Perché non torni da lui? E’ tenuto a curare gratis i poveri».
Con gli occhi bassi, la donna si spiegazzava la tunica sul magro seno: «E’ vero, denaro da noi non ne pretende. Ma le sue visite ci costano caro lo stesso. Ci strapazza, dice che siamo degli imbroglioni, che fingiamo d’essere malati per non lavorare. I suoi ferri sono sporchi e rugginosi, le sue medicine sanno di rancido. E lui quando visita ha sempre fretta di finire ed è di cattivo umore. In più, se qualcuna non è troppo vecchia e brutta le mette le mani addosso col pretesto di ricercare il suo male. Così son venuta da te. Questo arriva dalle isole, ho pensato. Forse non è come gli altri. Forse la povera gente non gli dà fastidio. Forse ha rispetto anche per chi non è nessuno. E io non sono una schiava, sono una donna libera! Voglio qualcuno che mi tratti bene e sia gentile con me, dovessi spendere fino all’ultimo asse e dormire sotto i portici come Eudosia la stracciona!».
A Claudio pareva d’esser chinato su un’acqua oscura e profonda. Ora emergeva un altro volto della Medicina: il volto crudele e avido, servile coi ricchi e arrogante coi poveri. Forse la Medicina era soltanto lo specchio del mondo, di cui rifletteva i mille aspetti diversi.
Sentì la risata di Menòcrito: «La fortuna t’assiste, donna. Sei la prima cliente che ha avuto il coraggio d’entrare nel mio Iatreíon. Per questo meriti un premio. Ti curerò gratis».
Troncò i ringraziamenti e la fece passare nella stanza interna. Rimase di là quasi mezz’ora. Quando il medico uscì la donna lo seguiva con le lacrime agli occhi. Gli baciò la mano, lui la svincolò e prese a scrivere su una tavoletta cerata certi appunti. «Torna domani», disse, «e avrai la medicina».
Sulla porta lei si voltò a guardarlo. Sembrava trasformata. Dal volto emaciato trasparivano la fiducia e un’estatica ammirazione.

Biografia

Neurologo, per molti anni primario in un grande ospedale milanese, e scrittore, Rosario Magrì (1924–2005) ha pubblicato diverse opere di narrativa, anche per la gioventù, e si è dedicato con grande passione alla ricostruzione del mondo del tardo Impero Romano. Tra i suoi libri ricordiamo: La statua d’oro (Mondadori 1984); Scherza coi santi (Massimo 1984); Malamela (Massimo 1985); Il sale in bocca (Mondadori 1990); Indagine sulla morte di uno schiavo (Mondadori 1991); L’imperatore (Mondadori 1993). Per le edizioni Ares, sono stati pubblicati: Prima della notte (2001, vincitore assoluto del Premio Lunigiana 2003), dedicato alla figura di Stilicone, il generale che difese Roma dalle invasioni germaniche; Il medico delle isole. Primo libro della vita di Claudio Galeno (2002); Il medico dell’imperatore. Secondo libro della vita di Claudio Galeno (2004).

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