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La vita non è tolta, ma trasformata

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21/05/2008

Tratto da:
Joseph Ratzinger, Sulla settimana santa, Queriniana, Brescia 1971, pag. 34-37
in: Comunità Monastica di Bose (a cura di), Letture dei giorni, Piemme, Casale Monferrato 1994, pag. 804-806

Guida alla lettura

Il brano che proponiamo è una riflessione scritta nel 1971 da Joseph Ratzinger, allora docente di Teologia dogmatica e Storia del dogma all’Università di Ratisbona. Il futuro Papa Benedetto XVI, meditando sul mistero della morte, ci spiega che – da quando Cristo è disceso agli inferi e ha condiviso il nostro destino – ciò che ci attende oltre quella soglia estrema non è più la solitudine, l’assenza di amore, ma una vita trasformata e accompagnata dalla sua mano sicura.
Si tratta naturalmente di una meditazione ispirata dalla fede, e non per tutti riuscirà credibile e convincente. Tuttavia essa contiene un insegnamento importante anche per chi non crede. Dice Ratzinger: «Si dà un’angoscia – quella vera, annidata nella profondità delle nostre solitudini – che non può essere cacciata via mediante la ragione, ma solo con la presenza di una persona che ci ama».
Per il cristiano, quella di Dio è la presenza ultima, che porta a compimento ogni presenza amorevole sperimentata nel corso della nostra vita. Per il non credente, questa presenza possiamo essere noi stessi, nel momento in cui assistiamo con amore una persona che soffre. Esiste un limite oltre il quale la ragione – declinata come scienza, come azione, persino come religione – non basta più a vincere l’angoscia: quello è il momento di una presenza che sappia comunicare com-passione, un “esserci” al di là dei mezzi materiali spesso limitati su cui possiamo contare.
Come altre volte, dedichiamo il brano a tutti coloro che – per professione o nel tempo libero – fanno dell’aiuto agli altri una delle ragioni profonde del proprio essere al mondo.
La morte non è più la stessa cosa dopo che Cristo l’ha subita, dopo che egli l’ha accettata e penetrata, così come la vita, l’essere umano, non sono più la stessa cosa dopo che in Cristo la natura umana poté venire a contatto, e di fatto venne, con l’essere proprio di Dio. Prima la morte era soltanto morte, separazione dal paese dei viventi e, anche se con diversa profondità, qualcosa come “inferno”, rovescio dell’esistere, buio impenetrabile. Adesso però la morte è anche vita e quando noi oltrepassiamo la glaciale solitudine della soglia della morte, ci incontriamo sempre nuovamente con colui che è la vita, che è voluto divenire compagno della nostra solitudine ultima e che, nella solitudine mortale della sua angoscia nell’orto degli ulivi e del grido sulla croce «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», è divenuto partecipe delle nostre solitudini. (...)
Si dà un’angoscia – quella vera, annidata nella profondità delle nostre solitudini – che non può essere cacciata via mediante la ragione, ma solo con la presenza di una persona che ci ama. Quest’angoscia infatti non ha un oggetto a cui si possa dare un nome, ma solo l’estraneità della nostra solitudine ultima. Chi non ha sentito la sensazione spaventosa di questa condizione di abbandono? Chi non avvertirebbe il miracolo santo e consolatore suscitato in questi frangenti da una parola di affetto? (...)
Una cosa è certa: si dà una notte nel cui abbandono buio non penetra parola di conforto, una porta che noi dobbiamo oltrepassare in solitudine assoluta: la porta della morte. Tutta l’angoscia di questo mondo è in ultima analisi provocata da questa solitudine. Per questo motivo nell’Antico Testamento il termine per indicare il regno dei morti era identico a quello con cui si indicava l’inferno: sheol. La morte infatti è solitudine assoluta. Ma quella solitudine che non può essere più illuminata dall’amore, che è talmente profonda che l’amore non può accedere ad essa, è l’inferno.
«Disceso all’inferno»: questa confessione del Sabato santo sta a significare che Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo irraggiungibile ed inaccostabile della nostra condizione di solitudine. Questo sta a significare però che anche nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende, e ci conduce. La solitudine insuperabile dell’uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. L’inferno è stato vinto dal momento in cui l’amore è penetrato in esso e la terra di nessuno della solitudine è stata abitata da lui. Nella sua profondità l’uomo non vive di pane, ma nell’autenticità del suo essere egli vive per il fatto che è amato e può amare. A partire dal momento in cui nello spazio della morte si dà la presenza dell’amore, allora nella morte penetra la vita: «Ai fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata» prega la Chiesa nella liturgia funebre.

