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La luce della vecchiaia

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La luce della vecchiaia
14/04/2021

Liberamente tratto da:
Enzo Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione, Einaudi, 2010

Guida alla lettura

In questo brano colmo di saggezza Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, parla della propria esperienza di vecchiaia e delle cose che, sostituendosi ad altre, rendono bella e degna di essere vissuta anche l’ora del tramonto: la capacità di stupirsi, la possibilità di dare e ricevere serenità per il semplice gusto di vivere senza la concitazione del tempo del lavoro, il piacere e la necessità di trasmettere ricordi e bellezza, soprattutto alle nuove generazioni. «Se i vecchi potessero, e se i giovani sapessero», recita un proverbio piemontese: basta arrivare alla soglia dei cinquanta, sessant’anni per rendersi conto della verità di questo semplice detto.
Per contro, Bianchi mette in guardia da alcune tentazioni tipiche della vecchiaia, soprattutto nella nostra epoca: mascherare gli anni dietro un’ostentazione di giovinezza o, peggio, interventi estetici che il più delle volte peggiorano la situazione, rendendola grottesca; idealizzare la senescenza per negarne le obiettive limitazioni. Abbiamo tutti ben presenti certe pubblicità di anziani forzatamente allegri, in atteggiamenti incongrui che vogliono essere giovanilistici, sullo sfondo improbabile di luoghi esotici o case di riposo extralusso: scene di tragica farsa che negano la dignità di chi percorre con fatica il proprio cammino attraverso la vita, per la perdita delle persone amate, per la solitudine, per la malattia.
Come Bianchi ci ha spesso insegnato in questi anni attraverso le pagine del nostro sito, la verità dell’esistenza non ammette scorciatoie a basso prezzo: ma la luce della vecchiaia non è un’illusione, è a portata di mano, e sta a noi accenderla aprendoci al bello e al buono che, in ogni istante, la vita ci può donare.
Non sono in grado – a differenza di uomini illustri dell’antichità, come Cicerone, o dei nostri giorni, come il mio conterraneo Norberto Bobbio – di scrivere un “De senectute”, di narrare la vecchiaia, ma forse riesco a dire qualcosa sull’atto di invecchiare, perché da alcuni anni sono consapevole di fare queste esperienza. (…)
Invecchiare non è certo una novità. Del resto, se non si muore giovani non resta che invecchiare: altri hanno vissuto questo prima di noi, altri lo vivranno dopo di noi. Ma è per ciascuno di noi che, come ogni fase della vita, la vecchiaia rappresenta un unicum, una novità inedita. In ogni caso non è il numero di anni che fa sentire vecchi, quanto la diminuzione delle forze e la perdita di molte relazioni: alcuni coetanei se ne sono andati prima, altri nella loro malattia non sfuggono a un certo isolamento, altri ancora sentono più faticoso colmare le distanze per un incontro. Queste verità, se accolte con onestà e lucidità, si impediscono di rifugiarci in un patetico ricorso al “sentirsi giovani dentro” o nell’ancora più ridicolo ricorso a un restauro estetico che fornisce solo un’ulteriore maschera al nostro cambiamento.
Confesso che da alcuni anni ho accettato la mia vecchiaia senza sentimenti di nostalgia né di rassegnazione e la penso come una “diminutio”, una spoliazione da molte cose, anche perché cerco un cambiamento nella mia vita: è giusto che io impari a vivere non più come prima, perché ogni età ci chiede ritmi, forme di esistenza, azioni, impegni diversi. (…)
La vecchiaia non è una sbarra sulla strada, ma un cammino aperto davanti a noi: a ciascuno il suo sentiero, a ciascuno il suo mutamento. Vi è però un dato che può accumunare tutti gli anziani: il nostro tempo può essere segnato maggiormente dalla gratuità, dall’esercitarsi alla capacità di stupore attraverso ore di contemplazione. Fermarsi a guardare un albero, dei sassi cui non abbiamo mai prestato attenzione e che ora ci appaiono come all’improvviso, nonostante siano lì da decenni, silenziosi e fedeli accanto a noi, sulla nostra strada, è un’operazione che la vecchiaia ci porta in dono ogni giorno. Esercitarsi alla tenerezza, a quelle risposte che sbocciano con un sorriso e poi porgono una parola che vuole essere buona notizia per tutti, a offrire la propria presenza anche solo silenziosa: è questo che possiamo fare, perché abbiamo più tempo, perché non siamo più presi nel vortice del lavoro, perché vogliamo gustare maggiormente il tempo presente. (…)
Inoltre, quando si è vecchi viene naturale riflettere sul proprio passato, perché quello pesa di più del futuro che è poco e del presente che fugge, ma proprio i ricordi sono la grande ricchezza dei vecchi. Attingere a questa memoria non per alimentare la nostalgia, ma per trasmettere ai giovani ciò che loro ancora non sanno è un compito che va assunto perché necessario alle nuove generazioni. (…)
Nessuna idealizzazione della vecchiaia, nessun tentativo di indorare la pillola amara, ma solo la lucida coscienza che un uomo, una donna sono tali dalla nascita alla morte e il cammino che fanno vale la pena di essere percorso se lo si fa insieme agli altri e se gli altri sanno condividerlo.
Quest’anno ho piantato un viale di tigli lungo la strada che conduce al mio eremo: mi sono chiesto se riuscirò a godere della loro ombra e soprattutto delle ventate di profumo dei loro fiori nel mese di maggio. Ma li ho piantati per rendere più bella la terra che lascerò, li ho piantati perché altri si sentano inebriati dai loro profumi, come lo sono stato io da quello degli alberi piantati da chi mi ha preceduto. La vita continua e sono gli uomini e le donne che si susseguono nelle generazioni, pur con tutti i loro errori, a dar senso alla terra, a dar senso alle nostre vite, a renderle degne di essere vissute fino in fondo. Sì, la vecchiaia è un tramonto che può essere un’ora bella! Nella fede canto: «Nox mea obscurum non habet, omnia in luce clarescunt», «La mia notte non ha oscurità e tutto nella luce diventa chiaro».

Biografia

Enzo Bianchi nasce a Castel Boglione, in provincia di Asti, il 3 marzo 1943. Dopo gli studi alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, nel 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità. E’ stato priore dalla fondazione del monastero sino al 25 gennaio 2017: gli è succeduto Luciano Manicardi.
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro “Il pane di ieri”.
Ha partecipato come “esperto” nominato da Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla “Parola di Dio” (ottobre 2008) e sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (ottobre 2012).
Il 22 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
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