Biografia

Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, nasce a Marktl am Inn, in Germania, il 16 aprile 1927 (Sabato Santo). Il padre, commissario di polizia, proviene da un’antica famiglia di agricoltori della Bassa Baviera, di condizioni economiche modeste. La madre è figlia di artigiani.
Trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Traunstein, piccola località vicina alla frontiera con l’Austria, nei pressi di Salisburgo. In questo contesto, che egli stesso definirà “mozartiano”, riceve la sua formazione umana, culturale e cristiana. La fede e l’educazione della famiglia lo preparano ad affrontare la dura esperienza del regime nazista, che manterrà sempre un clima di forte ostilità contro la Chiesa cattolica.
Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale viene arruolato nei servizi ausiliari antiaerei. Dopo il conflitto, dal 1946 al 1951, studia filosofia e teologia alla Scuola Superiore di Frisinga e all’Università di Monaco di Baviera. Viene ordinato sacerdote nel 1951. Nel 1953 diviene dottore in teologia, e quattro anni dopo ottiene l’abilitazione all’insegnamento. La sua attività di docenza si svolge a Frisinga, Bonn, Münster e Tubinga. Nel 1969 diviene cattedratico di Teologia dogmatica e Storia del dogma all’Università di Ratisbona, e vicepresidente del medesimo ateneo.
Dal 1962 al 1965 partecipa in qualità di esperto al Concilio Vaticano II. Ricopre numerosi incarichi nella Conferenza Episcopale Tedesca e nella Commissione Teologica Internazionale. Nel 1972, insieme ad Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e altri grandi teologi, fonda la rivista di teologia “Communio”.
Nel 1977 Paolo VI lo nomina Arcivescovo di Monaco e Frisinga, e successivamente Cardinale. Il suo motto episcopale è “Collaboratore della verità”. Spiega: «Mi sembrava che fosse questo il rapporto esistente tra il mio precedente compito di professore e la nuova missione: anche se in modi diversi, ciò che continuava a restare in gioco era seguire la verità, stare al suo servizio. D’altra parte, ho scelto questo motto perché nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto; appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante il fatto che tutto si sgretoli, se manca la verità».
Nel 1978, prende parte ai conclavi che eleggono Giovanni Paolo I e, dopo soli due mesi, Giovanni Paolo II. Nel 1981, Papa Woitiła lo nomina Prefetto della “Congregazione per la Dottrina della Fede” e Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Dal 2000 è Accademico Onorario della Pontificia Accademia delle Scienze.
Tra le sue numerose pubblicazioni, occupano un posto particolare “Introduzione al Cristianesimo”, raccolta di lezioni universitarie pubblicate nel 1968 sulla professione della fede apostolica, e “Dogma e predicazione” (1973), antologia di saggi, omelie e riflessioni dedicate alla pastorale.
Nel 2005, viene eletto Pontefice con il nome di Benedetto XVI. Le sue encicliche sono dedicate all’amore (Deus caritas est, 25 dicembre 2005), alla speranza (Spe salvi, 30 novembre 2007) e alla giustizia sociale (Caritas in veritate, 29 giugno 2009).
Nel concistoro ordinario dell’11 febbraio 2013 annuncia la sua rinuncia «al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro». Al soglio pontificio gli succede papa Francesco, eletto il 13 marzo.

Informazioni biografiche tratte dal sito della Santa Sede 
www.vatican.va – © 2008 – Libreria Editrice Vaticana

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